Day 14
Giornata iniziata quando quella precedente non era ancora conclusa (Marzullo, stacci!), potere di un fuso orario che fra tre anni tornerà finalmente dalla nostra parte. Potere soprattutto di atleti speciali, quelli che sanno prendere in ostaggio i nostri cuori per riconsegnarceli di una taglia più grande. Quelli come Gregorio Paltrinieri.
Hai visto che non ne ha, che non è riuscito a infilare un 1500 da medaglia pochi giorni fa in piscina, figuriamoci una 10 km in mare, con quel caldo e la gente che ti salta pure addosso. Però lui è Greg. La semplicità è la cifra della sua grandezza, quella con la quale ti spiega che non sta bene e cosa provava prima di buttarsi in acqua. Ma è anche un duro, uno che non si scompone facilmente. Ha un agonismo feroce, lo ha visto tutto il mondo in questi dieci giorni, una voglia di mettere la mano davanti a chiunque che non fa sconti. Poi esce dall’acqua e sorride, incazzato perché non ha potuto giocarsela come voleva, però ti regala un sorriso lo stesso. È il volto bello dello sport italiano, l’eroe che non ci meritiamo, ma di cui abbiamo bisogno.
Avrebbe preferito i tre ori, e senza mononucleosi li avrebbe vinti camminando sulle acque, ma forse adesso noi gli vogliamo ancora più bene che se li avesse vinti. Ci ha regalato due ricordi olimpici che ci rimarranno dentro. Magari qualche ragazzino guardandolo avrà iniziato a pensare di voler andare alle Olimpiadi un giorno, e vincerle, proprio come avvenne a lui guardando Ian Thorpe a Sydney 2000.
Con l’adrenalina ancora alta, in piena notte, ci travolgono tante altre belle notizie. Manfredi Rizza nella canoa si prende l’argento, mentre il suo allenatore in telecronaca impazzisce. E non potrebbe essere altrimenti. Nel pomeriggio precedente avevo intercettato la soffiata di Antonio Rossi, che di momenti così da ragazzino me ne ha fatti godere tanti.
Scopriamo il karate, il Kata in particolare. È un’esperienza mistica. Ci aspettavamo avversari da crepare di mazzate, invece nel Kata c’è la forma. “L’essenziale è invisibile agli occhi”, mettiamola così. Ci capiamo ancora meno del solito, ma la medaglia ce la prendiamo volentieri. Brava Viviana Bottaro!
E poi inizia il viaggio di Chamizo. Non vuol sentire ragioni, la medaglia olimpica già ce l’abbiamo, qui si va per l’oro e basta. Ma anche stavolta non va. Alla fine della semifinale resta in ginocchio Frank. L’intervista post sconfitta sembra la copia di quella di Rio, due occhi che non sanno a cosa aggrapparsi. Ma lì c’era più rabbia, qui prevale una delusione atroce. Poi il guizzo d’orgoglio del campione: “Ma io non mollo! Vado avanti!”. Domani sarà in finale per il bronzo.
E sempre domani scopriremo se la magia azzurra che avvolge l’Olympic Stadium continua ad avere effetto. Le 4×100 stanotte ci hanno regalato due record italiani. Quello delle ragazze ci ha lasciate fuori dalla finale per pochissimo, quello dei ragazzi profuma di storia. Prima volta sotto i 38 secondi e finale raggiunta. E potrebbe non essere finita qui, il disastro USA (pensassero di più a come stanno messi loro) apre ulteriormente il campo.
È tornato in pista Marcell Jacobs. Fa effetto cercare il campione olimpico dei 100 all’interno delle varie frazioni della staffetta veloce e trovarlo vestito d’azzurro. Porterà la bandiera alla cerimonia di chiusura, Marcell. L’hai già tirata più in alto di tutti, adesso falla sventolare.
E la magia azzurra non avvolge solo lo Stadio Olimpico, ma anche le strade di Sapporo, dove si svolge la 20 km di marcia. Massimo Stano decide che due ori sono ancora pochi per l’atletica italiana a queste Olimpiadi, ci vuole il terzo. E va a prenderselo schiantando la proverbiale resistenza nipponica in casa loro. L’immagine del suo compagno, Federico Tontodonati, che doppiato lo incita ad andare a vincere entra nell’album delle meraviglie di una Tokyo 2020 che sta diventando epica. Perché non è finita qui.
Anche Elia Viviani, portabandiera azzurro in apertura, vuol farci balzare sulla sedia. L’Omnium è la gara che cinque anni fa a Rio mi fece piangere più di tutte. Elia Viviani difende il titolo, ma sappiamo che sono cambiate tante cose da allora. Il format della gara in primis, ma anche lo stesso Elia. Le prime due prove lo vedono comparsa; nella corsa a eliminazione, il suo cavallo di battaglia, fa la voce grossa. La prova finale e un nuovo capolavoro. La corsa a punti lo vede protagonista di una rimonta che lo proietta addirittura al secondo posto. Invece alla fine sarà un bronzo dal valore specifico inestimabile.
Ci sarebbe anche altro, come la strepitosa quattordicenne cinese Quan Hongchen. Record di punti, due “Perfect Ten”, una prestazione da fantascienza. Vuole guadagnare coi tuffi per curare la madre, ci dice il grande Bizzotto. Sotto coi 10.
Ci sarebbe un Francia-Slovenia di basket che comincia con un Luka Doncic solita ira di Dio e si chiude con la stoppata indimenticabile di Nicolas Batum e i francesi che sfideranno Team USA per l’oro.
E tante altre gare di atletica da stropicciarsi gli occhi. Ma è davvero troppo. Linea al tg2: “svanisce il sogno di Kamizo nella lotta”. Riprendiamoci la linea. Pietà.
Quante storie, quante sensazioni che vanno a ballare sulla bocca del nostro stomaco. Quanta Olimpiade! Siamo partiti consapevoli che l’avremmo ricordata soprattutto per ciò che ha causato il rinvio di un anno, per il pubblico che non c’è sugli spalti. Giochi in tono minore si diceva, non sarà la stessa cosa. Ma Tokyo 2020 si sta ribellando a questo destino. Ancor più l’intera spedizione italiana, che ha perso troppo presto le squadre ma ha tanti atleti che hanno sfidato l’impensabile.
A pochi giorni dalla chiusura io sento già la solita malinconia al pensiero del distacco. Crescerà di pari passo con un countdown che vorremmo bloccare, anche a costo di non dormire più. Ci godremo anche quella. Da lunedì.
Domani saremo ancora qui. Mentre Tokyo Dorme.
Ascolta ora “Diario a 5 Cerchi”, il nostro podcast giornaliero dedicato a Tokyo 2020.
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