Il “Tasso” e lo “Sceriffo”, ancora una volta l’uno contro l’altro come già accaduto nel 1980 e nel 1982, ancora una volta decisi a sfidarsi contro il tempo che inesorabile fugge via e decide il destino delle corse così come quello dei corridori. A differenza delle precedenti edizioni vinte dal francese, Bernard Hinault è apparso più volte battibile e la lunga cronometro che conduce da Lido di Camaiore a Lucca potrebbe ribaltare le sorti del Giro d’Italia 1985 a favore di Francesco Moser, a segno un anno prima.
Si arriva in Versilia dopo una Corsa Rosa estenuante, lunga ventidue tappe più il prologo vinto proprio dall’uomo della Gis-Trentino che era andato subito in rosa, ma che aveva poi dovuto rincorrere il primato durante tutte le tre settimane inseguendo prima l’acerrimo nemico Giuseppe Saronni, al comando per due giorni dopo la cronosquadre di Milano, e poi il giovane rampante Roberto Visentini, scaltro in salita e costretto a inchinarsi a “Sua Maestà” Bernard soltanto nella crono di Maddaloni.
Perchè se il tempo era stato un fedele alleato di Moser nel 1984, lo stesso si rivela decisivo l’anno successivo con Hinault che non brilla particolarmente in montagna su un percorso livellato a favore del campione trentino, ma che amministra la sua “discesa in Italia” nel migliore dei modi pungendo proprio in terra casertana vincendo la sfida all’orologio proprio davanti a Moser, lontano 53 secondi.
Il fuoriclasse transalpino non strabilia, eppure non si spaventa né sul Gran San Bernardo nella tappa vinta dal rivale di Palù di Giovo, neppure al Gran Paradiso dove Marino Lejarreta lo stacca e uno sconosciuto americano dal nome Andrew Hampsten si invola verso il traguardo.
A Lido di Camaiore ci si presenta quindi con la classifica che recita Hinault al comando con 1’15” su Moser e un’impresa che non appare impossibile per l’azzurro, già autore 365 giorni prima di una cavalcata vincente a Verona che gli aveva permesso di rosicchiare oltre due minuti al francese Laurent Fignon. I tifosi ci credono e quel pomeriggio del 9 giugno 1985 assiepano Piazza Napoleone a Lucca dove è posto l’arrivo finale dopo 48 chilometri da affrontare in solitaria contro il tempo, lo spazio necessario per consentire a Moser di risistemare le cose. Eppure il “Tasso” non è il “Professore” e tutto ciò lo si percepisce già all’arrivo del vincitore uscente, in grado di realizzare il miglior parziale in 59’57” e illuminare gli occhi dei lucchesi presenti.
Servirebbe un miracolo per alzare per la seconda volta il trofeo, per giunta a quasi 34 anni, ma questa volta il tempo non è galantuomo per il trentino che vede arrivare sotto lo striscione d’arrivo Hinault con il crono di 1h00”04, lontano soltanto sette secondi. Vittoria di tappa a Moser, Giro a Hinault per la terza e ultima volta in carriera. E’ la resa dei conti, la fine di un duello che aveva infiammato gli Anni ’80 e che spesso aveva subissato di critiche il bretone, reo di esser sceso nella Penisola con l’obiettivo di rovinare la festa agli italiani.
Sembrerebbe l’epilogo di un’era da festeggiare con i sacri crismi, dall’immancabile doccia di Prosecco sulla folla alle dediche del vincitore rivolte ai propri famigliari e ai compagni di squadra. D’improvviso però Piazza Napoleone si infiamma, il pubblico deluso non applaude il primo classificato, ma lo accompagna con una bordata di fischi non appena mette piede sul palco rialzato.
E’ la fine della “liaison” fra Lucca e il Giro d’Italia, ma soprattutto fra la città toscana e il patron Vincenzo Torriani che, ponendo una spalla sulla maglia rosa, prese il microfono e si rivolse con voce roca verso i tifosi: “Dovete essere sportivi ed applaudire il vincitore !”. Un appello inutile, inascoltato, che portò il patron della corsa a lasciarsi scappare a mezza voce la seguente frase: “Qui il Giro non lo vedono più !”. Un sentenza lapidaria che segnerà la conclusione di un’epoca d’oro e aprirà un periodo di interregno verso i discussi Anni ’90.
Comments