Calcio

Per sempre Totò: il gran visir delle Notti Magiche

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Chi è stato Totò Schillaci

Di Marco Morghen

Sono passati ormai più di trentaquattro anni dalla fine dei campionati mondiali di Italia ’90. I sogni azzurri, come purtroppo sappiamo, sono stati infranti in semifinale ai calci di rigore contro l’Argentina di Maradona. Dai televisori di tutta Italia arriva una frase composta ma ricca di rammarico: “Sono immagini che non avremmo mai voluto commentare”, dice l’inconfondibile voce di Bruno Pizzul. Le Notti Magiche sono finite. Almeno per noi. La squadra di Maradona volerà in finale e sarà poi sconfitta dalla Germania Ovest con un rigore di Andreas Brehme nei minuti finali. Gli azzurri si devono consolare con la vittoria nella finalina per il terzo posto contro l’Inghilterra. Eppure, nonostante la delusione per la mancata vittoria, i Mondiali del ’90 sono diventati un manifesto celebre della nostalgia calcistica di un tempo. E uno dei simboli di quella squadra, di quel percorso, è stato senza dubbio Totò Schillaci, che ci ha lasciato oggi a soli 59 anni a causa di un tumore. “Sono rimasto un’ora seduto dentro lo spogliatoio, abbiamo mancato la finale senza aver mai perso in campo” dirà in un’intervista poco tempo dopo, ricordando quella semifinale.

Dal Messina fino alla nazionale, dalla gavetta alle stelle

Schillaci inizia a mostrare le sue qualità nel Messina, prima con Scoglio e poi con Zeman. Ed è proprio il tecnico boemo a valorizzare le sue qualità nel club giallorosso in B mettendolo in condizione di segnare ventitré gol. L’attaccante, nel 1989, passa così alla Juve. E a Torino piazza quindici gol in trenta partite contribuendo da protagonista alla vittoria della Coppa Italia e della Coppa Uefa. E grazie a questa stagione, il c.t. Azeglio Vicini lo convoca per il mondiale del 1990, giocato proprio in Italia. E sarà proprio quell’estate a consacrarlo per sempre.

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Totò Schillaci è stato un eroe a sorpresa, e sembrava rispecchiare il percorso di Paolo Rossi ai mondiali 1982, giocati in terra spagnola e vinti dagli azzurri contro la Germania. Entrato in punta di piedi in squadra – inizialmente come riserva di Carnevale – divenne subito protagonista, segnando al debutto contro l’Austria. Quella rete di testa, su assist perfetto di Gianluca Vialli, fece impazzire di gioia il Paese. Bruno Pizzul lo gridava al microfono: “Schillaci, ancora… gol!” e l’Italia si innamorava di quel ragazzo di Palermo, capace di zittire gli insulti beceri ricevuti pochi mesi prima a Bari, dove gli avevano cantato “Schillaci ruba le gomme”. Lo stesso stadio pugliese lo consacrerà capocannoniere del Mondiale, con sei reti indimenticabili. Come “Pablito” otto anni prima, Totò fu il bomber dell’Italia, ma senza la gioia di sollevare la coppa. Il suo fu comunque un mondiale memorabile, che gli valse il secondo posto nella classifica del pallone d’oro dietro al tedesco Lothar Matthäus. I suoi celebri occhi spiritati che hanno segnato il mondiale in casa nostra si sono spenti per sempre, ma nella memoria di tutti noi resteranno come un dolce ricordo.


Il nostro ricordo

Di Vincenzo Bruno

È una di quelle giornate in cui i cuori di tanti si riallineano compatti a formarne uno solo, enorme,
condiviso, pulsante di bella malinconia e sogni rimasti appesi.

È morto Totò, palermitano del CEP, uno come tanti di noi, ad ogni latitudine di questa martoriata Italia.

Per me, palermitano di provincia, sette anni da compiere il giorno dopo la semifinale tra Italia e
Argentina, la vita comincia il 9 Giugno 1990. Più precisamente al minuto settantotto di Italia-Austria, nel
momento in cui Schillaci, in mezzo a due colossi austriaci, insacca di testa un cross di Luca Vialli.
Quando vedo cosa scatena quel gol non devo più chiedermi nulla: la magia non ha bisogno di spiegazioni. Non so se migliore o peggiore, ma so per certo che senza quella serata la mia via sarebbe stata diversa.

In quel momento il mondo ha scoperto che occhi ha chi pensa di essere protagonista di un miracolo, sono quelli di Totò Schillaci. Li rivedremo altre cinque volte in quella estate, poi basta. Non può essere
replicata quella roba lì.

Raccontare del calciatore in questo caso non ha senso, i numeri e le statistiche sono davvero inutili. Qui è
il ricordo di un’avventura senza eguali ad avvolgere ogni cosa, quando “arriva un brivido e ti trascina via,
e sciogli in un abbraccio la follia”
.

Schillaci è stato la supernova sportiva per antonomasia, un bagliore spropositato durato un soffio ma
rimasto eterno nella coscienza collettiva di un Paese. Chi c’era sa. Ripensare all’estate del 1990 senza che
si apra nella mente l’immagine di quegli occhi spiritati è impossibile. La palla che cade sempre dove c’è
lui (che segna perfino con una botta di sinistro da fuori area), i tricolori col suo volto che sventolano dai
balconi, i caroselli in un’Italia ancora analogica. Realismo magico.

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Poi è arrivato il personaggio, le sortite in TV, l’ironia (all’inizio mal sopportata, poi presa con simpatia)
sull’italiano sgrammaticato. È finito dentro ai libri e nei film. Ma Totò Schillaci rimane la corsa a braccia
aperte dopo ognuno di quei sei gol e lo sguardo spiritato di chi non può credere al miracolo che sta
vivendo. Come ha detto Paolo Condò, in quelle esultanze sembrava chiedere: “Per favore, non
svegliatemi”
.

Dormi tranquillo, Totò, non ci sveglieremo mai. Grazie.

La Redazione
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