L’Italia è il paese degli alibi. C’è sempre un buon motivo per lamentarsi e scaricare le colpe su qualcun altro. Ce lo ha ripetuto tante volte Julio Velasco con la “parabola del libero” che è costretto a incolpare l’elettricista per la cattiva ricezione nel volley.
E puntualmente quando le cose vanno male, in Italia va cercato un colpevole, un “orco cattivo” su cui scaricare tutte le proprie frustrazioni. Manco a farlo apposta è il caso di Davide Mazzanti, reo di non aver centrato la finale agli Europei di pallavolo, reo di aver mancato la qualificazione alle Olimpiadi, reo di essersi messo contro Paola Egonu e compagne e di molto altro. Insomma, se in Italia fosse necessario trovare un capro espiatorio per l’aumento dei prezzi del carburante, la colpa ricadrebbe probabilmente su Mazzanti.
Il vero errore dell’ex allenatore del Volley Bergamo 1991 è però probabilmente quello di aver parlato, forse troppo, nel corso degli ultimi anni. Dall’allarme “social” lanciato durante le Olimpiadi di Tokyo 2020 (e chi può negare che le giocatrici, come ogni italiano comune, non passino troppo tempo su Instagram & Co.), alla decisione personale di escludere alcune senatrici del volley italiano passando per l’incapacità di mantenere fra le mani un gruppo a dir poco “bizzoso”. Avesse taciuto come molti suoi più illustri colleghi, probabilmente sarebbe ancora al suo posto.
Invece di verificare quali siano i veri problemi di uno sport da sempre in salute, in Italia si preferisce sparare sulla Croce Rossa e non vedere l’incapacità di un gruppo dirigenziale guidato dal presidente Giuseppe Manfredi, troppo impegnato a gonfiare il petto per i trionfi dei ragazzi di Fefe De Giorgi e profondamente assente nei momenti in cui vanno prese decisioni effettive.
Simbolo di quest’Italia “scaricabarile”, il numero uno della Fipav ha prima preferito imporre Egonu a Mazzanti per gli Europei, nonostante le “parole al veleno” rivolte verso la Nazionale dopo i Mondiali da parte dell’opposto della Pro Vittoria Monza e i rapporti con il mister ai minimi termini. Meglio una Egonu come riserva di lusso agli Europei che venir accusato di non aver chiamato la fuoriclasse in azzurro.
Poi la decisione di “non decidere” in seguito alla ribellione capeggiata dalla stessa giocatrice, che si è portata con sé Monica De Gennaro, Cristina Chirichella e Caterina Bosetti e lasciare tutto al caso, pur di non colpire da una parte l’allenatore campione d’Europa e dall’altro quattro delle stelle della pallavolo italiana, considerate al pari di dee intoccabili secondo il popolo tricolore.
Insomma, un bel disastro da affibbiare a Mazzanti, ultima ruota del carro e necessariamente sacrificabile perché non può esistere un allenatore che non abbia in mano la sua formazione in uno sport di squadra.
Per ripartire in vista di Parigi 2024 servirebbe quindi una bella rivoluzione dall’alto, con un presidente che non si presenti solo in conferenza stampa a celebrare il nuovo mister, ma che sappia decidere e utilizzare il “pugno duro” con chi sgarra. Perché se si è veramente di fronte a uno sport di squadra, si gioca assieme e si rispetta l’allenatore e soprattutto non si cerca in ogni modo di dominare per bizze del comportamento.
Oltre a ciò serve un allenatore che segua questo atteggiamento, che indichi la via e che rimetta insieme i cocci del “vaso cinese” con oro fuso, impreziosendo ulteriormente il manufatto distrutto come sapientemente fatto nei secoli dagli artigiani orientali. Insomma, più che un allenatore, serve uno “psicologo” che capisca le ragazze e che sappia ricostruire il gruppo senza distruggerlo, mantenendo quanto di buono visto. Dai colpi di Martina Lubian (più performante dell’ultima Chirichella) ai muri di Anna Danesi passando per le schiacciate di Ekaterina Antropova, leader silenziosa di una Nazionale orfana di Egonu e possibile concorrente della stessa Egonu nel ruolo di opposto.
In attesa di sapere chi siederà sulla panchina bollente del volley tricolore, “avanti il prossimo, gli lascio il posto mio”, l’ennesimo “povero diavolo” che tanta “pena” ci fa.
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