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Storia delle 12 medaglie d’oro italiane a Parigi 2024

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Un breve excursus tra i volti e le storie delle dodici medaglie d’oro italiane ai Giochi Olimpici di Parigi 2024. L’edizione più vincente di sempre per il Bel Paese, dopo i dieci ori di Tokyo 2020.


Nicolò Martinenghi – Nuoto (100 metri rana)

Il primo oro italiano di questa spedizione olimpica appartiene a Nicolò Martinenghi. Nato a Varese nel 1999, vive ad Azzate, ha due immense passioni: la Pallacanestro Varese e l’Inter e viene soprannominato Tete fin dall’infanzia. Per fortuna, però, ha deciso di dedicarsi al nuoto. E quello che rimarrà negli annali è la sera del 28 luglio 2024, in cui ha scritto una pagina di storia del nostro nuoto vincendo un oro, nei 100 metri rana, che mancava da Sydney 2000 (Domenico Fioravanti). Partiva da outsider in corsia 7. Ma noi italiani possediamo un’aura quando si tratta di ribaltare i pronostici. Infatti, è riuscito a sconfiggere il favorito numero uno, l’inglese Adam Peaty, nonché il detentore del record del mondo e vincitore di tre ori olimpici, e il temibile cinese Qin Haiyang. Ai primi 50m l’azzurro ha virato terzo alle spalle di Peaty e Haiyang, ma la vasca decisiva è sua, resistendo anche al ritorno di Peaty e Nic Fink. Il successo nell’Arena La Defense è valso all’azzurro il Grande Slam, dopo le vittorie agli Europei e ai Mondiali. Questa medaglia la bramava da anni, per arricchire una bacheca folta di ori, raccolti in Europa e nel mondo. Ce l’ha fatta e il merito è tutto suo.

Thomas Ceccon – Nuoto (100 metri dorso)

Non c’è neanche il tempo di festeggiare l’oro di Martinenghi che la sera dopo, il 29 luglio, ne arriva un altro. Questa volta sono i 100m dorso a tingersi di azzurro. E l’atleta che indosserà la medaglia al collo è Thomas Ceccon. Vicentino da Thiene, grande appassionato di tennis, soprannominato “lo squalo” per la velocità in acqua, la grinta e per l’altezza di 197 cm. Figlio d’arte, il padre era pentatleta e la madre campionessa di pattinaggio a rotelle. Ceccon è un ragazzo diretto, usa pochi fronzoli, e con un grande senso dell’ironia. Ma, poi, quando si tuffa in vasca, diventa un mostro da gara. A differenza di Nicolò Martinenghi, il veneto era tra i papabili per la medaglia più ambita e partiva in quinta corsia. Ma, esattamente come il nuotatore lombardo, ha concluso i primi 50 metri terzo, dietro il cinese Xu Jiayu e l’americano Ryan Murphy, per poi intraprendere una progressione inarrestabile nella vasca di ritorno, concludendo la gara in 52″00. Ha avverato il suo sogno da bambino, ovvero quello di aggiungere alla bacheca la medaglia d’oro dei Giochi Olimpici. Infatti, al momento dell’inno italiano durante la premiazione, si è emozionato visibilmente, provando “qualcosa di molto forte”. Non ha dovuto svegliarsi, non era un sogno: tutto vero.

Rossella Fiamingo, Giulia Rizzi, Alberta Santuccio, Mara Navarria – Scherma (spada a squadre)

Come nei più bei sogni. Parigi, Grand Palais gremito. Italia e Francia, le due nazioni più medagliate nella scherma alle Olimpiadi, a contendersi l’oro nella prova a squadre femminile di spada. L’Italia non ha mai vinto questa gara e il percorso delle azzurre in questi Giochi è stato da dimenticare. Ingredienti che, mescolati, hanno dato vita a una delle gare più entusiasmanti e combattute di quest’edizione azzurra delle Olimpiadi. Un successo giunto, per di più, all’overtime, per 30-29. Quasi insperato, quando a metà prova, sul 19-15, le padrone di casa stavano sfuggendo via. Il tifo del pubblico francese, a cui le azzurre guidate dal c.t. Dario Chiadò si erano abituate in allenamento riproducendolo nelle casse audio, non ha placato l’impetuosa rimonta azzurra. Decisivi il 5-2 di Giulia Rizzi, a 35 anni ai suoi primi Giochi Olimpici, inflitto a Coraline Vitalis nel settimo assalto e la stoccata decisiva nel supplementare ad opera di Alberta Santuccio. Mara Navarria, a 39 anni, si regala l’addio alla scherma da campionessa olimpica, mentre Rossella Fiamingo completa la bacheca a cinque cerchi, affiancando all’argento di Rio 2016 e il bronzo di Tokyo 2020, una splendida medaglia d’oro. La serata del 30 luglio solo le urla di gioia delle azzurre hanno risuonato, prima dell’inno di Mameli, in un Grand Palais ammutolito. Il primo oro olimpico fuori dal fioretto per la scherma italiana al femminile.

Giovanni De Gennaro – Canoa slalom (K1)

Dodici anni dopo l’urlo di Daniele Molmenti a Londra 2012, nel Vaires-sur-Marne Nautical Stadium di Parigi 2024, è di nuovo un italiano a gioire nel K1 della canoa slalom. Giovanni De Gennaro è allenato da Molmenti, come quest’ultimo lo era da Pierpaolo Ferrazzi, oro nella stessa gara Barcellona 1992. Corsi e ricorsi storici del kayak azzurro, che non ha ancora, però, un bacino artificiale per pagaiare. De Gennaro ha ribaltato l’ottavo posto della semifinale con una prova che si è rivelata imbattibile: una discesa dolce e impetuosa allo stesso tempo. Come ha ribaltato, allo stesso tempo, il settimo posto finale di Rio 2016 e il quattordicesimo di Tokyo 2020, la delusione su cui ha costruito il successo che vale una carriera. Perfetta sincronia tra il corpo, la barca e l’acqua, quella che mancava nelle scorse due edizioni dei Giochi, necessaria per vincere. De Gennaro arrivava a Parigi con l’argento mondiale conquistato 2022 ad Augsburg e l’oro europeo a Tacen quest’anno. In mezzo gli scorsi Mondiali di Londra, conclusi al sesto posto dopo aver contratto il Covid un mese prima. Classe 1992, bresciano di Roncadelle, il comune di 9000 abitanti entrato nella storia dello sport italiano: venti minuti dopo l’oro di De Gennaro, il 1 agosto (non una data casuale), è arrivato quello di Alice Bellandi nel judo, anche lei nativa di Roncadelle, e l’11 agosto, nella domenica conclusiva dei Giochi, il tris roncadellese firmato da Anna Danesi, vincitrice con l’Italvolley nella pallavolo.

Alice Bellandi – Judo (-78 kg)

Con Alice ha vinto la spontaneità, la forza di risollevarsi e andare avanti inseguendo un sogno. Quel sogno che arriva il 1 agosto 2024. «Ci ho pianto una vita intera». Queste parole di Alice Bellandi, appena dopo la finale olimpica, racchiudono tutto ciò che la classe 1998 di Roncadelle (e non è un dettaglio) ha passato per arrivare al successo. A tre anni la sua aggressività spaventava le maestre. Per questo i suoi genitori la portarono in palestra. La sua vita iniziava a prendere la strada del judo. Le difficoltà sono state tante: «Mangiavo in maniera compulsiva, anche se avevo la sensazione di vomitare. Ho avuto cali immunitari, la menorrea e la tigna. Stavo male, soffrivo senza indovinare le gare. E non potevo fermarmi, perché avrei perso la qualificazione per Tokyo (-70 kg)». Mesi di sosta forzata in cui capisce l’importanza di chiedere aiuto. Riprende in mano sé stessa con una nuova mental coach. Dopo Tokyo il cambio di categoria (-78 kg) che la porta due volte sul podio mondiale. A Parigi arriva da prima nel ranking e incontro dopo incontro afferma la sua posizione. È lei la campionessa olimpica. Esplode di gioia, l’urlo di liberazione a fine incontro (quello che valeva l’oro), l’abbraccio genuino con le persone a lei vicine, il pianto incontrollato sul podio sono la prova tangibile di tutte le difficoltà affrontate. Tutto trova un senso. Tutti i problemi l’hanno portata a quello: il momento più bello della sua carriera e, probabilmente, della sua vita.

Marta Maggetti – Vela (windsurf)

Con Marta Maggetti ha vinto la passione. La sua carriera nella vela, e in particolare nel windsurf, inizia nelle acque della Sardegna all’età di 7 anni. Nel 2022 conquista il titolo mondiale a Brest, il primo nell’iQFoil, che diventa classe olimpica proprio a Parigi 2024. La cagliaritana, classe 1996, arriva a Parigi, o meglio a Marsiglia, con le carte in regola per dire la sua. E la sua la dice eccome portando un titolo olimpico alla sua terra dopo sessanta anni (Fernando Atzori, pugilato). “Mi ricordo che le prime ore mi sembrava difficilissimo restare in piedi, era faticoso, eppure c’era un qualcosa che non mi faceva smettere. Provavo e riprovavo, fino a quando arrivò la magia: una raffica di vento e subito una sensazione bellissima di libertà. Mi sentivo indipendente, a contatto con la natura. Da quel momento non ho più smesso, mi appassionavo sempre di più”.  A guardarla bene, fin dalle prime regate olimpiche si vede tutto ciò che lei stessa affermava riguardo l’inizio della sua carriera. La libertà, il vento sfruttato alla perfezione. Equilibrio, velocità e magia. Così Marta si qualifica direttamente per la semifinale, e poi per la “medal race”, dove compie il suo capolavoro. Parte con più calma rispetto alle avversarie. Poi arriva l’intuizione giusta che la porta a seguire una rotta completamente diversa dalla loro e a sorpassarle alla seconda boa di bolina, facendo sembrare tutto facile. Marta Maggetti non è più raggiungibile. Marta Maggetti è campionessa olimpica nel windsurf, ventiquattro anni dopo Alessandra Sensini.

Sara Errani, Jasmine Paolini – Tennis (doppio)

Le due campionesse olimpiche di doppio sono arrivate a Parigi in due momenti opposti delle rispettive carriere. Sara ha compiuto 37 anni lo scorso aprile e ha il suo anno magico nel 2012. In quella stagione la tennista bolognese raggiunse la sua unica finale Slam in singolo (al Roland Garros), ma è in doppio con Roberta Vinci che arrivarono i principali exploit, tra cui spiccano gli equivalenti degli odierni Master 1000 (di Madrid e Roma) e soprattutto i successi nei Grand Slam: il Roland Garros a giugno, gli US Open a settembre e gli Australian Open a gennaio dell’anno seguente. In coppia con Roberta, Sara è inarrestabile e nel 2014 bissa il successo in Australia e conquista l’ultimo Slam mancante: Wimbledon. Nel 2015 la storica compagna si ritira e nelle sei stagioni successiva Errani raccoglie solo un paio di successi in qualche torneo minore. Fino allo scorso ottobre, quando al suo fianco, accetta di scendere in campo Jasmine Paolini, con cui vince subito il 250 di Monastir (Tunisia). Scrollando la carriera della tennista toscana, l’anno migliore invece è proprio quello in corso, che Paolini inizia dalla 29esima posizione nel ranking in singolo (attualmente è quinta) e dalla 95esima in doppio. Febbraio, però, è subito mese di successi per Jasmine che vince prima il 500 in doppio a Linz (Austria) e poco dopo il suo primo 1000 in singolo a Dubai. A maggio arriva anche il primo 1000 in doppio, gli Internazionali d’Italia, ma l’estate magica di Paolini deve ancora iniziare. L’epilogo finale, probabilmente, non è dei migliori, ma il Roland Garros 2024 è un sogno per la tennista toscana. Sabato 8 giugno gioca la finale di singolo contro la polacca Iga Swiatek e il giorno dopo disputa con a Sara la finale di doppio. Purtroppo Jasmine tornerà a casa con zero titoli dalla trasferta francese, ma con molta più consapevolezza nei suoi mezzi. Tanto che a un mese di distanza Jasmine è di nuovo in finale in uno dei templi del tennis: il centrale di Wimbledon. Purtroppo l’appuntamento con il primo successo in uno Slam è ancora da rimandare, ma ad agosto arrivano i Giochi e questa volta in finale non si sbaglia. La medaglia d’oro per Paolini potrebbe essere il successo giusto per sbloccarsi mentalmente ed essere un trampolino di lancio per quelli che saranno gli anni clou del suo tennis. Mentre per Errani questo successo è la ciliegina sulla torta di una carriera stellare. Con la vittoria a Parigi, infatti, entra nella ristretta cerchia dei tennisti riusciti a realizzare il Golden Slam Career (ossia vincere tutti e quattro gli Slam più la medaglia d’oro alle Olimpiadi). Per far capire l’impresa, questa riconoscenza, arrivata nello stesso giorno di Novak Djokovic, nella storia la possono vantare solo tennisti e tenniste come Roger Federer, Rafa Nadal, Andre Agassi, Serena Williams e Steffi Graf.

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Alice D’Amato – Ginnastica artistica (trave)

A Parigi 2024 si è riscritta la storia della ginnastica artistica italiana individuale e a squadre al femminile. Giornate storiche per l’Italia, che prima degli ultimi Giochi aveva vinto solo tre argenti: a squadre nel 1928 e nel 2024, nell’individuale con Vanessa Ferrari nel 2021. Poi lottavo oro olimpico azzurro di questa rassegna a cinque cerchi firmato Alice D’Amato nella prova individuale alla trave. Nata a Genova il 7 febbraio 2003, ha sempre condiviso il suo percorso con la sorella gemella Asia. Entrambe hanno iniziato con la danza acrobatica, poi a sette anni il passaggio alla ginnastica artistica. Prima di approdare alla Brixia, è maturata nella storica Società Ginnastica Andrea Doria di Genova. Ha espresso da subito un grande potenziale, ma non tutto è stato facile, a causa dei tanti infortuni subiti durante la categoria juniores, che ne hanno limitato il rendimento. Convocata in nazionale per la prima volta in occasione degli Europei di Glasgow 2018, a cui sono seguiti quelli di Stettino nel 2019, dove è risultata la migliore fra le giovani ginnaste italiane: quarta nel concorso completo e medaglia di bronzo alle parallele asimmetriche, suo attrezzo preferito. Ai Mondiali di Stoccarda ha fatto parte della squadra che, dopo sessantanove anni, ha riportato l’Italia sul podio iridato del concorso generale. Campionessa d’Europa con la nazionale a Monaco nel 2022, alle parallele asimmetriche ad Antalya nel 2023 e a Rimini nel 2024. Quest’ultimo è l’attrezzo storicamente più ostico della ginnastica e la genovese, in una vecchia intervista, dichiarò quasi di odiarlo. A Parigi fa vittime illustri: cadono quasi tutte. Ma Alice, con un punteggio di 14.333 conquista la medaglia più pesante, l’oro. Sembra quasi uno scherzo del destino… “La trave, tuttora, non è tra i miei attrezzi preferiti” afferma D’Amato, ma con lo stesso attrezzo che odiava da bambina, ha riscritto la storia della ginnastica artistica italiana alle Olimpiadi.

Diana Bacosi, Gabriele Rossetti – Tiro a volo (skeet a squadre)

Nel tiro a volo, a Parigi, lo skeet azzurro ha rischiato di restare a mani vuote, nonostante la presenza di diversi atleti di rilievo, alcuni di loro già medagliati olimpici. Fino all’ultimo appuntamento dei Giochi, il primo, però, di sempre nella storia di questo sport: la prova a squadre miste. E l’Italia è la prima a comparire nell’albo d’oro di questa gara grazie a Diana Bacosi e Gabriele Rossetti, già entrambi oro nell’individuale a Rio 2016. Dalla delusione delle prove singole, entrambi fuori dalla finale, è nata una prova straordinaria nella gara mista, sconfiggendo gli Stati Uniti nella sfida per l’oro. Un piattello di vantaggio li ha separati da Vincent Hancock e Austen Jewell Smith: il primo quattro volte oro olimpico, una leggenda di questo sport, la seconda fresca medaglia di bronzo nell’individuale. Prima, nelle qualificazioni, la coppia azzurra ha fatto registrare un clamoroso 149 su 150, con cui hanno eguagliato il record mondiale. C’era profumo di medaglia allo Shooting Center di Chateauroux ed è arrivata la più pregiata. Bacosi diventa così la prima italiana di sempre a conquistare una medaglia nello skeet in tre Olimpiadi, arrivando dall’argento di Tokyo 2020. Rossetti il primo italiano della storia a vincere due ori olimpici. Hanno saputo unire la forte voglia di riscatto, derivata dalle delusioni dei giorni precedenti, a una freddezza e una lucidità che hanno fatto la differenza. La liberazione e la gioia racchiuse nell’urlo finale di Bacosi, si sono unite, invece, all’euforia del tecnico Andrea Benelli, corso ad abbracciare entrambi, saltando festante in pedana, come ad Atene 2004, quando fu lui a salire sul gradino più alto del podio.

Ruggero Tita, Caterina Banti – Vela (nacra 17)

Una nuova impresa. Dopo il grande trionfo a Tokyo, che riportò l’Italia sul gradino più alto dopo ventuno anni, la coppia azzurra si aggiudica un altro oro nel nacra 17. A distanza di tre anni dalla prima apparizione olimpica, quando il duo arrivò subito alla medaglia grazie ai ventitré punti di vantaggio sugli avversari inglesi ed un sesto posto nella medal race. Determinati ed ambiziosi. Le parole chiave che meglio descrivono la coppia nata nel 2017, quando per caso si ritrovano entrambi senza un partner di regata. Qui entra in gioco la Federazione, che abbina Ruggero Tita, che a Rio 2016 aveva già gareggiato nel 49er arrivando 14º in coppia con il prodiere Pietro Zucchetti, a Caterina Banti. Quest’ultima, prodiere in Nacra fin dal 2013, si ritrova senza partner in seguito all’abbandono della classe da parte del suo precedente timoniere Lorenzo Bressani. Da qui in avanti nella loro storia si aggiungono un successo dopo l’altro: prima il bronzo ai Campionati del mondo 2017 e poi l’oro a quello Europeo. L’anno successivo faranno invece doppietta dorata in entrambe le competizioni. Una storia iniziata dalla passione e dal talento, consacrata alla perseveranza e alla dedizione nel raggiungere il gradino più alto. E la stessa Banti svelerà in seguito che uno dei segreti che ha permesso al duo di lavorare così bene insieme è stata la sintonia che li lega: “Fin dall’inizio abbiamo sempre avuto una grande intesa, non c’è quasi mai stato bisogno di parlare”. Approdati in Francia per la seconda apparizione olimpica insieme, l’oro per Tita e Banti era nell’aria fin dalla partenza. I dominatori del vento non hanno infranto i pronostici. Nel porto di Marsiglia l’equipaggio azzurro ha saputo gestire al meglio i quattordici punti di vantaggio che li separavano dagli avversari argentini. E per la Medal race sarebbe bastato ottenere un settimo posto per garantirsi la prima posizione finale, ma la coppia campione in carica ha fatto ben di più. Secondi soltanto all’imbarcazione francese, in una gara fortemente condizionata dalla quasi totale assenza di vento, la coppia azzurra conclude al secondo posto, conquistando così l’oro olimpico per la seconda volta di fila.

Chiara Consonni, Vittoria Guazzini – Ciclismo su pista (madison)

Dopo il bronzo perso nel finale dell’inseguimento a squadre, Chiara Consonni e Vittoria Guazzini non si sono perse d’animo, sapevano che avrebbero avuto un’altra chance per ambire a una medaglia: la madison. Ma difficilmente immaginavano che ad aspettarle ci fosse il metallo più prezioso. Le due hanno iniziato solo quest’anno a sperimentarsi in coppia in questa bella, quanto complessa disciplina, trovando anche un successo allo Belgian Track Meeting. Quello olimpico, però, è il primo grande appuntamento che le due affrontavano insieme nell’Americana. E pensare che Chiara non doveva neanche correrlo. Era infatti Elisa Balsamo, insieme alla storica compagna di Madison Vittoria (con la quale ha vinto anche un Europeo nel 2020), il duo scelto dal c.t. Marco Villa per Parigi. Il giorno della gara, però, la ciclista cuneese non era in condizione di scendere in pista e allora è nata questa coppia temporanea, che si è rivelata vincente. A sorprendere tutti, infatti, non è stato tanto il successo in quanto tale, le due azzurre sono ragazze dal talento evidente e che valevano una medaglia, quanto il fatto che arrivasse in una gara che le due non avevano quasi mai corso insieme. Per Consonni, inoltre, questo è il primo grande successo in questa disciplina tra le élite. Fino ai Giochi, la bergamasca aveva vinto solo l’Europeo juniores nel 2017, in coppia con Letizia Paternoster, e gli Europei U23 del 2020 e 2021, con l’amica e compagna di mille avventure, Martina Fidanza.

Alessia Orro, Carlotta Cambi, Caterina Bosetti, Myriam Sylla, Loveth Omoruyi, Gaia Giovannini, Anna Danesi, Sarah Fahr, Marina Lubian, Paola Egonu, Ekaterina Antropova, Monica De Gennaro, Ilaria Spirito – Pallavolo

La medaglia d’oro più incalzante, emozionante e coinvolgente arriva l’ultimo giorno dei Giochi, l’11 agosto. Un cammino perfetto delle azzurre, con diciassette set consecutivi vinti, e un dominio totale in campo per realizzare una straordinaria impresa. Di vitale importanza è stato anche l’apporto in panchina del maestro di vita Julio Velasco. Ventotto anni dopo la sconfitta in finale alle Olimpiadi del 1996 contro i Paesi Bassi della Nazionale maschile, il c.t. è riuscito a togliersi un’enorme soddisfazione. E, in soli quattro mesi di lavoro, è riuscito a creare un gruppo unito e compatto, tirando fuori il meglio da ognuna di queste atlete. Un mix di esperienza, dettato dal ritorno delle senatrici, Orro, De Gennaro, Egonu, Bosetti, e gioventù, con le nuove linee formate da Fahr, Giovannini, Antrapova. MVP indiscussa del torneo Paola Egonu. Ma come spesso accade in questi grandi tornei, il gruppo fa la forza e la volontà al sacrificio, la determinazione, l’aiuto reciproco, l’ambiente sereno e disteso sono elementi fondamentali per raggiungere la vetta più alta. Era percepibile l’affetto tra le ragazze, disposte a dare tutto una per l’altra. Con questi attributi, i valori tecnici aumentano esponenzialmente di conseguenza e tutti i membri della squadra hanno reso al massimo delle loro possibilità. Godetevela in eterno!

Hanno collaborato Alessandro Armani, Greta Carrara, Simone Garibbo, Marco D’Onorio, Elisabeth Dosio, Giovanni Oriolo

Immagine in evidenza a cura di Riccardo Pozzato (@ricde.sign)

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