Ormai è chiaro a tutti: Mathieu Van Der Poel merita al più presto di gareggiare per un team World Tour. Le prestazioni non mentono, neanche la sua forza di gambe e mente che lo proiettano a fare ciò che vuole. Non saranno di certo armoniosi i suoi movimenti, ma la loro efficacia è in grado soddisfare il palato più fine degli appassionati di uno sport fatto di scatti, controscatti, fatica e sudore. La fatica, appunto, che sembra non appartenere al fuoriclasse olandese del ciclocross.
24 anni, due volte Campione del Mondo di Ciclocross, passione smisurata anche per la MTB, prototipo di fenomeno applicato alla strada con ragione da vendere. Van Der Poel inizia la stagione in un mondo che lo accoglie a braccia aperte, candidandosi come “guastatore” eccellente del dominio Deceuninck-QuickStep nelle corse di un giorno. Lo fa con accurata preparazione ai dettagli, la consapevolezza di poter seriamente diventare bersaglio preferito degli avversari. Mathieu, tuttavia, non si fa scrupolo alcuno: l’abitudine a battagliare nel ciclocross ne esalta le doti sul pavé, tanto infernale quanto affascinante terreno in cui dimostra di trovarsi a proprio agio, una volta che la corsa diventa una lotta a chi scoppia per primo.
Unico neo, con il rispetto dovuto, è la Coredon-Circus. Non tanto per le qualità del team belga che vince su entrambi i terreni preferiti dal tulipano lungagnone in bicicletta, bensì per il proprio status. Come team del circuito UCI Professional Continental, ha diritto a partecipare alle corse più importanti del calendario mondiale ciclistico – dai grandi giri alle Monumento – solamente su invito da parte degli organizzatori.
Sebbene la Coredon-Circus sia da sempre la sua casa, la condizione limitata del team ne limita le presenze attive su vari campi di battaglia del ciclismo su strada. Alla luce dei risultati raggiunti, Van Der Poel merita ampiamente di confrontarsi con i diretti avversari sempre, senza dover aspettare un invito da più parti, ma non è detto che non possa farlo proprio con la sua squadra nonostante sia difficile entrare nella UCI World Tour Teams. Intanto, quando presenzia, l’olandese lascia il segno.
Pugni chiusi ed euforia del successo ottenuto alla Dwaars door Vlaanderen, corsa che lo porta ad entrare – da assoluto protagonista – tra i pretendenti allla vittoria finale del Giro delle Fiandre. Neanche a dirsi, Van Der Poel dimostra una condizione straordinaria alla Ronde provando a dare l’assicurato spettacolo, pur mancando quel trionfo finalmente tornato in Italia. Quindi la Brabantse Pijl, che arriva nel momento migliore dopo la mancata partecipazione alla Parigi-Roubaix per l’altrettanto mancato invito della Coredon-Circus. Alla Freccia che saluta il pavé e dà il benvenuto alle Ardenne, VDP ha un solo obiettivo in mente: far saltare il banco. E l’ha fatto ai -57 dal traguardo quando è andato a riprendere van der Sande e Honore prima, aspettando gli altri poi, quindi stroncando sul nascere l’affondo di Alaphilippe.
La volata ristretta è regale: Van Der Poel regola nell’ordine Alaphilippe, Wellens e Matthews. Insomma, un quartetto di tutto rispetto. L’olandese trionfa 34 anni dopo suo padre Adrie grazie a una condotta di gara pressoché perfetta. Ed ora nel mirino c’è l‘Amstel Gold Race: sarà al debutto, ma l’augurio in futuro è che possa partecipare a tutte le corse più importanti al mondo non più su invito.
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