L’odore di salsedine proviene dalla Laguna e riporta alla mente i caldi giorni d’estate trascorsi sotto un ombrellone sul Lido di Jesolo, sorseggiando all’ora dell’aperitivo un grazioso spritz. Il rintocco della chiesa parrocchiale di Sant’Elena Imperatrice ci riporta alla realtà e ci ricorda che siamo seduti sugli spalti dello Stadio “Pier Luigi Penzo”, la principale struttura calcistica di Venezia.
L’Isola di Sant’Elena e le origini dello stadio
Passeggiando per Venezia è difficile individuare i seggiolini che contornano il più celebre campo da calcio della “città galleggiante”. Normalmente si preferisce concentrarsi sulle bellezze della Basilica di San Marco, dell’omonimo campanile e del Palazzo Ducale. Eppure basta percorrere poche centinaia di metri per sentire i cori entusiasti dei tifosi arancioni che affollano le tribune del secondo impianto più antico d’Italia, lasciando la terra ferma con i vaporetti per raggiungere l’Isola di Sant’Elena.
Posizionato su un’area che ricorda gli uomini anni di Napoleone, il “Penzo” venne ufficialmente inaugurato ufficialmente il 7 settembre 1913 con il nome di “Campo di Sant’Elena”. E’ la prima casa del calcio della Serenissima dotata di una tribuna centrale e una pista d’atletica leggera. La cerimonia, propiziata dalla signorina Ines Taddia con il lancio propiziatorio di una bottiglia contro i pali, vide scendere in campo i veneziani con i pluricampioni italiani del Genoa, vincitori per 7-0.
Gli ampliamenti degli Anni ’30
La passione per il gioco del pallone piano piano si ampliò anche fra i vicoli più stretti di Venezia portando fra i canali una nuova ventata di gioia tanto da spingere le autorità a realizzare a metà degli Anni Venti una tribuna stabile in muratura e, nel corso del decennio successivo, alla costruzione di un nuovo settore, il cosiddetto “popolari” sul lato opposto.
L’intervento, progettato dall’ingegner Bruno Guadagnini e presentato il 21 novembre 1926 su una pagina del “Gazzettino Illustrato”, sarebbe venuto a costare un milione di lire e avrebbe consentito al nuovo “Campo Sportivo Fascista di Sant’Elena” di ospitare ben 15.000 spettatori. Un numero ragguardevole per l’epoca che rendeva la struttura all’avanguardia tanto da venir inaugurata l’8 maggio 1927 prima del match inaugurale vinto dal Venezia per 5-3 sul Deutscher Praga due settimane dopo.
La dedica “fantasma”
Sull’intitolazione a Pier Luigi Penzo sorge però un’incognita: la dedica all’aviatore lagunare non è attestata da fonti ufficiali prima dell’11 maggio 1931 quando la “Gazzetta di Venezia” parla del nuovo stadio riportando quello del generale dell’Aviazione Italiana. Considerata la morte dello stesso, avvenuta nel 1928 durante le operazioni di salvataggio e ricerca del dirigibile “Italia” di Umberto Nobile e del velivolo “Latham 47” di Roald Amundsen scomparsi sul Mar Glaciale, è impossibile anteporre l’omaggio prima di quella data.
Chi era Pier Luigi Penzo?
La storia di Penzo rimane comunque particolarmente curiosa, se si considerano le numerose avventure che lo hanno visto protagonista fra i cieli di mezza Europa, a partire dal volo compiuto il 19 luglio 1916 su Sebenico dove il suo aereo venne colpito al motore dall’esercito austro-ungarico finendo per esser imprigionato dal nemico e internato per oltre due anni nel campo di prigionia di Mauthausen.
Nonostante fosse un uomo di mare, arruolatosi inizialmente nella Regia Marina come volontario nel corso della Prima Guerra Mondiale, Penzo si distinse in voli internazionali come il cosiddetto “Circuito del Baltico” compiuto nel 1925 e che lo portò da Varese a Leningrado con con due idrovolanti Macchi M.24 in compagnia Umberto Maddalena e a Guascone Guasconi; oppure la “Crociera aerea del Mediterraneo occidentale” compiuta nel 1928 alla guida di una flotta di 61 mezzi.
Divenuto un fidato collaboratore di Italo Balbo, Penzo venne inviato in soccorso di Umberto Nobile nel Mar Glaciale Artico nel settembre dello stesso anno trovando però la morte sulla strada del ritorno quando, sorvolando la città francese di Valence, fu costretto a provare un ammaraggio d’emergenza sul Rodano. La fortuna in quel caso gli voltò le spalle finendo con il velivolo su un fascio di cavi dell’alta tensione che spezzarono in due lo stesso prima di farlo sprofondare nel corso d’acqua.
Il Venezia e la Coppa Italia 1941
A tenere alto il nome di Pier Luigi Penzo ci pensò però il Venezia che proprio alla fine degli Anni Trenta raggiunse la Serie A portando a un ulteriore ampliamento dello stadio con l’aggiunta dei parterre e la creazione delle prime “curve in legno”. Proprio in quel periodo la formazione lagunare visse uno dei momenti più belli della sua storia grazie all’approdo nel 1940 del giovane marinaio Valentino Mazzola, in servizio presso l’Arsenale, e nel corso della stagione successiva del fiumano Ezio Loik.
Una coppia di mezzali che si dimostrò prontamente affiatata tanto da guidare la squadra da Giovanni Rebuffo a una cavalcata insperata: la vittoria della Coppa Italia. A fronte di un undici che giungeva a una salvezza tranquilla in campionato, il Venezia si presentò come un rullo compressore nel torneo nazionale superando ai sedicesimi di finale il Borzacchini Terni per 3-0 e l’Udinese agli ottavi per 5-0.
Risultati eclatanti ottenuti fra le mura amiche del Penzo, ma che non consentivano di poter sognare, soprattutto se di fronte ai lagunari si presentavano i campioni d’Italia del Bologna.
Sfida ai campioni
Una sfida proibitiva, andata in scena allo Stadio Littoriale sotto lo sguardo del presidente Renato Dall’Ara, che non vide esclusioni da ambo le parti con il Venezia in grado di passare in vantaggio dopo cinque minuti con il gol del solito Loik seguito al ’31 dalla rete di Lanfranco Alberico, accorciata dopo sessanta secondi da Hector Puricelli.
Il meglio doveva ancora venire con Francesco Pernigo pronto a salire in cattedra e a consentire agli uomini della Serenissima di rientrare negli spogliatoi sul punteggio di 3-1, prontamente scardinato nella ripresa dagli attacchi del Bologna che trovò prima il pari grazie al secondo gol di Puricelli e al rigore realizzato da Mario Sdraulig al ’70. Quando tutto sembrava in cassaforte, ecco ripresentarsi nuovamente Alberico e regalare il successo al ’75 con una rete decisiva per il definitivo 4-3. A quel punto non restava che continuare a volare sulle ali dell’entusiasmo e sfruttare il fattore casalingo nella semifinale vinta per 3-1 sulla Lazio con grande protagonista Mazzola senior, capace di far muovere al meglio l’attacco veneto.
La finale con la Roma
L’ultimo ostacolo veniva rappresentato però dalla Roma, giunta a metà classifica in Serie A, ma anch’essa concentrata sulla Coppa Italia, pronta a sfruttare l’asso nella manica rappresentato da Amedeo Amadei. Una vera e propria scheggia impazzita, impossibile da arrestare pure per la solida difesa del Venezia che l’8 giugno 1941, davanti a 15.000 spettatori dello Stadio del Partito Nazionale Fascista, si scatenò in maniera implacabile mettendo a segno in soli cinque minuti ben tre reti, dal ’14 al ’19, mettendo letteralmente in cassaforte il risultato. Tuttavia si sa come il Venezia non muoia mai e, con lo spirito avventuriero di Pier Luigi Penzo, ribaltò la situazione trovando un insperato pareggio grazie alle reti di Mazzola, Alfredo Diotalevi e di Alberti.
Onda su Onda
Tutto era nuovamente in discussione, considerato che il ritorno si sarebbe giocato il 15 giugno successivo sull’Isola di Sant’Elena, là dove molti anni prima era nato il calcio a Venezia. Tutto poteva far presagire a una vittoria dei giallorossi, pronti a riportare nella Città Eterna il primo titolo della storia, eppure nessuno aveva fatto i conti con Loik e compagni, in grado al ’72 di bucare la porta di Guido Masetti. Per la Roma si trattava a questo punto di una capitolazione, un vero e proprio naufragio che a volte può portare alla deriva, in altri casi a mete a lungo sognate come accadrà al Venezia e come cantato da Bruno Lauzi nella sua “Onda su onda”.
Onda su onda il mare mi ha portato qui
Ritmi, canzoni
Donne di sogno, banane, lamponi
Onda su onda mi sono ambientato ormai
Il naufragio mi ha dato la felicità che tu
Tu non mi dai
Onda su onda il mare mi ha portato qui
Ritmi, canzoni
Donne di sogno, banane, lamponi
Onda su onda mi sono ambientato ormai
Il naufragio mi ha dato la felicità che tu
Tu non mi dai
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