Li definirono “giocatori di cartone”, rei di aver perso con un Sudafrica infiacchito dagli anni. Eppure gli stessi sarebbero diventati due anni dopo gli eroi di Santiago del Cile, gli stessi capaci di conquistare l’unica Coppa Davis della storia del tennis italiano. Ma in quel momento Adriano Panatta e compagni erano visti dalla stampa solo come giovani senza talento, incapaci di farsi valere contro il vecchio Bob Hewitt.
Panatta per l’appunto come Jannik Sinner, colpevole di aver “schifato” la maglia azzurra per puro egoismo e aver rischiato di far perdere alla formazione azzurra la possibilità di centrare un’abbordabile Final 8 in quel di Malaga. Insomma, passa il tempo, ma la moda di sparare a zero sul tennis di casa nostra rimane sempre intatta.
Cambiano gli interpreti, cambiano gli epiteti (“Giocatore di cartone” per Panatta, “Il peccatore” per Sinner), ma il succo è sempre quello perché è ben più facile guardare il dito invece che inquadrare la luna. Troppo complicato far una vera valutazione delle cause che hanno portato alla sconfitta con un Canada non irresistibile (orfano di Denis Shapovalov e Félix Auger-Aliassime) e da lì ripartire.
Lorenzo Musetti impegnato contro Gabriel Diallo nel match con il Canada
Troppo difficile comprendere le bizze caratteriali di Lorenzo Musetti, spesso in balia delle emozioni piuttosto che del talento; gli errori di Filippo Volandri, spaventato dalla possibilità di far esordire in singolare un Matteo Arnaldi in ottima forma e dirottato su un doppio non suo; oppure il clima di “guerra fredda” fra il capitano e l’eterno Fabio Fognini, prima corteggiato e poi abbandonato.
Meglio prendere come capro espiatorio Jannik Sinner, alle prese con alcuni problemi fisici che lo hanno tormentato agli US Open e costretto a far i conti con il serbatoio delle energie ormai in riserva, considerato un calendario sempre più colmo. Non importa se il presidente federale Angelo Binaghi fosse al corrente di tutto e, proprio per evitare di trovarsi a che fare con malaugurati infortuni proprio durante la settimana di Bologna, abbia concordato con Sinner una sua assenza.
Sinner incita la folla durante il match contro l’argentino Francisco Cerundolo nella Coppa Davis 2022
Questo non basta, serviva almeno una prova d’orgoglio dell’altoatesino per far vedere l’attaccamento alla maglia. E, se scendere in campo fosse stato troppo rischio, almeno accettare la convocazione. Poi al massimo rinunciare per un qualunque “problema fisico” concordato ad hoc per salvare la faccia con il pubblico come succede in altri ben noti sport.
Serve un “bagno d’umiltà” accennava qualche collega, suggerendo pure un bel “cospargimento di ceneri sul capo” per un campione troppo egoista e troppo poco nazional-popolare. Serve un campione generoso sul modello di Adriano Panatta, messo in croce dagli stessi giornali nel lontano 1974, accusato di esser stato troppo “molle” in vista della sfida con il Sudafrica in un Paese dove vigeva un regime di apartheid, ma soprattutto dove si giocava sul cemento e in altura, terreno poco avvezzo per gli azzurri che all’epoca viaggiavano molto meno. Non importano le fatiche di un mese di duri allenamenti in loco e la pressione di cui era stata caricata la “new generation” della racchetta tricolore. Dovevano vincere e non ce l’avevano fatta. Questo bastava.
Insomma, Panatta come Sinner, Sinner come Panatta, ogni epoca ha i suoi idoli, ma anche le proprie sterili polemiche, che si ripropongono uguali puntualmente. Sappiamo come andò finire la storia di quella nota “squadra”, ci auguriamo che per Sinner e compagni l’epilogo sia lo stesso e nel caso siamo sicuri che tutti saranno pronti a salire sul carro dei vincitori.
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