La montagna è l’essenza del Giro d’Italia: soltanto chi la sa affrontare a viso aperto può aver la possibilità di puntare alla vittoria finale, altrimenti conviene rinunciare in partenza. Chi non hai mai avuto timore delle insidie delle quote più elevate è sicuramente Gastone Nencini, che del coraggio ne ha fatto un marchio di fabbrica vincendo così il Tour de France 1960 ed entrando nel cuore dei francesi a partire dal generale Charles De Gaulle.
Nato nella terra di Gino Bartali, il “Leone del Mugello” ha dovuto far i conti sin da giovane con il mito di “Ginettaccio” e del “Campionissimo” Fausto Coppi, incarnando al meglio la locuzione latina “homo faber fortunae suae” tanto amata dagli umanisti suoi conterranei. Un aspetto del carattere che improvvisamente diventa particolarmente utile in occasione della quindicesima tappa del Giro d’Italia 1957 che accompagna il gruppo da Saint Vincent a Sion, in Svizzera, inframmezzato dal passaggio sul Colle di Gran San Bernardo.
A tener banco alla vigilia del fatidico 2 giugno non sono tanto i preparativi per l’undicesimo anniversario dell’istituzione della Repubblica, quanto piuttosto il rischio di dover cambiare il percorso a causa delle slavine che nella notte precedente hanno colpito il valico rendendo vano il lavoro svolto dagli spartineve. Se però per secoli i pellegrini diretti verso Roma avevano superato senza problemi il passo e se Napoleone Bonaparte lo aveva attraversato trionfalmente con il suo cavallo bianco come ritratto da Jean Louis David, i protagonisti della Corsa Rosa non sarebbero potuti essere da meno.
Dopo settimane piovose il tempo sembra però dare finalmente un po’ di tregua ed ecco i corridori mettersi in fila sulle strade di Saint Vincent a partire dal francese Antonin Rolland, in grado di strappare la maglia rosa al proprio capitano Louison Bobet per soli 5 secondi al termine di una fuga a lunga gittata che aveva regalato la vittoria a Mario Baroni. I più attesi fra i muraglioni di neve che conducono verso la terra degli Elvezi sono gli scalatori fra i quali spicca il nome del lussemburghese Charlie Gaul, vincitore dell’edizione precedente ed entrato nella storia per la “tregenda del Bondone”.
Sino a quel momento “l’Angelo della Montagna” si era visto poco, aggiudicandosi alla seconda tappa la crono individuale con arrivo a Bosco Chiesanuova, ma per il resto rimasto al coperto sfruttando il lavoro degli avversari. Non appena la strada si impenna, Gaul parte all’arrembaggio seminando gli sfidanti e infliggendo subito pesanti distacchi. Nei pressi dell’ospizio fondato da San Bernardo di Mentone Bobet transita con oltre tre minuti di distacco, Nencini con quattro in preda al freddo pungente che colpisce la località di confine.
Il toscano è però uno dei migliori discesisti presenti sulla piazza e i tornanti rosso-crociati appaiono il terreno ideale per recuperare terreno complice anche il ghiaino reso particolarmente scivoloso dai rivoli d’acqua che si staccano dai muri di neve. Gastone Nencini scende “a tomba aperta” disegnando traiettorie che soltanto lui sa mantenere guadagnando a vista d’occhio su Gaul, colpito nel frattempo da una foratura, e da Bobet che nel frattempo rientra sul lussemburghese della Faema.
A Sion si presentano quindi in tre con Bobet che allo sprint ha la meglio su Nencini e Gaul riprendendosi il simbolo del primato e presentandosi in vista dell’arrivo a Campo dei Fiori nelle migliori condizioni. Il meglio però dovrà ancora arrivare, con Gaul destinato ad ammazzare il Giro sulle alture varesine prima di puntare verso l’amato Bondone. Ma la vetta trentina ha in serbo una trappola per il lussemburghese che vedrà fuggire Nencini, destinato a cogliere il primo grande trofeo della carriera.
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