Anche quest’anno la Paris-Nice e la Tirreno-Adriatico si sono svolte contemporaneamente. Le due gare hanno fornito una serie di indicazioni su ciò che potrebbe caratterizzare la stagione ciclistica 2024. Sia per quanto riguarda i grandi giri che le grandi volate e le classiche. Entrambe le competizioni sono state influenzate da due elementi comuni: il maltempo e il dominio della Visma-Lease a Bike.
La Tirreno-Adriatico ha presentato un percorso diverso rispetto agli anni precedenti. Le prime due tappe sono state caratterizzate da due grandi classici, una cronometro a Lido di Camaiore e un arrivo in volata a Follonica. Quest’anno non c’è stata la tradizionale tappa sui muri marchigiani che tanto spettacolo ha regalato nelle scorse edizioni. Al di là di questo, ci sono state sia le classiche tappe di montagna nell’entroterra marchigiano e abruzzese, sia altri arrivi in volata più o meno selettivi.
La Paris-Nice, invece, ha presentato una fisionomia più lineare rispetto agli anni precedenti. Il percorso è stato caratterizzato da un’andatura nervosa dall’inizio alla fine, con le difficoltà concentrate nel weekend conclusivo e nella tappa finale di Nizza. Purtroppo, lungo il percorso, è stata accorciata la tappa regina con l’arrivo ad Auron (sostituito con l’arrivo a Madonne d’Utelle).
I protagonisti delle classifiche generali
Più o meno prevedibilmente, le due corse sono state dominate dal Team Visma-Lease a Bike (primo team nella storia a riuscirci). Jonas Vingegaard ha vinto in Italia mentre il talentuoso Matteo Jorgenson è uscito vincitore in Francia.
Il danese ha dominato le due tappe più impegnative con arrivo a Valle Castellana e Monte Petrano. Vingegaard si è imposto battendo su tutti Juan Ayuso (UAE Team Emirates), vincitore della cronometro inaugurale, e Jai Hindley (Bora-hansgrohe). Soprattutto, ha snocciolato numeri spaventosi per il periodo. Sulla salita di Monte Petrano il danese ha espresso gli stessi watt per chilo dell’ascesa al Col du Joux Plane al Tour de France. Il giorno prima sulla salita di Monte San Giacomo ha fatto registrare la scalata più veloce di sempre su una salita al 6%. 27 chilometri orari. Se serviva un’ulteriore dimostrazione, ci troviamo di fronte a uno dei più grandi scalatori di sempre, di sicuro il più forte dei nostri tempi.
Oltre alle prestazioni di Jonas Vingegaard, sono arrivate altre indicazioni per la classifica generale dei Grandi Giri di quest’anno. Su tutte la crescita costante di Juan Ayuso, che si è imposto nella prima cronometro e nelle tappe di montagna è sempre stato l’ultimo ad arrendersi al danese. Ayuso ha inoltre trovato per strada un grande compagno di squadra, il messicano Isaac del Toro, quarto in classifica generale. A soli vent’anni, ha dimostrato di saper andare forte ovunque e che ogni volta attacchi il numero generi sempre più curiosità attorno alle sue prestazioni.
Embed from Getty ImagesJai Hindley ha chiuso terzo in classifica generale e ha dimostrato un grande carattere. Sia lanciandosi all’inseguimento a Valle Castellana con Ben O’Connor (Decathlon AG2R), che certifica con un quinto posto in generale il suo ritorno a buoni livelli. Sia il giorno dopo a Monte Petrano mettendo la squadra a tirare ed attaccando lui in prima persona.
Senza infamia e senza gloria i due portacolori della Ineos Grenadiers Thymen Arensman e Thomas Pidcock. Rispettivamente al sesto e al nono posto della classifica generale. Ma non sono mai stati in grado di incidere. Dalle dichiarazioni, l’inglese vuole puntare forte sulla classifica generale al Tour de France. Ma quanto ne vale la pena? Non è detto che in futuro Pidcock non possa riuscire a fare classifica generale al Tour de France. Di sicuro forse quest’anno potrebbe togliersi diverse soddisfazioni nell’immediato presentandosi da battitore libero, come nel 2022, quando riuscì a vincere sull’Alpe d’Huez. Molto dipende da quanto voglia scavare a fondo il barile delle energie per cercare di fare una buona classifica, sacrificando altri obiettivi nell’immediato.
Insomma prima studierà la Teoria dei Giochi meglio sarà per Tom Pidcock.
Fare un Tour senza guizzi parziali per chiudere ottavo in classifica generale o puntare direttamente alle tappe e ad una maglia a pois?
Non pervenuti Enric Mas (Movistar), all’esordio stagionale, e Tao Geoghegan Hart (Lidl-Trek), che alla Vuelta Algarve sembrava più in palla rispetto alla corsa dei due mari.
L’americano Matteo Jorgenson, già un mito tra i cycling nerds per via di un thread che pubblicò su Twitter un anno fa, ha vinto la Parigi-Nizza da underdog. Soprattutto considerando i nomi piuttosto pesanti presenti. Su tutti Remco Evenepoel (Soudal Quick-Step) e Primoz Roglic (Bora-hansgrohe). Il portacolori della Visma-Lease a Bike ha condiviso il podio con il belga della Soudal Quickstep e Brandon McNulty della UAE Team Emirates.
L’UAE Team Emirates è riuscita a vincere la cronosquadre di Auxerre ed ha portato a casa un podio con Brandon Mcnulty, ma ha tanto da recriminare viste alcune scelte tattiche veramente infelici.
Emblematico quanto accaduto a Madonne d’Utelle. L’ammiraglia ha preferito fermare Felix Grosschartner per aiutare Joao Almeida alla deriva invece di aiutare l’americano andato poi in difficoltà nei chilometri finali, dove ha perso poi secondi che nell’economia della classifica generale si sono rivelati decisivi.
Seconda corsa a tappe breve persa in poche settimane. Non c’è da allarmarsi sicuramente, ma di sicuro c’è da aggiustare la mira
Il punto chiave della vittoria di Jorgenson è stata la consistenza. In ogni situazione chiave era sempre presente. Alla quarta tappa con arrivo a Mont Broully, vinta da Santiago Buitrago della Barhain Victorius (ritiratosi ma grande protagonista), non ha perso nulla dai big. Nella tappa con arrivo a La Colle sur Loup ha attaccato in prima persona con Mcnluty e Mattias Skjelmose (Lidl-Trek), arrivando poi terzo allo sprint vinto dal danese e scavando un gap decisivo con il resto della compagnia.
Embed from Getty ImagesNelle varie tappe di montagna i vari uomini per la classifica generale si sono dati battaglia sfruttando tutti lo stesso perno. Mettere sotto pressione Remco Evenepoel.
Così facendo, sia Mattias Skjelmose che Alexandr Vlasov (Bora-hansgrohe) si sono portati a casa una vittoria di tappa ed hanno messo sulla bilancia secondi pesanti costringendo il belga a muoversi sempre in prima persona. Anche l’ultimo giorno, quando è riuscito ad imporsi nella frazione portandosi a casa il podio.
Sorprese positive sono state sicuramente le prestazioni di Egan Bernal (Ineos Grenadiers) e Luke Plapp (Jayco AlUla). Era difficile immaginare che il colombiano riuscisse a tornare su buoni livelli dopo l’incidente all’inizio del 2022. Invece da inizio stagione Eganito ha mostrato belle cose prima alla O Gran Camiño, chiuso al terzo posto, e poi in questa Parigi-Nizza, dove ha chiuso settimo in classifica generale.
Il grande obiettivo è la Vuelta Espana. Il colombiano si metterà alla prova sulle tre settimane ad alto livello per capire quanto è completato il processo di recupero.
L’australiano della Jayco-Alula ha sempre suscitato grandi aspettative come promessa. Per la prima volta in una gara di alto livello è stato protagonista. Prima all’assalto della maglia gialla il giorno di Mount Broully e poi cedendola, ma riuscendo comunque a chiudere al sesto posto in generale. La Jayco ha trovato l’erede di Simon Yates? È presto per dirlo, ma già l’anno prossimo Plapp potrebbe provare seriamente a fare classifica in una corsa a tappe di tre settimane per capire a che punto è.
Rimandato al prossimo esame Primoz Roglic. Lo sloveno si è presentato a fari spenti e ha dimostrato di non essere ancora il Primoz Roglic che tutti conosciamo. Lui stesso è il primo a essere tranquillo della cosa. In inverno ha vissuto un cambio di squadra e tutto ciò che comporta, tra materiale tecnico ed umano. Fisiologico non sia ancora rodato per bene. Lo sloveno deve però ben guardarsi da Vlasov, che è sembrato brillante (una vittoria di tappa e quinto in classifica generale) e che forse vorrà provare a ribaltare le gerarchie sulle strade di Francia qualora ne dovesse avere l’occasione.
Di sicuro c’è che se due dei principali favoriti per il Tour de France 2024 vengono battuti da quello che potenzialmente è il penultimo uomo in salita di un altro dei favoriti, allora la lotta rischia di ridursi al duello degli ultimi anni: Jonas Vingegaard contro Tadej Pogacar. Con una bilancia molto più pendente verso la Danimarca. Siamo a marzo ed è presto per tirare conclusioni affrettate. Ma di sicuro in casa Soudal ed in casa Bora Hansgrohe hanno materiale su cui riflettere.
Oltre la classifica generale
Questa settimana di gare è stata entusiasmante anche per quanto riguarda le volate. Tre protagonisti principali: Olav Kooj (Visma Lease a Bike), vincitore di due tappe alla Parigi Nizza, Jonathan Milan e Jasper Philipsen che si sono divisi gli arrivi per le ruote veloci alla Tirreno Adriatico (2 a 1 per il friulano).
Il terzo arrivo per le ruote veloci, a Gualdo Tadino, è stato condizionato da una caduta ed è stato vinto da Phil Bauhaus (Bahrain Victorius), mentre in terra francese una tappa è stata vinta anche da Arvid de Klejin (Tudor Pro Cycling). La squadra dell’olandese ha dimostrato una grande solidità con un treno vecchio stile, capitanato da Matteo Trentin, in grado di mettere tutti in fila indiana e rendere la vita facile al suo capitano.
Embed from Getty ImagesInaspettatamente Mads Pedersen (Lidl-Trek) non è riuscito a vincere nessuna tappa alla Parigi-Nizza. Non per mancanza di condizione ma semplicemente perchè ha sempre trovato qualcuno più furbo o forte di lui. Il danese è sembrato comunque in ottima forma lavorando anche per il compagno di squadra Mattias Skjelmose e di sicuro sarà tra gli uomini da attenzionare per la Milano-Sanremo di sabato.
Da segnalare anche il ritorno di Filippo Ganna a un buon livello. Dopo un inizio di stagione tribolato il piemontese è riuscito a cogliere un secondo posto nella cronometro di Lido di Camaiore. Un buon punto di partenza per i grandi obiettivi che lo attendono.
Davvero è tutto perduto?
Sappiamo tutti quanto l’Italia fatichi a trovare un proprio rappresentante per le gare a tappe. Sarebbe anacronistico affidarsi ancora a Damiano Caruso (Bahrain Victorius) e Domenico Pozzovivo (VF Group Bardiani CSF Faizanè), che purtroppo per noi, anche per loro, stanno diventando grandi e che spesso non riescono a tenere il passo con i più forti. Tuttavia, sono arrivate alcune belle indicazioni dai nostri portacolori. Non è tutto perduto, ma c’è tanto da lavorare.
Lorenzo Fortunato (Astana) e Antonio Tiberi (Bahrain Victorius) alla Tirreno hanno ben figurato. Il bolognese è stato il miglior italiano al traguardo, chiudendo quattordicesimo. Mentre il laziale della Barhain ha dovuto cedere un po’ il passo nella tappa di Monte Petrano ma ha dimostrato di sapere andare forte sia a cronometro che in salita, una caratteristica fondamentale per fare classifica al giorno d’oggi.
Anche Filippo Zana (Jayco AlUla) e Davide Piganzoli (Polti-Kometa) hanno ben figurato nelle tappe di montagna. In terra francese gli italiani si sono visti di più a tirare il gruppo per altri che altro. Infatti, Mattia Cattaneo e Matteo Sobrero stanno ritagliando un ruolo importante come luogotenenti di grandi nomi, quali Remco Evenepoel e Primoz Roglic.
Molto attivo nelle fughe è stato anche Cristian Scaroni (Astana), il che lascia ben sperare per la possibilità di vincere una tappa partendo dalla fuga, sperando che non decida poi di concentrarsi sulla classifica generale.
Al trentaseiesimo posto ha chiuso Luca Vergallito (Alpecin Deceuninck). La sua storia è molto particolare e tutti quanti siamo qui a chiedergli la luna sperando che realizzando i suoi sogni si realizzino pure i nostri. Ma dobbiamo sempre ricordarci che il lombardo è al primo anno nel World Tour ed alla prima gara con un livello così alto ed è normale che non sia sempre con i primi come ha fatto all’Algarve o al Tour Down Under. Nel ciclismo ci vuole pazienza e parlare di delusione sarebbe cattivo nei suoi confronti.
La stagione si preannuncia ricca di grandi prestazioni e di record da battere. Vedremo chi avrà ragione quando si tireranno le somme. Per ora possiamo solo goderci lo spettacolo.
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