Avete presente la “Nascita di Venere” del Botticelli, quella rappresentazione così altamente edonistica della dea della bellezza? Ebbene toglietegli la conchiglia, vestitela da ciclista e trasferitela da Firenze a Zottegem nelle fredde e infernali Fiandre.
Completato il quadretto non ci resta che fare un piccolo viaggio nel tempo, che in un mondo utopico in cui la spoglia venere si veste di polipropilene appare cosa assai semplice, e tornare ai fasti di una delle più grandiose corse fiamminghe. Un viaggio con il solo obiettivo di poter esser testimoni della nascita di un’altra figura mitologica: quella del gregario.
Ebbene provate ad immedesimarvi in Micheal J. Fox, l’arcinoto Martin della saga cinematografica passata alla storia con il titolo di “Ritorno al futuro”. Avete davanti una bella DeLorean su cui non potete far altro che salire, quando vi può ricapitare di metter piede su un automobile del genere, vi mettete alla guida e voilà siete giunti a Zottegem, nella provincia delle Fiandre orientali.
Cosa ci facciamo a Zottegem? Assistiamo all’arrivo della prima magica frazione del “Driedaagse de Panne“, per noi mangia spaghetti “Tre giorni di La Panne”. Il meteo è quello che è, è una classica giornata uggiosa della primavera fiamminga, che tanto distrugge e logora gli atleti ma che tanto ristora gli appassionati.
Come detto è freddino e la tappa non preannuncia nulla di buono per gli atleti. Infatti l’altimetria sembra l’elettrocardiogramma di un anziano con problematiche cardiocircolatorie, in poche parole una costellazione di tante piccole “Berg”, per dirla con la lingua del cannibale. Tante piccole stradine in pavé che quel giorno portarono all’arrivo un gruppettino avaro di protagonisti composto solamente da qualche umile mestierante belga, da due giovanotti italiani dall’avvenire poco vittorioso e da due nomi illustri: un certo Peter da Zilina (Sagan ndr) ed il buon sfortunato Niki Terpstra. Un gruppettino assai deludente se messo a confronto con la gran mole di ruote veloci presenti in corsa e su cui anche il più stolto avrebbe giocato il proprio fiorino.
Un arrivo corsaro per molti, un arrivo scontato per altri, in poche parole un arrivo per Peter Sagan. Ma al passaggio degli atleti sotto la linea d’arrivo gli speaker annunciavano: “Oscar Gatto!!“.
Eh si, noi belli spaparanzati sulle transenne ci siam goduti la vittoria di un bel veneto di grandi speranze, di quello che all’inizio dello scorso decennio appariva come l’unica e grande speranza di riportare il tricolore in alto anche al nord. La Dwars dell’anno precedente, la vittoria nella “mediterranea” Tropea al Giro 2011 e le belle prestazioni alle Ronde van Vlaanderen (Giro delle Fiandre) non potevano che avvalorare la suddetta tesi.
Il destino fu beffardo, forse l’atleta del Team Cannondale nel magnifico gesto dell’esultanza si dimenticò che quel giorno fosse il primo di Aprile. Difatti a differenza di altre occasioni, quel giorno, la vittoria non fu immediatamente ufficializzata, anzi in pochissimi istanti nell’aria si cominciò a vociferare di una possibile vittoria di “Hulk”, ovvero del compagno di squadra che tanto aveva lavorato per il buon trevigiano cresciuto alla corte del duo camillo-Rui in zalf.
Ebbene si, quel valoroso combattente azzurro dovette porgere le armi dinanzi all’incline fato che molto gli levò ma che inconsciamente molto gli donò. Da quel giorno il buon Oscar Gatto si trasformò, continuò a vincere in luoghi non di primissimo pelo, ma al contempo divenne uno dei più instancabili e formidabili gregari degli ultimi anni.
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E così siamo giunti al termine del nostro brevissimo viaggio che ci ha permesso di assistere alla vera nascita di un gregario. Alla nascita di un nuovo atleta devoto alla causa dei propri compagni e soprattutto disposto a soffrire pur di garantire il bene altrui.
Quell’infausto giorno segnò quindi il proseguo della carriera del buon Oscar Gatto e forse anche lui ne fu immediatamente consapevole, almeno stando alle sue dichiarazione nel dopo corsa: “l’importante è che vinca la squadra“.
Immagine in evidenza ©Astana Pro Team
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