Articolo a cura di Marco Cangelli e Mirko Efoglia
Saltare da un trampolino non è sicuramente da tutti. Non basta semplicemente la passione o la curiosità di superare la paura del vuoto, serve senza dubbio una bella dose di pazzia accompagnata da altrettanta adrenalina. Chi rispetta tutte queste caratteristiche è senza dubbio Andrea Campregher che, da oltre otto anni, vive in questo momento tanto affascinante quanto spesso avulso anche ai grandi appassionati di sport invernali.
Giunto quasi per caso al settore del salto, il 21enne di San Giorgio in Bosco rappresenta una delle promesse più fulgide del movimento italiano che, complice gli ottimi risultati di Giovanni Bresadola, appare finalmente in crescita dopo anni difficili caratterizzati dall’assenza di impianti e dai numerosi cambiamenti tecnici che hanno investito questo mondo.
Andrea, come ti sei avvicinato al salto con gli sci ?
“Io sono originario della provincia di Padova, quindi in piena campagna. Avendo i miei nonni una casa vicino a Gaglio, io e i miei cugini ogni fine settimana salivamo in montagna dove c’era l’impianto di salto con gli sci. All’inizio non era per niente interessato visto che facevo peraltro sci alpino, tuttavia un giorno all’età di undici anni mio cugino ha deciso di provare questa disciplina. E’ rimasto così affascinato che ha abbandonato la discesa e ha puntato tutto sul salto, così un po’ per sfida ci ho provato e mi sono appassionato. A un certo punto ho smesso per due stagioni prima di esser presi a tredici anni sotto l’ala del mio attuale allenatore Michael Lunardi con il quale siamo partiti dalle basi, dal trampolino di dieci metri di Predazzo sino a quello di novanta metri. Abbiamo successivamente deciso di prendere strade diverse, lui ha deciso di continuare con la combinata nordica a Predazzo, mentre io mi sono trasferito al convitto dello Sport College di Tarvisio per proseguire con il salto speciale”.
Siccome hai scelto questa strada, è curioso conoscere la vita di un saltatore. Qual è la vostra routine quotidiana e quante volte saltate durante la settimana ?
“Dipende dal periodo dell’anno, se ci sono gare e quanti viaggi abbiamo in programma. Tendenzialmente se siamo in ritiro tre o quattro giorni le dedichiamo al salto allenandoci su trampolini diversi. Oltre a questo cerchiamo di inserire molto allenamento di neuro-trading/ equilibrio, quindi percezione della distanza, della reattività e della velocità. Due volte a settimana ci concentriamo sulla forza, quindi con i pesi, e sull’aerobica con una corsetta leggera. Nei periodi dove non abbiamo ritiri saltiamo o la mattina o il pomeriggio quindi la quantità di salto è molto ridotta concentrandoci più sulla parte atletica”.
Dovendo mantenere un peso costante durante tutta la stagione, seguite una dieta specifica ? A tal proposito, inserendo da quest’anno delle tute più larghe, quali differenze emergono nelle prestazioni ?
“Noi non siamo seguiti da un dietologo specifico. C’è un medico che ci dà alcuni consigli, ma siamo noi che tendenzialmente ci auto-gestiamo. Per 8-9 mesi l’anno siamo realmente tirati a livello di peso. Per la questione di tute ho saputo che le nazioni più avanzate a livello tecnologico riuscivano tramite la cintura di avvantaggiarsi con il cavallo di quasi dieci centimetri. Di conseguenza prima del controllo fissavano l’elastico affinché il cavallo fosse più alto, appena si completavano le procedure, la tuta scendeva”.
Rimanendo nell’ambito dell’attrezzatura, qual è il vestiario che utilizzi in gara ?
“Tutti gli atleti hanno una tuta da salto e un paio di guanti. Oltre a quello abbiamo un sottotuta fornito dalla nazionale, alcuni saltano con i calzini e altri no, mentre nello scarpone viene inserito un oggetto cilindrico detto ‘cuneo’ che viene messo fra la scarpa e il polpaccio e anche qui c’è molta variazione sulle dimensioni sino a uno spessore massimo di 5,5 centimetri”.
Quest’edizione della Coppa del Mondo offre sicuramente molti spunti, in particolare per via delle novità dei terreni con cui siete chiamati a confrontarvi. Si sono infatti svolte alcune gare con canalina di plastica e pista d’atterraggio in plastica, materiali che cambiano le carte in gioco. Quali sono le differenze fra le gare sulla plastica e quelle sulla neve ?
“A livello tecnico non ci sono differenze, tutto cambia invece nella sensazioni perché aver sotto i piedi erba, plastica o neve, la pressione durante la fase di volo è sicuramente diversa. La scelta compiuta dalla Federazione Internazionale è stata corretta perché a Wisla ogni anno vi erano problemi in fase d’atterraggio per via del caldo, tanto da aver paura di far saltare gli atleti oltre il punto K. Nel 2022 abbiamo visto quindi salti molto più lunghi senza rischiare di farsi male”.
In futuro come vedi di aver una Coppa del Mondo lungo tutto l’anno senza dividere le gare con il Grand Prix estivo ?
“Chiaramente tutto segue l’impatto mediatico che questo sport ha. Per me potrebbe anche essere meglio perché potrebbe esser una base d’appoggio per cambiare, tuttavia non saprei di preciso come rispondere”.
Tornando sulla tua carriera, ti vediamo spesso al via delle competizioni di Continental Cup. Quali sono i trampolini che prediligi e quali sono i passi che un saltatore deve compiere per accedere alla Coppa del Mondo ?
“Innanzitutto per arrivar nel Circo Bianco bisogna far punti nella categoria FIS Cup. Da lì si può scalare alla Continental Cup e infine esser eletti per la Coppa del Mondo, aspetti che non servono invece per prendere parte ai Mondiali. Io personalmente, essendo alto un metro e novanta, prediligo i trampolini di grandi dimensioni perché, essendo un pelo più pesante, sento meno gli sci su quelli più piccoli”.
Ti piacerebbe poter saltare su qualche trampolino di volo ?
“E’ il mio sogno, soprattutto a Planica. Magari chissà di non poterlo fare già quest’anno”.
A livello di Nazionale, qual è il clima che si respira considerando che è un gruppo ridotto, è arrivato un nuovo direttore tecnico e Giovanni Bresadola sta sicuramente compiendo una stagione sopra le aspettative ?
“Il clima fra noi è molto sereno. E’ arrivato Jiroutek David con un’idea di salto totalmente diversa rispetto al suo predecessore per cui inizialmente è stato difficile adattarmi su questa modalità. Ero infatti più diretto verso un’impostazione che portava a creare maggior verticalità dal dente, mentre l’attuale allenatore punta maggiormente sull’equilibrio in posizione, che sia durante la spinta che durante la lunghezza del movimento, portando così più velocità possibile fuori dal dente. Non è stato semplice, però ora stiamo vedendo i risultati di questo lavoro”.
In vista delle Olimpiadi Invernali di Milano-Cortina 2026, come si può rilanciare il settore nel nostro paese e come si può migliorare da un punto di vista di impiantistica ?
“Dover andare in Austria, a Villach, per svolgere i Campionati Italiani dimostra che in Italia non vi sono impianti attivi. Banalmente nel mio caso quest’anno ho fatto la scelta di prendermi un appartamento a mio spese a Tarvisio altrimenti non mi sarei potuto allenare, potevo far solo la parte atletica. Nella penisola non esistono praticamente trampolini visto che Predazzo, per quanto non fosse stato mantenuto al meglio, faceva molto comodo, ma è stato chiuso. Questa scelta di trasferirmi a Tarvisio ha sicuramente dato dei frutti visto che riesco ad allenarmi più dell’anno scorso e ottengo di conseguenza risultati migliori. Per poter rilanciare il settore servono quindi costruire nuovi impianti. Non si può chiedere agli sci club di prendere atleti giovani e portarli in giornata a saltare nel trampolino più vicino che è o Stams o Innsbruck che è però di grandi dimensioni. Da Predazzo sono quindi sempre due ore e mezza di auto che rappresentano sia un costo che una fatica. Crescere con questo sistema diventa letteralmente infattibile”.
Nel video di presentazione per Milano-Cortina hanno mostrato le attuali condizioni del trampolino ampezzano. Vi fa male veder certe immagini ?
“Personalmente non tocca molto perché non sono mai stato a Cortina e non ho mai saltato anche perché probabilmente sono troppo giovane per averlo potuto fare. Sentendo gli allenatori che da atleti avevano utilizzato quell’impianto, percepisco quanto male faccia”.
In conclusione, qual è l’atleta che ami di più ? E da un tuo punto di vista chi vedi come favorito per la Coppa del Mondo ?
“Domen Prevc sicuramente mi ha ispirato, anche se non è molto più vecchio di me. L’ho sempre visto come un idolo perché, andando spesso a Planica, lui c’era sempre e ho potuto apprendere moltissimo da lui che è una grandissima persona oltre che un atleta di livello. Quest’anno l’ho visto più in forma degli anni scorsi, anche se non posso dire che sarà il favorito per la generale. Secondo me Kobayashi non sarà ai livelli del recente passato però punterei maggiormente su nazioni come Norvegia e Polonia. Ho visto grandissimi salti di Daniel-André Tande che probabilmente è colui che salta meglio di tutti, però la Coppa non si decide saltando bene, ma con la costanza e il più costante è Dawid Kubacki”
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