Ciclismo

Viviani non va e se ne va

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Viviani non va, per lui è arrivato il momento di staccarsi. Costretto ancora una volta ad accontentarsi di un piazziamento nella tappa di ieri, partenza da Carpi e arrivo a Novi Ligure, al termine di essa ha preso la decisione già in realtà maturata nelle giornate scorse. Questione di tempio, appunto, prima dell’ufficialità comunicata dallo stesso velocista della Deceuninck-QuickStep: Elia Viviani abbandona il Giro d’Italia 2019, non entrerà dentro l’Arena di Verona il 2 giugno – per lui sicuramente sarebbe stata una passerella – a sfilare con la maglia tricolore, davanti al suo pubblico.

Viviani se ne va, senza aver assaporato una vittoria di tappa in questa edizione della corsa rosa. Crudele è la sentenza per il campione italiano in carica: non potrà difendere la maglia ciclamino conquistata lo scorso anno. In realtà c’erano le condizioni per puntare al bis nonostante la forte rivalità sul terreno degli sprinter, da Ackermann ad Ewan, fino a Gaviria passando per Demare e gli altri coraggiosi velocisti pronti ad approfittare di un errore dei big. Qualcosa è venuto a mancare e la vittoria del tedesco della Bora-Hansgrohe a Fucecchio aveva forse fatto presagire, a torto o a ragione, il rischio che la corsa alla ciclamino diventasse tutta in salita.

Discorsi da bar, ma non troppo. Ackermann è forte, lo sono anche gli altri, ma Elia ha qualcosa in più e lo dimostra ad Orbetello. Nessuno lo ferma, arriva davanti a tutti, ma una manovra rischiosa nei confronti di Moschetti viene analizzata dal VAR e la giuria diventa l’unica avversaria di Viviani ad intromettersi sulla vittoria. Elia viene declassato, multato, ma soprattutto punito con un pesante -50 punti. Un macigno per le sue velleità di vittoria della maglia ciclamino, una batosta morale che genera confusione mentale. Da quel momento cambia tutto.

Susseguono altre volate ma Viviani, faro principale della Deceuninck-QuickStep a questo Giro, inevitabilmente si spegne e perde potenza prima a Pesaro (secondo), poi a Modena (secondo), quindi a Novi Ligure (quarto). Già a Terracina, tuttavia, aveva lanciato segnali poco incoraggianti sulla sua condizione fisica di per sé non ottimale, ulteriormente condizionata dal fattore mentale scaturito dalla questione Orbetello. Viviani non va, deve staccare la spina. Manca la serenità per vincere, trovare le energie mentali e l’esplosività finale, manca la limpidezza delle scelte da fare al fine di centrare l’obiettivo massimo: ecco che subentra la rabbia e la ruota battezzata non sempre è quella giusta.

In un Giro d’Italia fortemente incentrato sulle ruote veloci nella prima parte, nella quale i velocisti italiani sono usciti con le ossa rotte nel confronto con i big in quanto non ancora pronti, non ancora all’altezza – discorso a parte per quelli che rischiano non esserlo mai -, il leader indiscusso delle volate nel nostro movimento ha dimostrato di non avere le gambe giuste e a un certo punto anche la testa. Un peccato per Elia, ma il buon Viviani avrà modo di rifarsi sul prestigioso palcoscenico del Tour. E allora sì, meglio lasciare il Giro perché evidentemente qualcosa non va. Ora dovrà recuperare e ritrovare fiducia nei propri mezzi: la Grande Boucle l’aspetta, con esso il Mondiale.

La Redazione
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