L’immagine che ricorderemo per sempre di questa Coppa Italia vinta dalla GeVi Napoli è Jacob Pullen con le braccia aperte per celebrare la tripla del controsorpasso, a 13″ dal termine della finale contro Milano, per rispondere al canestro del vantaggio Olimpia firmato da Shavon Shields qualche secondo prima. Il giocatore più forte in senso assoluto è probabilmente Tyler Ennis, che dopo una carriera decennale tra NBA e Turchia si è riscoperto regista illuminato della squadra di Miličić. Le scariche elettriche vengono dalle fiammate di Markel Brown e dalla verticalità di Tariq Owens, i leader emotivi sono Tomislav Zubčić e il capitano Giovanni De Nicolao. L’MVP della Final Eight è stato però Michał Sokołowski, che mai come nelle tre gare di Torino è stato eccellente nel non eccellere in nulla, ma nel fare tutto benissimo.
I meriti del polacco classe 1992 vanno oltre la tripla del pareggio a pochi secondi dalla fine della semifinale contro Reggio Emilia o alla difesa su Shields in finale, e anche alle medie che parlano di 13.3 punti, 7.3 rimbalzi e 3.3 assist in 37 minuti di impiego sulle tre partite. L’importanza capitale di Sokołowski affonda le sue radici in estate, quando coach Igor Miličić lo ha scelto nuovamente come suo prolungamento in campo nella costruzione della nuova Napoli, ripartita da zero in campo e in panchina, dopo due salvezze faticose nelle prime due stagioni dal ritorno in Serie A.
Embed from Getty ImagesUna squadra totalmente nuova ma costruita con ambizioni di playoff, con talento ed entusiasmo della piazza, aveva bisogno di un connettore, che conoscesse bene il messaggio dell’allenatore croato con cittadinanza polacca, a sua volta alla prima esperienza italiana. Miličić e Sokołowski avevano già condiviso un anno a Włocławek, vincendo proprio la coppa nazionale (2019-20), e qualche mese al Beşiktaş lo scorso anno, ma è con la nazionale polacca che hanno vissuto le migliori esperienze, inclusa un’impresa forse ancor più memorabile del trofeo conquistato a Torino.
Eurobasket 2022: scacco al re
Dopo diverse esperienze anche da giocatore, Miličić si è affermato come head coach nel campionato polacco, vincendo tre campionati e due coppe nazionali tra Włocławek e Stal Ostrów, facendo esperienza anche in Basketball Champions League. Dei risultati che nel 2021 gli valgono la chiamata della federazione per diventare il capo allenatore della nazionale polacca. L’Eurobasket dell’anno successivo è il suo primo grande torneo alla guida di un gruppo che rispecchia un movimento in crescita, reduce dalla mancata qualificazione per il torneo olimpico di Tokyo, ma anche dall’ottavo posto al mondiale 2019.
Le stelle di quella Polonia sono Mateusz Ponitka, che veniva da tre stagioni in Eurolega con lo Zenit San Pietroburgo (oggi è al Partizan Belgrado), il naturalizzato AJ Slaughter, point guard di Gran Canaria, e un giovane Olek Balcerkowski in rampa di lancio, rising star dell’Eurocup dell’anno precedente sempre con Gran Canaria.
Completano il quintetto il veterano Cel e Sokołowski, a cui Miličić ha affidato il ruolo di equilibratore nello spot di ala piccola, in una squadra fortemente sbilanciata sugli esterni in termini di scoring. La Polonia supera il girone da terza alle spalle di Serbia e Finlandia, elimina l’Ucraina agli ottavi e il 14 settembre a Berlino si trova davanti la Slovenia campione in carica per accedere alle semifinali. Il favore del pronostico è tutto dalla parte di Luka Dončić e compagni, specialmente perché la stella dei Dallas Mavericks sta viaggiando sopra i 35 punti di media, tra cui spiccano i 47 contro la Francia nel girone.
La Polonia parte subito fortissimo con 58 punti nel primo tempo con percentuali di tiro insostenibili, e vola sul +19 all’intervallo. Le scelte difensive iper-aggressive di Miličić mettono in crisi un Dončić in serata no, che si autoesclude per falli a qualche minuto dalla fine. Un terzo quarto da 24-6 riapre completamente la partita, ma i canestri di Slaughter e Ponitka negli ultimi minuti permettono alla Polonia di resistere fino all’87-90 che vale la semifinale, la prima dal 1971.
Oltre a Ponitka, autore di una storica tripla doppia da 26 punti, 16 rimbalzi e 10 assist, l’altro insostituibile è proprio Sokołowski, che rimane in campo 35 minuti e chiude con 16 punti, 5 rimbalzi e un enorme contributo difensivo. “Non possiamo fermarci, dobbiamo continuare a lottare e a sacrificarci l’uno per l’altro in campo, come una famiglia. Sognavo una medaglia fin dall’inizio, ora è più vicina e vogliamo raggiungerlo.” La corsa si interrompe in semifinale contro la Francia, per poi perdere la finale per il bronzo contro la Germania, ma l’impresa dei Biało-czerwoni rimane tra gli instant classic del torneo.
Embed from Getty ImagesFinal Eight 2024: “Vedi Napoli e poi fuori“
A quell’Europeo Sokołowski arrivava dopo la seconda delle sue tre stagioni in LBA con Treviso, dove era diventato uno dei pochi punti fermi di una squadra che aveva cambiato guida tecnica ad aprile, salvandosi in extremis. Nella stagione successiva, in cui tutta la squadra fatica, il suo rendimento cala vistosamente, forse anche per il mancato approdo al Beşiktaş di Miličić dopo l’europeo, che avverrà solo verso fine stagione. Dopo i pochi mesi in Turchia, i due si ritrovano nel nuovo progetto di Napoli, che ben presto si rivela uno dei più interessanti di tutta la LBA. Una squadra capace di inanellare due strisce di quattro vittorie di fila nella prima metà di stagione, ma che arrivava un po’ in calo e a fari spenti all’appuntamento di Torino.
Il resto è storia recentissima, e sono tre partite secche preparate alla perfezione dal coach croato e interpretate ancora meglio dai suoi. Contro Brescia ai quarti di finale cambia il quintetto, inserendo Dut Mabor e De Nicolao per Owens e Zubčić, per scombinare il piano partita di Magro e scavare il solco che difenderà fino alla fine. In semifinale contro Reggio Emilia, emerge il lato più emotivo della guida tecnica di Miličić e dell’anima del gruppo, che riprende una partita già persa negli ultimi cinque minuti e poi nell’overtime, con la tripla di Sokołowski ad allungare la partita a 17″ dalla sirena.
La finale contro l’Olimpia Milano è solo il culmine di una settimana vissuta giocando la pallacanestro di chi vuole vincere da underdog nel 2024: senza esitare prima di tirare, anche con soluzioni in uno contro uno apparentemente fuori contesto, avendo senza dubbio il personale per farlo (citofonare Pullen), giocando sulle debolezze degli avversari, come la difesa di Napier in uno contro uno, con scelte difensive estreme e frequenti cambi di quintetto per adattarsi a differenti situazioni nei momenti decisivi.
Le ultime vincitrici a sorpresa della manifestazione più affascinante e imprevedibile del nostro basket hanno avuto come MVP il loro principale terminale offensivo, da Vander Blue o Drew Crawford con Torino 2018 e Cremona nel 2019, Austin Daye con Venezia l’anno successivo e Amedeo Della Valle per Brescia lo scorso anno. Nonostante il game winner di Pullen impresso nella mente e i numeri di Ennis, il simbolo della vittoria di Napoli è il suo allenatore in campo.
La copertina questa volta non è per il più forte o il più appariscente, ma per il più necessario, che sta in campo più di tutti e più di tutti fa funzionare l’ingranaggio, trasferendo in campo il pensiero del suo allenatore. “Cosa volete che vi dica? Gioca 150 minuti a partita, è una macchina, un robot.” Niente riassume meglio il legame speciale che si è instaurato tra i due come la risposta data dal coach croato nella conferenza stampa dopo la semifinale contro Reggio Emilia. A due anni di distanza, da Eurobasket alla Coppa Italia, fermando prima Dončić e poi Shields, Miličić e Sokołowski lo hanno fatto ancora.
Embed from Getty ImagesImmagine in evidenza: © SpazioNapoli.it
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