I più nostalgici e fieri tifosi del tricolore, a distanza di quasi 13 anni, avranno ancora nella mente la fantastica notte di Berlino 2006: pianti di gioia, caroselli per le vie italiane, bandiere sventolate al vento, tutti uniti sotto gli stessi colori cantando a squarciagola il nostro inno.
Da li in poi, purtroppo, il buio o quasi : escludendo l’Europeo in Polonia e Ucraina del 2012 e quello in Francia del 2016, le spedizioni azzurre nelle massime competizioni continentali e mondiali sono state veri e propri fallimenti. Nel 2012 con grande forza siamo arrivati fino alla finale di Kiev inchinandoci alla migliore Spagna di sempre, nell’Europeo transalpino invece sono stati fatali i calci di rigore ai quarti di finale contro la Germania. In quell’occasione, a renderci orgogliosi della nostra Nazionale, sono state la cattiveria agonistica e l’attaccamento alla maglia visti in campo, che nonostante una rosa non di primissimo ordine, ci hanno reso la mina vagante del torneo. Il momento più duro per la nostra Nazionale è stata però l’eliminazione al play-off mondiale contro la Svezia sotto la gestione Ventura, che non ci ha permesso di partecipare alla coppa del mondo in Russia.
Ebbene si, quel vortice impetuoso, quella marea di critiche piovute addosso all’intero sistema calcistico italiano dopo quella fatale notte di San Siro, ha fatto scattare la scintilla. Arrivati ad oggi infatti, qualcosa sembra essere definitivamente cambiato: non tanto dal punto di vista dei risultati – la Nations League non è stata esaltante -, ma dal punto di vista dell’atteggiamento e della voglia di credere nei giovani. Infatti fino a questo momento, molte squadre italiane credevano poco nei giovani dei nostri vivai, dando loro qualche chance solo in competizioni minori o nelle amichevoli. Tuttavia la tendenza sembra essere definitivamente cambiata: i nostri ragazzi calcano il rettangolo verde con più frequenza, risultando spesso decisivi e mostrando le loro grandi qualità tecniche. Non a caso, il nuovo CT Roberto Mancini, appena si è accomodato sulla panchina della Nazionale, aveva annunciato una rivoluzione che partisse proprio dall’inserimento dei giovani. Infatti è stato il tecnico jesino a credere fin da subito in Nicolò Zaniolo, lanciandolo in Nazionale maggiore nonostante il giovane centrocampista della Roma non avesse ancora esordito in maglia giallorossa. Da lì in poi, l’ex primavera dell’Inter è diventato un punto fermo della formazioni di Di Francesco prima e Ranieri poi. Stesso discorso vale per altri ragazzi promossi a pieno regime da Mancini in maglia azzurra, come Barella, Chiesa, Bernardeschi o ultimo in ordine cronologico Moise Kean, già decisivo contro la Finlandia lo scorso sabato. Il gioiellino di proprietà della Juventus, nonostante nel suo club sia chiuso da ‘mostri‘ come Cristiano Ronaldo e Mario Mandzukic, durante le poche chance avute, si è fatto trovare pronto da Massimiliano Allegri con buone prestazioni. Ciò ha convinto anche il commissario tecnico della Nazionale a testarlo sul campo per il doppio impegno di qualificazione all’europeo itinerante del prossimo anno. Nonostante sia stato schierato come esterno d’attacco, il classe ‘2000 ha fornito una grande prestazione culminata con il gol del definitivo 2-0 contro i finlandesi, il che lo ha reso il primo millennial a trovare la via della rete con la maglia della Nazionale. Mancini durante la sfida di apertura del gruppo J ha avuto buone risposte da tutti gli altri giovani impiegati : mix di esperienza e gioventù che non può che far bene alla Nazionale in vista dei prossimi match di qualificazione, a partire dall’impegno – sulla carta agevole -, di domani sera allo stadio Ennio Tardini di Parma contro il Liechtenstein, dove molto probabilmente il tecnico varerà un massiccio turnover.
Continuando su questa via e portando avanti questa rinascita calcistica ,sicuramente potremo toglierci delle grosse soddisfazioni anche nell’immediato futuro a Euro 2020, con un occhio all’orizzonte, direzione Qatar, a quel Mondiale 2022 a cui non vogliamo assolutamente mancare e recitare un ruolo da protagonisti.
L’Italia chiamò.
Michele di Vincenzo
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