173 giorni dopo il 18 ottobre, data di inizio della Regular Season, la NBA si prepara per l’inizio della fase più calda della stagione: i play-off, preceduti dal torneo dei play-in, che regalerà agli appassionati le ultime due squadre protagoniste della fase finale. Se la partecipazione di alcune squadre ai play-off fosse abbastanza pronosticabile in estate, altre franchigie sono venute fuori con l’andare della stagione, ribaltando i pronostici ed estromettendo anche contendenti più blasonate sulla carta.
Andiamo quindi a presentare 4 squadre, due per Conference, che sono andate oltre le aspettative e che hanno deluso in questa Regular Season NBA.
Eastern Conference
Sorpresa: Cleveland Cavaliers
La franchigia perdente per eccellenza della NBA, che solo LeBron James è stato capace di salvare sportivamente per ben due volte, torna a respirare aria di play-off per la prima volta dal 2018: prima dell’approdo nella lega del Re di Akron, i Cavs avevano ottenuto l’accesso ai play-off in 13 stagioni, superando il primo turno solo in 3 occasioni.
Dopo un’estate in cui le previsioni sui Cavs si limitavano ad un piazzamento di media-bassa classifica, la franchigia dell’Ohio è riuscita ad arrivare addirittura al 4o posto ad Est, grazie ad un roster giovane, guidato da Jarrett Allen, Darius Garland e, soprattutto, da uno strepitoso Donovan Mitchell, arrivato a Cleveland a settembre dopo una trade con gli Utah Jazz.
Il 26enne a Cleveland è il leader tecnico del roster e lo ha dimostrato con una media pazzesca di 28 punti a partita (mai stata così alta in carriera) e con prestazioni davvero incredibili, su tutte i 71 punti realizzati nella vittoria contro i Chicago Bulls, in cui è diventato il settimo giocatore nella storia NBA a superare quota 70 punti.
Al primo turno si scontreranno Cavs e Knicks, due squadre i cui risultati negli ultimi anni sono stati a dir poco deludenti e che possono sfruttare questa occasione nei play-off per costruire scenari importanti per il futuro.
Delusione: Chicago Bulls
I Bulls non sono ancora sicuri dell’eliminazione dai play-off, infatti dovranno affrontare i play-in, ma sicuramente sono una delle squadre il cui rendimento è più calato rispetto all’anno scorso.
Se 12 mesi fa l’atmosfera intorno a Chicago era molto positiva, con tanti giocatori che rendevano come mai fatto prima (chiedere ad Alex Caruso e Lonzo Ball), quest’anno sembra che la magia si sia spezzata.
Caruso non è riuscito a replicare le stesse prestazioni e Ball è stato vittima di infortuni che lo hanno fermato per gran parte della stagione.
In questo clima negativo ci si aspettava una reazione almeno da Demar DeRozan, rinato in Illinois dopo gli anni di San Antonio e che l’anno scorso aveva nutrito le speranze di un popolo che non vedeva un giocatore simile dai tempi del primo Derrick Rose.
Il DeRozan di quest’anno, invece, ha fatto parlare di sè principalmente fuori dal campo per le notizie su una sua possibile trade, alla fine non concretizzatasi.
L’unico che forse si salva dei Bulls è Zach Lavine: l’uomo simbolo di Chicago anche quest’anno ha offerto buone performance, arrivando vicino alla convocazione per l’All-Star Game.
La speranza per la franchigia dell’Illinois per l’anno prossimo è di recuperare tutti gli elementi del roster per provare un nuovo assalto ai play-off NBA e anche per ricostruire anche un forte legame con la città.
Western Conference
Sorpresa: Sacramento Kings
Quanto sono lunghi 17 anni? Chiedetelo ai tifosi dei Kings, che hanno dovuto aspettare tutto questo tempo prima di rivedere la propria squadra di nuovo ai play-off NBA (mai nessuna squadra aveva mancato tante qualificazioni ai play-off consecutivamente nella storia della NBA).
L’ultima volta avvenne nel 2006, tutta un’altra epoca: allora i Kings arrivarono da testa di serie numero 8 e caddero contro gli Spurs in 6 partite.
Quest’anno nessuno avrebbe scommesso sui Kings ai play-off e tutti pensavano che questa fosse un’altra stagione di tanking, di brutti risultati nella speranza di ottenere una scelta alta al Draft e assicurarsi un buon giovane proveniente dal college.
I californiani, invece, si sono lanciati in un cavalcata che non si vedeva dai tempi di Chris Webber e Vlade Divac (e qui scende una lacrimuccia) e le visite per schiacciare il pulsante per attivare il raggio, il “beam”, della vittoria, sono arrivate addirittura a 49.
Questa abitudine, caratterizzata dal coro “Light the Beam!” è servita per unire ancora di più squadra e tifosi dopo anni difficili in cui le vittorie arrivavano molto raramente (qui un video della celebrazione con De’Aaron Fox e 50 Cent).
La banda neroviola del fenomenale De’Aaron Fox si candida per essere la mina vagante della Western Conference.
Il terzo posto ottenuto dai Kings conduce ad un derby californiano contro i Golden State Warriors: sebbene i giorni più gloriosi dei Kings in epoca moderna siano stati quelli delle sfide contro i Lakers di Kobe e Shaq, siamo sicuri che anche questa sfida non deluderà in termini di spettacolo e agonismo.
Delusione: Dallas Mavericks
Fino al 6 febbraio 2023 i Dallas Mavericks stavano conducendo una stagione ampiamente in linea con le aspettative: con il marziano Luka Doncic in prima linea, i texani erano tranquillamente in zona play-off.
Il 6 febbraio i Mavs trovano l’accordo per una trade con i Brooklyn Nets. In cambio di Spencer Dinwiddie, Dorian Finney-Smith e 3 future scelte al Draft, i newyorkesi cedono a Dallas Kyrie Irving.
Il playmaker ex-Cavs e Celtics è in piena rotta con l’ambiente e desideroso di una nuova esperienza.
La coppia Doncic-Irving sembrava una di quelle destinate a cambiare le sorti della stagione, perché un duo di guardie così letali raramente si è visto nella stessa squadra.
Il destino, però, ha riservato un epilogo amaro per la stagione dei Mavs.
Da quel 6 febbraio, la franchigia di Mark Cuban ha perso 17 partite su 27, compromettendo la sua corsa verso la post-season.
Con la sconfitta maturata contro i Bulls nella notte dell’8 aprile, Dallas ha dovuto rinunciare matematicamente anche ai play-in, nello stupore generale.
Sarà che Irving non si è integrato bene con la squadra, saranno le difficoltà di coach Kidd, ma il suicidio sportivo attuato da Dallas è un qualcosa che forse non ha precedenti in NBA.
Hanno fatto discutere le scelte sull’utilizzo centellinato di Doncic e Irving nelle ultime partite in ottica draft, rinunciando di fatto ai play-in.
Resta in dubbio non solo la permanenza di Irving, ma anche quella di Doncic, che molti tifosi Mavs prefiguravano come uomo franchigia del futuro: se il destino del primo appare nettamente segnato in negativo, quello del secondo resta più incerto e nebuloso.
Vale la pena per un fuoriclasse come lo sloveno restare in una squadra senza ambizioni di livello? Solamente la prossima finestra delle trade saprà rispondere a questo quesito.
Immagine in evidenza: © Bleacher Report
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