Montecarlo è la capitale della Formula 1. Se vincendo a Silverstone un pilota può acquisire la laurea, imporsi lungo le tortuose strade del Principato significa acquisire a pieno diritto della lode con tanto di bacio accademico da parte del regnante di turno. Eppure Monaco non è mai stato amato da tutti per via dei suoi muretti, delle sue chicane insidiosi e di quel tunnel che tante volte ha mietuto vittime e motori. Una forma di disaffezione che ha accompagnato la storia del gran premio sin dal suo inserimento nel calendario mondiale avvenuto nel 1950 e che ha rischiato di privare più volte gli appassionati di motori di questo spettacolo da favola.
In pochi lo sanno, ma negli Anni Settanta questo pericolo rischiò di diventare realtà a causa del terribile incidente che coinvolse il tedesco Rolf Stommelen durante il Gran Premio della Spagna 1975. Nonostante le proteste dei piloti in merito alle condizioni di sicurezza precarie lungo il Circuito del Montjuïc emerse sin dalle prove libere, gli organizzatori iberici imposero ai piloti di svolgere le prove e in seguito correre dietro la minaccia di far sequestrare i mezzi dalla Guardia Civil. Un vero e proprio ricatto a cui decise di non sottoporsi il campione del mondo uscente Emerson Fittipaldi e che portò a una gara contraddistinta dai ritiri dei ferraristi Niki Lauda e Clay Regazzoni, dal primo punto conquistato da Lella Lombardi (prima e unica donna a riuscire nell’impresa), ma soprattutto dal terribile incidente che coinvolse Stommelen.
Al comando della competizione con la sua Hill-Ford Cosworth, l’atleta teutonico fu costretto a dir addio ai propri sogni di gloria a causa del cedimento dell’alettone posteriore facendo così sbattere la vettura contro le barriere laterali e successivamente riportandola in pista prima di schiantarsi sul lato opposto. Il secondo impatto con le protezioni presenti a bordo pista fece impennare il mezzo finendo così sul pubblico presente uccidendo quattro persone (lo spettatore Andres Ruiz Villanova, i giornalisti Mario de Roia e Antonio Font Bayarri e il commissario antincendio, Joakuin Morera) e ferendone sei tra cui Stommelen, costretto a far i conti con un serio infortunio alle gambe. Lo schianto del tedesco coinvolse anche Carlos Pace che, trovandosi all’inseguimento, fu costretto ad evitare il collega finendo così a sua volta colpito da un incidente.
La tragedia di Stommelen fece riflettere l’intero mondo della Formula 1 su quelli che potevano esser i pericoli nascosti dietro i circuiti cittadini, puntando così immediatamente il dito verso Monaco e il suo storico tracciato che venne prontamente messo sotto accusa. Un processo che mise in allerta gli uomini del Principato tanto che si iniziò a valutare seriamente di trasferire il gran premio lontano dai confini patrii e in particolare a Camporosso, piccolo borgo di circa cinquemila anime. Situata nell’Entroterra Ligure, la cittadina venne infatti scelta per ospitare il nuovo “Autodromo dei Fiori” che avrebbe dovuto sorgere su un altopiano privo di alberi a ridosso del Monte Fontana e aver un’estensione di circa un milione e quattrocentomila metri quadrati. La pista, lunga circa 4068 metri e larga dodici, si sarebbe quindi sviluppata su un’altitudine fra i 350 e 420 metri sul livello del mare regalando così ai piloti un percorso particolarmente tortuoso simile a quello affacciato sulla Riviera di Ponente.
La scelta ottenne subito il benestare della Commissione Sportiva Automobilistica Italiana (CSAI) così come del delegato allo Sport del Principato di Monaco, pronto a finanziare il progetto che avrebbe avuto risvolti favorevoli come fatto notare su “La Stampa” da Giorgio Vico, presidente della Società autodromo internazionale di Camporosso: “Abbiamo scelto questa località perché le condizioni climatiche consentono l’agibilità della pista tutto l’anno”. Il piano sarebbe dovuto esser completato entro tre anni, tuttavia la situazione apparve subito complicata a causa delle difficoltà burocratiche legate alla posizione del circuito, collocato all’interno di un parco naturale. Le modifiche apportate al circuito di Montecarlo spostarono gradualmente la realizzazione dell’“Autodromo dei Fiori” che gradualmente passò in secondo piano prima di esser definitivamente dimenticato dal grande pubblico. Questa scelta consentì di conservare uno dei gran premi più longevi della Formula 1 e regalare imprese leggendarie come quelle compiute da Ayrton Senna nel 1984 e Olivier Panis nel 1996.
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