Accontentarsi nello sport non basta se si vuole diventare dei veri campioni. E’ necessario guardare sempre oltre cercando costantemente nuovi stimoli, così da balzare più lontano e conquistare tutto quello che è possibile fare.
Chi incarna alla perfezione questa “forma mentis” è Andy Diaz Hernandez, vincitore della Diamond League 2022 nel salto triplo e diventato da qualche mese italiano. Originario di L’Avana, il 27enne in forza all’Atletica Libertas Unicusano Livorno guidata da Giovanni Giannone ha lasciato l’isola caraibica per raggiungere il Bel Paese e continuare a inseguire il sogno di conquistare il titolo mondiale e l’oro olimpico.
Un percorso che Diaz vuol subito intraprendere grazie al sostegno del suo allenatore Fabrizio Donato, che ha immediatamente investito sull’atleta di origine centro-americana. Proverà a condurlo verso quota 18 metri, misura necessaria per competere con i migliori al mondo.
Nel 2021 hai deciso di abbandonare il tuo paese natale, Cuba, per trasferirti in Italia. Cosa ti ha spinto a prendere questa difficile decisione?
“Nel 2021 mi sono infortunato al bicipite e già avevo in mente di lasciare il mio paese perchè lì non potevo coltivare i miei sogni di vincere un Mondiale o un’Olimpiade. Ho voluto quindi trasferirmi in Italia per provare a trasformarli in realtà”.
A Livorno hai incontrato una guida decisamente di livello come Fabrizio Donato, bronzo olimpico a Londra 2012, che ti ha accolto subito a casa sua. Come vi siete incontrati e com’è stato il primo impatto con il Bel Paese?
“Abbiamo gareggiato insieme nel 2018. Io ero agli inizi, mentre lui era ancora al top del movimento mondiale nonostante l’età. Appena sono arrivato in Italia l’ho contattato per chiedergli se mi potesse aiutare e lui ha prontamente accettato consentendomi di continuare a coltivare i miei sogni”.
Fabrizio è stato uno dei più grandi talenti dell’atletica italiana, tanto da fare la storia del triplo nazionale. Quanto è importante la sua guida e quanto è migliorato il tuo gesto atletico da quando sei sotto la guida dell’ex atleta delle Fiamme Gialle?
“Ho scelto Fabrizio perché ha vissuto molto tempo nel mondo dell’atletica e quindi ha molti segreti da trasmettere ai suoi alunni. Attualmente stiamo lavorando sulla velocità che era un po’ il deficit che mi portavo da Cuba poiché là lavoravamo principalmente sulla forza e sui salti. Appena sono arrivato, Fabrizio ha subito capito di cosa avessi bisogno e stiamo quindi puntando su ciò senza dimenticare la forza, creando così un mix italiano-cubano”.
Il frutto di questo lavoro è la vittoria in Diamond League lo scorso anno, dove hai saltato sino a 17.70 metri firmando il tuo nuovo personale. Ti aspettavi di poter centrare un risultato così importante dopo soltanto una stagione sotto la guida di Fabrizio?
“Cambiare è sempre complicato. Quando ho iniziato ad allenarmi con Fabrizio avevo dei dubbi perchè aveva dei metodi diversi da quelli a cui ero abituato. Ma poi mi sono trovato davanti a una situazione particolare perché dovevo ottenere quel risultato per ringraziarlo dell’aiuto che mi aveva dato”.
Dando un occhio alle classifiche attuali, i tuoi principali avversari sono Pedro Pichardo e Jordan Diaz, entrambi con origine cubana. Ci spieghi perché dal Paese centro-americano arrivino i più forti triplisti del mondo?
“A Cuba abbiamo un sistema che predilige particolarmente i salti. Infatti da bambini siamo chiamati ad affrontare delle prove combinate che ci consentono di testarci su lungo, alto e triplo. Quasi tutti gli atleti preferiscono poi proseguire con quest’ultimo e così diventi ovviamente più forte”
Facendo un salto indietro nel tempo, il primo sport su cui hai puntato è l’atletica? E perché hai scelto il salto triplo?
“Sempre l’atletica. Da piccolo avevo un cugino che faceva triplo a livello internazionale. Lo guardavo e dicevo a mia madre che volevo diventare un triplista come lui. Il mio primo obiettivo fu infatti di diventare il miglior triplista della famiglia. Mio cugino ha 17.50 metri come personale e già da piccolo volevo diventare il migliore, per lo meno fra i miei parenti, poi il migliore della mia nazione e infine del mondo”
Lo scorso 23 febbraio hai ottenuto la cittadinanza italiana, un aspetto che ti consentirà di gareggiare con la maglia azzurra nonostante alcune procedure ancora da completare. Quanta voglia hai di indossare il body azzurro e scendere in gara con il tricolore?
“Tantissima voglia. Non vedo l’ora di partecipare ai Mondiali e rappresentare l’Italia. E’ il mio modo per dire grazie per tutto quello che è stato fatto. Quest’anno come principale obiettivo ho nuovamente la vittoria nella Diamond League e infatti il 5 maggio inizierò il mio percorso estivo con la tappa di Doha. Se poi la World Athletics mi darà l’ok, non vedo l’ora di poter partecipare ai Mondiali di Budapest”.
Sappiamo che i tuoi due grandi obiettivi sono la vittoria del Mondiale e, soprattutto, l’oro olimpico a Parigi 2024. Come si possono raggiungere questi risultati, considerata la concorrenza espressa dagli atleti citati in precedenza?
“Basta gareggiare. Mi sto allenando bene, manca soltanto quella forza in più che ti offre la competizione per poter vincere. Il mio obiettivo è fare diciotto metri perchè è una misura che nessuno può avere, realizzando così un risultato che nessuno può centrare”.
Nei giorni scorsi abbiamo visto l’azzurro Emmanuel Ihemeje toccare negli Stati Uniti quota 17.29 metri, la quale gli è valsa la miglior prestazione mondiale del 2023 all’aperto. Considerata la presenza di quest’ultimo, di Tobia Bocchi e Andrea Dellavalle, la concorrenza presente in nazionale può diventare uno stimolo per te?
“Assolutamente sì, la concorrenza è sempre uno stimolo. Sono molto contento perché l’Italia ha una serie di triplisti molto forti e spero di poter gareggiare tutti assieme ai Mondiali per motivare i vari atleti a migliorarsi ulteriormente. Penso che questa misura realizzata da Ihemeje spinga gli altri italiani ad andare oltre perché l’atletica è così”
Quando compi un salto, ti rendi già conto di quale possa esser la misura realizzata senza guardare il tabellone?
“Si capisce subito quando hai fatto un salto buono perché percepisci alcune sensazioni che ti confermano l’efficacia del gesto. Quando invece le cose vanno al contrario, non finisci nemmeno il salto che te ne accorgi”.
Nel salto triplo è necessario, ancor più che nel lungo, coordinare il proprio gesto sfruttando appieno l’intera pedana. Come alleni questo aspetto?
“Essere veloce sarebbe il top, però se non riesci a controllarla, non riesci a saltare. Quindi devi unire quest’ultima ad un’ottima coordinazione perché soltanto trovando un equilibrio fra questi due aspetti si riesce ad ottenere un ottimo risultato”.
Quando ti alleni preferisci farlo da solo oppure farlo in compagnia di altri atleti, così da poter aver dei riferimenti rispetto ai tuoi avversari?
“Allenarsi da soli non funziona secondo me, anche perchè i miei compagni sono uno stimolo per andar più forte. Quello che non fai in allenamento, non lo puoi far in gara, quindi la mia gara inizia già prima. In riscaldamento mi piace già provare a compiere dei balzi di livello così da entrare nel clima giusto per affrontare la competizione”.
Guardando al futuro, uno dei principali obiettivi per questa stagione outdoor immaginiamo sia battere il record italiano del tuo allenatore. Come si sentirebbe secondo te se riuscissi in questa impresa?
“Sarebbe da chiedere a lui, però secondo me sarebbe contento. Lui dice sempre che i record esistono per esser battuti, ma non le medaglie. Lui è già stato medagliato olimpico quindi abbattere il suo record sarebbe un sogno anche per lui visto che io sono un suo allievo”.
In conclusione, qual è il sogno di Andy Diaz?
“Il mio sogno è ottenere tutti i titoli che si possono conquistare nell’atletica leggera. Poi magari un giorno vorrei diventare un allenatore e insegnare agli atleti il mio metodo. Questa sarebbe la carriera perfetta”.
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