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The Norwegian Method – La nascita dell’impero sportivo norvegese

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Negli ultimi 10/15 anni c’è stata una enorme esplosione di fenomeni sportivi di nazionalità norvegese. Questo non avviene solamente in sport a loro propensi per tradizione, come possono essere quelli invernali (biathlon, sci di fondo, combinata nordica ecc). L’esplosione si è avuta anche in sport che prima del 2000 avevano una considerazione minore, come l’atletica e il triathlon. Infatti, attualmente, la nazionale norvegese può vantare tra le proprie fila il mezzofondista più forte al mondo, Jakob Ingebrigtsen, il detentore del WR dei 400 ostacoli, Karsten Warholm, e quello che potrebbe essere considerato il triatleta più forte di sempre, Kristian Blummenfelt. Ma questi tre nomi sono solo la punta dell’iceberg. Oltre ai tre sopracitati, anche nel calcio e nel ciclismo si sono fatti dei progressi enormi ein generale in tutti quegli sport basati sulla resistenza aerobica e anaerobica. Quindi si parla ormai a tutti gli effetti di “Metodo norvegese”.

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Le radici norvegesi

Questa esplosione parte soprattutto dalle radici scolastiche e da come viene strutturata l’adolescenza dei norvegesi da ormai 40 anni. Nel 1987 venne emanato il “Norwegian Children’s Rights in Sports Act”, un documento dove venivano fissate le linee guida per la gestione dello sport nei bambini. Gli educatori/allenatori iniziarono a trattare i bambini come bambini e non come giovani adulti lasciando libero sfogo a qualsiasi attività sportiva. Questo cambio di prospettiva, ebbe un enorme successo. Infatti qualche anno più tardi, grazie ad un incredibile aumento dei numeri riguardanti lo sport adolescenziale, iniziarono ad aprire le prime scuole di alta specializzazione sportiva.

Brad Culp nel suo libro “The Norwegian Method” ci spiega in modo dettagliato questa esplosione sportiva, ma anche mediatica. Il suo è un libro che va a snocciolare e a spiegare in maniera dettagliata quello che attualmente è un metodo di allenamento che suscita molto scalpore. Un libro che parte dalle radici della cultura norvegese e che arriva alla descrizione specifica degli allenamenti dei norvegesi che stanno facendo la voce grossa negli sport di resistenza.

La madre di tutti i vichinghi

Seppur il termine “Norwegian method” sia divenuto famoso recentemente, già decenni fa si iniziarono a vedere sportivi, ma soprattutto atlete norvegesi, che con metodi di allenamento non canonici per il periodo si misero in mostra. La madre di questa filosofia di preparazione, se così possiamo chiamarla, fu Ingrid Kristansen. Ingrid viene considerata dall’intero collettivo sportivo la fondista europea più forte della storia. Oltre ad essere stata una dei primi esempi di dominanza norvegese, Ingrid è stata anche uno dei primi esempi di multidisciplinarità vichinga. Fin da piccola portava avanti la doppia carriera sportiva, spartita tra sci di fondo e corsa, sia su strada che su pista. In un’intervista post ritiro, affermò quello che tutt’ora è un punto cardine del “metodo norvegese”:

“Fin da piccole ci hanno abituato a fare elevanti volumi a bassa intensità, l’80% degli allenamenti erano lavori lunghi e a bassa intensità, il restante 20% erano lavori corti e impegnativi, ma mai superiori alla soglia di gara”.

Nel 1976 Ingrid partecipò alle Olimpiadi Invernali e due anni dopo iniziò la sua carriera su strada, esordendo nella maratona di Londra nel 1977 con il tempo di 2 ore e 45 minuti.  La sua incredibile base aerobica la aiutò a migliorare esponenzialmente fino ad arrivare ad avere contemporaneamente il WR su 5000, 10000 e maratona.

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Le basi del metodo

Il primo vero personaggio che cercò di mettere dei paletti al metodo norvegese fu Arild Tveiten. Arild fu il maggior fautore delle scuole di specializzazione per il triathlon. Fu anche il primo allenatore di Kristian e del suo compagno di squadra Gustav Iden. Arilid basò tutta la costruzione dei futuri triatleti su enormi volumi a bassa intensità e una piccola parte adibita allo sviluppo della forza in soglia e in zona anaerobica, senza mai andare a lavorare oltre. Questo perché i grossi volumi a bassa intensità oltre a aiutare notevolmente lo sviluppo della base aerobica dell’atleta, sviluppano anche il benessere fisico dell’atleta senza andare a sollecitare eccessivamente i muscoli. Per andare a monitorare quanto effettivamente un’atleta stia andando piano e per capire se effettivamente gli allenamenti siano funzionali entra in gioco il controllo del lattato. Questa metodologia è il punto cardine dei suoi metodi di allenamento, poiché si ritenga fornisca il parametro più veritiero da misurare durante uno sforzo fisico per capire l’effettiva efficacia dell’allenamento.

Il deus ex machina

Colui che ha portato in alto il “Metodo Norvegese” è Olav Aleksander Bu, il cosiddetto deus ex machina. Bu dal 2015 ebbe il merito di prendere le conoscenze che lo sport norvegese raccolse nella sua storia sportiva e di portarle all’estremo. Dal 2017 ad ora infatti i suoi due atleti, Blummenfelt e Iden, portarono a casa la bellezza di sette titoli mondiali e una olimpiade, distribuiti su diverse distanze del triathlon. La cosa più sorprendente non era la quantità di titoli vinti, ma la facilità con cui i due atleti riuscivano ad adattarsi e a dominare qualsiasi distanza affrontavano. Segno di una preparazione maniacale e attenta al più piccolo dettaglio. È storico il risultato di una tappa delle World Series del 2018, dove la Norvegia monopolizzò il podio maschile con i due sopracitati e Casper Stornes.

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Ma quindi, chi sono i protagonisti norvegesi di questa enorme esplosione di talento?

Kristian Blummenfelt, Terminator

Kristian è considerato il più grande triatleta di sempre, al pari del tedesco Jan Frodeno. Il norvegese attualmente è l’unico triatleta della storia ad aver vinto un titolo mondiale in ogni distanza riconosciuta. Infatti ha in bacheca un mondiale sulla distanza olimpica, nel 70.3 e nell’Ironman. Ai titoli mondiali si aggiunge il capolavoro olimpico di Tokyo. Kristian nasce come nuotatore e si distingue fin da subito per le sue spiccate doti natatorie. Dopo una prima gara di triathlon disputata quasi per caso a 14 anni inizia a dedicarsi a quello. Entra nella scuola di alta specializzazione per il triathlon a 15 anni e da lì mette le basi per il suo dominio nello sport. Diventa il primo atleta a sperimentare il vero e proprio metodo norvegese e lo porta all’estremo. Attualmente detiene il miglior tempo al mondo in un Ironman e ha apertamente dichiarato che vuole spingersi sempre oltre per voler superare i suoi limiti.

Gustav Iden, the Jester

Compagno di allenamento e amico di lungo corso di Kristian. Soprannominato giullare perchè è quello che scherza sempre nel gruppo di allenamento ed è colui che fa un po’ da collante. Vive un’infanzia e una prima adolescenza sportiva in un modo più tranquillo e meno attiva sul piano agonistico rispetto all’amico. Arriva al triathlon qualche anno dopo e con un background natatorio nettamente inferiore rispetto ai compagni della scuola di specializzazione. Una volta colmato questo gap negli anni però, inizia a raccogliere i frutti del suo sudore. Nel 2019 e nel 2021 vince il mondiale 70.3, mentre nel 2022 chiude il cerchio con la vittoria nel mondiale di Ironman alle Hawaii.

Jakob Ingebrigtsen, il Predestinato

In pochi nella storia sportiva di tutti i tempi hanno avuto le stigmate del predestinato come quelle che ha avuto Jakob. Fin dalla tenera età, circa otto anni viene allenato dal padre come un professionista, insieme agli altri due fratelli maggiori. Grazie a questo regime ferreo di allenamento esplode tra gli élite in giovanissima età e inizia il suo dominio. Da sedicenne diventa il più giovane di sempre a scendere sotto i quattro minuti nel miglio e un mese dopo ottiene la sua prima vittoria tra i grandi. Tra il 2018 e i 2019 inizia a macinare record nazionali, fino ad arrivare alla definitiva consacrazione del 2021. Infatti, prima fa segnare il record europeo nei 5000, poi a Tokyo conquista il suo primo oro olimpico, nei 1500m. Il suo dominio continua anche nel triennio successivo, dove mette a referto record del mondo su record. Non è tutto oro quello che luccica, infatti negli ultimi anni i fratelli Ingebrigtsen sono in disputa legalmente verso il loro stesso padre per maltrattamenti. Maltrattamenti dovuti a un regime di allenamento molto rigido e poco permissivo.

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Karsten Warholm, lo showman

Karsten è famoso in Norvegia fin dalla giovane età. Questo grazie alla sua multidisciplinarità sulla pista d’atletica. Nel 2013 si mette definitivamente in mostra vincendo otto eventi ai campionati indoor giovanili norvegesi. All’età di diciotto anni si inizia a dedicare esclusivamente ai 400 ostacoli, che lo lanciano definitivamente nell’Olimpo dell’atletica. Vince il suo primo titolo mondiale nel 2017 e nel 2019 conclude la stagione da imbattuto. Ma nel 2021 si consacra definitivamente tra i più grandi di sempre della specialità. Nella tappa casalinga di Diamond League al Bislett Stadion di Oslo abbassa di 8 centesimi il WR di Kevin Young. A Tokyo, qualche mese dopo, cancella il proprio WR, abbassandolo di quasi un secondo e portandolo ad un folle 45″94. Il suo WR è attualmente considerato uno dei record più difficili da battere, alla pari di quello sui 100 di Usain Bolt.

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Ma questi sono solo alcuni dei nomi di sportivi norvegesi che negli ultimi 10 anni stanno dominando nei rispettivi sport. Tra i non citati ci sono sicuramente da menzionare, tra gli sport invernali, Johannes Thignes Boe e Johannes Høsflot Klæbo che sono già considerati tra i più grandi di sempre nei rispettivi sport.

Immagine in evidenza: ©TRI247

Matteo Salina

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