Calcio

Una Serie (A) di sfortunati eventi: più infortuni e meno spettacolo

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Nonostante non si sia arrivati neppure a metà stagione, il bilancio legato agli infortuni per le squadre di Serie A desta più di qualche preoccupazione. Allo stato attuale, tenendo conto anche di giocatori alle prese con problemi fisici derivanti dalla scorsa stagione (un esempio su tutti, il difensore granata Perr Schuurs), in Serie A ci sono ben 70 giocatori indisponibili per infortunio (dati forniti da Transfermarkt). Se, da un lato, può subentrare anche il fattore sfortuna, è giusto chiedersi anche se vi siano fattori tecnici/statistici dietro tali numeri. La domanda delle domande è: si gioca troppo? Per poi aggiungere il dubbio: il fisico di alcuni giocatori non regge certi ritmi? Proviamo a rispondere, numeri alla mano, e a cercare spiegazioni e motivazioni alla situazione attuale del massimo campionato italiano. 

Serie A, infortuni continui e il ritmo non decolla

Partiamo dal numero delle partite: al riguardo, risulta particolarmente utile evidenziare che il 38% dei giocatori attualmente indisponibili fa parte di squadre impegnate in competizioni internazionali. Champions, Europa e Conference League, si sa, tolgono energie, e disporre di una rosa ampia favorisce le rotazioni e limita la possibilità di infortuni. Eppure, la strada che è stata intrapresa sembra non prevedere un ritorno: si gioca, si gioca, si gioca. La triade non è casuale, se si pensa a competizioni nazionali, competizioni internazionali per club e competizioni internazionali per federazioni.

Sempre più allenatori contestano tale “moda” (se così la si può definire), e anche alcuni giocatori iniziano a manifestare il problema. In prospettiva, una squadra di Serie A impegnata anche in competizioni internazionali potrebbe arrivare a disputare ben 62 partite. Prendiamo in considerazione le quattro squadre che si sfideranno a Riyadh per la Supercoppa Italiana e che sono protagoniste in Champions League, vale a dire Atalanta, Inter, Juventus e Milan. Alle 38 partite previste per il campionato, se ne aggiungono potenzialmente 5 in Coppa Italia (dagli ottavi in poi), 2 in Supercoppa (semifinale + finale) e 17 per la massima competizione europea (qualora si dovesse passare dai playoff per accedere agli ottavi, fino alla finale di Monaco).

Se si pensa al numero di partite disputato dall’Inter nella stagione 22/23, annata in cui ha raggiunto la finale di Istanbul, il totale era pari a 57. Cinque partite in più possono sembrare una quantità minima in un’intera stagione, eppure questi sono numeri soltanto per le competizioni tra club. I giocatori impegnati in nazionale sottopongono a uno sforzo ancor maggiore il proprio fisico, specialmente per chi deve intraprendere voli intercontinentali. Si gioca troppo, dunque? Quel che ora possiamo affermare con certezza è che si gioca di più, e non sempre è garanzia di spettacolo. Anzi, tutt’altro: squadre più stanche possono sì allungarsi e favorire capovolgimenti di fronte, ma possono anche favorire fasi di gioco di attesa legate a stanchezza e poca lucidità.

I numeri non mentono: si corre sempre meno (e, forse, anche peggio)

Veniamo dunque a un aspetto più fisico e statistico. Prenderemo in considerazione una voce in particolare: la distanza media della corsa in una partita (dati forniti dal sito ufficiale della Serie A). Ora come ora a primeggiare è la capolista, il Napoli di Antonio Conte, con 66,233 km. Si tratta, naturalmente, di dati riferiti fino alla 12esima giornata di campionato. Facendo un confronto con le stagioni passate (i cui dati sono su 38 giornate, è bene precisarlo), vengono fuori diversi spunti. Focalizziamoci sui dati relativi alla distanza media della corsa nell’arco degli scorsi campionati della Lazio (sempre “capolista” in questa speciale classifica): nella stagione 2021/2022 con 72,087 km; l’anno dopo (2022/2023) con 69,834 km; infine, nel 2023/2024, con 68,854 km

Rispetto alla statistica (ribadiamo, attuale) del Napoli di quest’anno, si è passati da una differenza di 5,854 km col 2021/2022 ad appena 2,621 km col 2023/2024. Il numero maggiore di partite senz’altro influisce poiché, per quanto il Napoli (che al momento primeggia in questa classifica) non abbia impegni continentali infrasettimanali, sono da annoverare anche gli impegni dei giocatori partenopei con le proprie nazionali. Sarebbe un errore dimenticarsi di tale fattore e additare la colpa dei ritmi generalmente più bassi soltanto alle competizioni europee.

Anche lo sprint diventa un rischio per i calciatori in campo

Giocare di più, come abbiamo detto in precedenza, non è sempre garanzia di spettacolo per il pubblico, e costituisce per giunta un elevato fattore di rischio per i calciatori. Al riguardo, soffermiamoci su un’altra statistica, ovvero la distanza media dello scatto in una partita. La Lazio, lo scorso anno, ha occupato il primo posto anche in questa classifica, con 10,087 km. In questa stagione (al momento) primeggia l’Inter con 9,212 km, squadra che non a caso ha patito più di un problema muscolare per i propri giocatori (emblematica la partita dell’Olimpico con l’uscita anticipata dal campo di Francesco Acerbi e di Hakan Calhanoglu, fresco di ricaduta in nazionale). Statisticamente lo sprint è più “debole”, eppure è potenzialmente più pericoloso per l’incolumità dei calciatori.

Non è soltanto questione di sfortuna, ma anche di una minore resistenza fisica, poiché continuamente sollecitati. Ritorniamo, dunque, alle domande iniziali, in virtù delle analisi fatte sinora. Si gioca troppo? Per ora si gioca di più, l’appellativo “troppo” non è però così sbagliato. Il fisico di alcuni giocatori non regge certi ritmi? Dati alla mano, si nota la differenza col passato in quanto a velocità (sia puramente di “sprint” che, necessariamente, di gioco), e la risposta è affermativa visto il numero sempre maggiore di infortuni. Difficile ipotizzare un miglioramento al riguardo, o forse è più facile immaginare gli scenari futuri, dove la condizione fisica dei calciatori non è tutelata.

Immagine in evidenza: ©X, Inter

Dario Ricci

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