Il rumore del ghiaccio scalfito dalle lame della slitta ha rappresentato per anni quasi una “ninna nanna” per Mattia Gaspari. Il 29enne di Cortina d’Ampezzo è cresciuto sentendo gli atleti gettarsi lungo la “Eugenio Monti” e lì si è gradualmente innamorato dello skeleton, sport di cui ha scritto un pezzo di storia centrando con Valentina Margaglio la prima medaglia a un Mondiale.
Terzo nel team mixed andata in scena ad Altenberg 2020, il portacolori delle Fiamme Azzurre ha dovuto far i conti con un grave infortunio che ha rischiato di spezzargli la carriera ritrovando però le giuste sensazioni grazie all’aiuto di tecnici e colleghi.
Gaspari si prepara ad affrontare una stagione particolarmente complicata complice la presenza di alcune novità tecniche, in attesa di veder completato il Cortina Sliding Center e potersi così preparare in vista delle Olimpiadi 2026.
Mattia Gaspari, come sta andando la preparazione estiva?
Per ora sta andando abbastanza bene. Stiamo entrando in blocco abbastanza intenso sia di volume che di ritmo per cui, come ogni anno, sarà un settembre un po’ critico. Alla fine si vede quanto fatto nei mesi precedenti e il tutto culminerà con i Campionati Italiani Estivi di spinta. Non sono il favorito visto che il tartan non è proprio il mio terreno preferito, però iniziamo a guardare a quelli e poi ci avvicineremo al ghiaccio.
Come si sviluppa rispetto alla preparazione invernale che vi vede allenarvi sul ghiaccio?
La preparazione estiva dura parecchio perché parte a metà aprile e si conclude a metà ottobre. Quella invernale è invece molto più corta visto che si conclude a ridosso delle prime gare, attorno a inizio dicembre. Durante la stagione cerchiamo di mantenere la condizione e trovare il picco in vista dei Mondiali per cui, in realtà, il lavoro più grosso si fa d’estate. D’inverno stai in pista molte ore, devi lavorare sul mezzo per cui hai molto meno tempo da dedicare all’allenamento.
Abbiamo visto che a Cortina ti sei costruito un “pistino” in legno. Come sei riuscito a realizzare questa infrastruttura?
In realtà è stato realizzato dal Bob Club Cortina che lo costruì nel 2004 e negli anni ha sempre aggiunto dei pezzi, ultimo fra i quali questa copertura che ci serve moltissimo e che ci consente sia di aver un cronometraggio fisso, sia un ricovero per i mezzi così da poter spingere senza prendere la pioggia.
Lo skeleton come il bob sono due discipline storiche a Cortina d’Ampezzo dove si disputeranno le Olimpiadi 2026. Quanto ha aiutato l’aver una pista vicino nell’intraprendere questa carriera?
Quando ho iniziato la pista era già chiusa da qualche anno, però da me si è sempre masticato il mondo del budello. La sera, quando ero bambino, facevo fatica a dormire perché sentivo il megafono annunciare gli atleti che scendevano. Ho iniziato tramite la scuola grazie a un progetto dedicato allo skeleton e da lì mi sono innamorato.
A proposito di Olimpiadi, vivendo tu a Cortina ci sai dare qualche aggiornamento in merito alla situazione dello Sliding Center?
Non conosco tutte le pratiche burocratiche nello specifico, però, prima si inizia con i lavori, meglio è. I tempi stringono, ma per le Olimpiadi 2026 c’è tempo. Per il test event e l’omologazione prevista a fine 2024 è più complesso. Prima la pista è pronta, più abbiamo la possibilità di sfruttarla al meglio.
Attualmente qual è lo stato dell’impianto?
La pista è demolita del tutto tranne alcuni pezzi tenuti come reperto storico. C’è quindi essenzialmente il terreno per costruire la nuova struttura. A fine agosto dovrebbe esserci la contrattazione con le aziende e speriamo quindi in bene.
Quanto aiuta potersi allenare su una pista casalinga prima di affrontare un appuntamento così importante?
Moltissimo. Basterebbe prendere come esempio la Cina che, con il Coronavirus, è stata per certi versi favorita. In genere si hanno diritto di fare massimo cinquanta giri prima delle Olimpiadi, ma loro, avendo la pista in casa, ne hanno potuti fare almeno mille. Così facendo conosci ogni centimetro del tracciato ed è un vantaggio enorme. Da quando lo skeleton è stato reintrodotto nel programma olimpico nel 2002, l’atleta di casa ha spesso e volentieri portato a casa una medaglia.
A Pechino hai avuto l’occasione di prendere parte alla tua prima Olimpiade. Com’è stata questa esperienza?
Senza dubbio molto bella perché sognavo di partecipare anche a quelle precedenti, in particolare a Pyoengchang 2018 quando, a una settimana dall’inizio della stagione, mi sono rotto il tendine d’Achille e ho dovuto seguirle a casa con le stampelle. Quest’Olimpiade l’ho quindi sognata da tanto tempo, anche se è stata inficiata dalla presenza del Covid che imponeva distanziamento e l’impossibilità di muoversi liberamente, nonostante ciò l’atmosfera a cinque cerchi è qualcosa di unico. Lì abbiamo vissuto a stretto contatto con atleti provenienti da altri sport come lo sci alpino e quindi è stato interessante sotto ogni punto di vista.
Tornando al passato, nel 2017 hai dovuto far i conti con questo brutto infortunio che ti ha messo fuori gioco per due stagioni. Come sei riuscito a riprenderti?
Ho avuto la fortuna di avere persone che hanno creduto in me e pensavano che ce la potessi fare perché i medici, dopo che sono tornato ad alti livelli, mi hanno comunicato che la percentuale di riuscita di questo recupero era meno del 10 %. Posso esser fortunato di esser tornato a queste condizioni e il merito è di chi mi ha supportato e sopportato nei periodi più bui.
A proposito di piste, qual è la preferita di Mattia Gaspari e nel caso perché?
La Plagne, anche se ci sono andato poco. Ogni pista ha la sua peculiarità per cui la maggior parte comunque mi piacciono. Un po’ meno forse Sankt Moritz di cui apprezzo il contesto, la costruzione, ma il tracciato ritengo che sia per certi versi troppo semplice. La Plagne ha invece un insieme di elementi totalmente diversi dagli altri. Hai delle sezioni molto tecniche, molto veloci, dove hai molta pressione, altre dove vai molto lento e quindi è un mix di tutto.
Il risultato più importante che sei riuscito ad ottenere è sicuramente la medaglia di bronzo ai Mondiali di Altenberg nel 2020 in coppia con Valentina Margaglio. Ci racconti questa tua esperienza?
Quella gara è stata eccezionale. Io partivo un po’ sconfitto dall’individuale perché avevo fatto fatica a trovare il set up giusto complice anche le condizioni climatiche. Anche Valentina non era soddisfatta dalla gara precedente, però direi che ci siamo ripresi molto bene visto che ho fatto una delle manche migliori di sempre. Tornando da due anni di stop, probabilmente mi ha fatto capire che potevo giocarmela ancora con i più forti.
Qual è il rapporto fra Mattia Gaspari e Valentina Margaglio?
Abbiamo due caratteri molto diversi, anche se ci conosciamo ormai da molti anni visto che ci troviamo ad affrontare l’inverno assieme in una pseudo “convivenza”. Abbiamo la stessa età e gli stessi gusti, quindi spesso andiamo in giro a fare “merende” assieme. Ci confrontiamo comunque spesso sia dentro che fuori dal campo e abbiamo quindi un buon rapporto.
Guardando al futuro, quali sono gli obiettivi per la prossima stagione?
Ci sono stati alcuni cambi di regolamento per cui volevo provare delle nuove soluzioni che il mio allenatore sta pensando e costruendo. L’obiettivo è trovare una dimensione corretta di quello che è il set up della slitta. Inoltre vi saranno i Mondiali di Wintenberg che per me rappresenta un po’ la mia bestia nera visto che lì ho fatto il mio esordio, ho fatto il mio primo Mondiale assoluto, ho colto la mia prima medaglia iridata juniores, lì mi sono rotto il tendine d’Achille e sono rientrato dopo l’infortunio. Speriamo quindi di chiudere bene il cerchio.
Ultima domanda: come ti vedrai a Milano-Cortina 2026 davanti al tuo pubblico?
Sono un po’ scaramantico su ciò, però mi vedo sul podio. Quale sia il gradino ad ora non lo so, ma speriamo di scoprirlo a breve.
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