Trieste è una terra piena di passioni e contraddizioni. Mentre le alture calcaree del Carso si immergono nelle acque gelide dell’Adriatico, la Bora spira infatti silenziosa fra i vicoli della città mischiando i versi di Umberto Saba a quelli di James Joyce e Aron Hector Schmitz, al secolo Italo Svevo. Un vento tanto freddo quanto amaro, che porta ancora con sé gli echi di quegli spari che hanno messo per oltre un secolo l’uno contro l’altro italiani e slavi in una battaglia senza fine sfociata rigorosamente nel mondo dello sport.
In questo contesto bellicoso si inserisce la storia dell’Amatori Ponziana, formazione nata nel 1912 dalla passione di numerosi operai che abitavano il Rione San Giacomo, divenuto famoso qualche anno dopo per le proteste di piazza che infiammeranno la città di San Giusto. Fra quei palazzi si iniziava già infatti a respirare l’aria del socialismo accompagnato dal forte attaccamento della comunità slovena, posta sempre più al centro dell’attenzione da parte dei nazionalisti che vedevano i membri di quest’ultima come un pericolo per il Bel Paese.
Le fusioni e l’ingerenza del Fascismo
La maglia bianco-celeste divenne quindi presto al centro di un vero e proprio conflitto politico che nel 1918 costrinse a fondersi con il Foot-Ball Club Trieste per dare vita all’Unione Sportiva Triestina. Se è vero che i rosso-alabardati fecero la storia del calcio italiano, i “ponzoniani” fecero altrettanto rifondando la squadra due anni dopo e vivendo probabilmente i momenti più alti della sua esistenza raggiungendo nel 1927 la I Divisione, l’equivalente della Serie B dell’epoca. Quando tutto sembrava andar per il verso giusto, ci mise ancora una volta lo zampino la politica, in particolare il regime fascista che impose la riorganizzazione dei campionati e l’accorpamento delle società sportive meno inclini al governo guidato da Benito Mussolini. Il Ponziana fu infatti costretto ad unirsi con l’Associazione Sportiva Edera, neo-vincitrice del titolo di II Divisione, ponendo così le basi per la nascita dell’ASPE (Associazione Sportiva Ponziana Edera) contraddistinta dalla maglia bianca cerchiata di nero, rosso e azzurro sormontati dalla Torre di Trieste e dal nastrino tricolore posto sul braccio a ricordare il titolo di Seconda Divisione appena conquistato dall’Edera.
Nonostante la contrarietà di alcuni dirigenti che preferirono lasciare la FIGC e affiliarsi all’Unione Libera Italiana del Calcio (U.I.L.C.) con la “Ponzianini Erranti”, la formazione giuliana ritrovò la propria identità pochi anni dopo riprendendo il nome originale nel 1931 e vivendo alcune buone stagioni nel terzo livello del calcio italiano. Sulla propria strada la Ponziana iniziò a incontrare formazioni interessate dalle crescenti tensioni presenti sulle due sponde dell’Adriatico, fra le quali le istriane Fiumana e Grion Pola, costrette a lasciare il campionato tricolore al termine della Seconda Guerra Mondiale.
L’adesione al campionato jugoslavo e la salvezza “politica”
L’invasione italiana ai danni della Slovenia, l’8 settembre e il dominio nazista cambiarono letteralmente i connotati di un territorio già diviso, improvvisamente costretto a far i conti con l’avanzata jugoslava guidata dal Maresciallo Tito e il pericolo di abbandonare per sempre le coste tanto care a Dante Alighieri e Giuseppe Mazzini. La decisione da parte delle forze alleate di rinviare il destino della Venezia Giulia e Trieste alla Conferenza di Pace lasciò nell’oblio Trieste e i triestini, inseriti nella Zona A gestita dal Governo Militare Alleato (G.M.A.), ma pur sempre in balia delle mire espansionistiche di Belgrado. Questa situazione infiammò gli animi del Rione San Giacomo dove esplosero numerose manifestazioni contro le forze americane e inglesi, ponendo a ferro e fuoco la città per diversi giorni all’inizio del luglio 1946.
In quel contesto particolarmente complesso rientrò anche la vicenda del Circolo Sportivo Ponziana, nuova denominazione del club del presidente Caligaris, inserito nel girone A del campionato di Serie C 1945-46 e riconfermato anche nella stagione successiva nonostante la richiesta di iscrizione in Serie B. Questo diniego espresso dalla federazione aprì una vera e propria faglia all’interno dei soci della società triestina, alcuni decisi a lasciare l’Italia per approdare fra le braccia di Tito e altri a mantenere la categoria di riferimento raggiunta a livello tricolore. Nel corso dell’assemblea del 29 ottobre 1946 si trovò quindi un compromesso che prevedeva sì l’iscrizione della squadra alla terza serie italiana, ma al tempo stesso la fondazione dell’Amatori Ponziana, iscritta alla Prva Liga jugoslava e contrapposta alla Triestina, finanziata dagli alleati.
Complice i problemi di ordine pubblico che si sarebbero potuti scatenare nel caso le partite si fossero svolte a Trieste, i bianco-azzurri furono costretti a giocare i match casalinghi su campo neutro registrando una stagione abbastanza incolore contraddistinto da qualche guizzo come il più quotato Hajduk Spalato, sconfitto di misura il 22 dicembre 1946 come raccontato da “Il Giornale Alleato”, quotidiano della città di San Giusto chiamato a sostituire “Il Piccolo” dopo l’epurazione post-fascista.
“Quattromila spettatori circa hanno assistito alla gara Amatori Ponziana – Hajduk Spalato svoltasi allo stadio Stadio di San Sabba. La partita, valevole agli effetti del massimo campionato jugoslavo, si è conclusa con la meritata vittoria della squadra ponzianina che, portatasi in vantaggio al 3° di giuoco con un goal segnato dal Stivoli su fase di calcio d’angolo, ne difendeva poi il successo fino alla fine, neutralizzando con molta bravura i continui e serrati attacchi dell’avversaria, tendenti a mettere in carreggiata la partita. Il portiere Parola, il terzino Caproni e il centro sostegno Giannini, sono stati i migliori della squadra ponzianina, mentre nelle file dell’Hajduk si sono fatti vivamente ammirare i terzini Kokeza e Broveta, nonché l’attaccante Matosich. Nel corso della gara si sono avuti sette calci d’angolo, di cui 5 contro il Ponziana e 2 contro l’Hajduk”.
In quella competizione che vedeva ai blocchi di partenza le migliori formazioni provenienti dalle sette regioni jugoslave, l’Amatori Ponziana non andò oltre l’undicesima posizione con ventuno punti complessivi, un risultato che avrebbe tecnicamente significato la retrocessione diretta complice l’intenzione di ridurre l’anno successivo il campionato a dieci squadre. Per una questione prettamente politica l’undici giuliano venne quindi ripescato d’ufficio a scapito dei montenegrini del Budućnost aprendo a un vero e proprio precedente sfruttato abilmente nel Bel Paese dai rivali della Triestina.
La seconda stagione e lo “scandalo” di Belgrado
Complice l’aiuto del governo di Belgrado e una maggior programmazione da parte dei dirigenti, la stagione successiva i giocatori ebbero modo di sfruttare mezzi di trasporto più adeguati rispetto ai vetusti treni muovendosi lungo la Jugoslavia con tutti i comfort del caso e sfoderando prestazioni di tutto rispetto come la nuova impresa ai danni dell’Hajduk Spalato e l’incredibile successo al Comunale con la Stella Rossa ottenuto alla quattordicesima giornata grazie al gol al 90o di Colombin.
Nonostante il settimo posto finale e una salvezza questa volta conquistata sul campo, in quell’edizione della Prva Liga non mancarono episodi spiacevoli come quanto avvenuto durante la sfida con i campioni uscenti del Partizan Belgrado persa per 5-0. A seguito della concessione di un rigore dubbio, per protesta il portiere Parola preferì porgere le terga al capitano avversario Zlatko Cjajkowski. Questo in tutta risposta apostrofò il numero uno triestino come “svinja fascisticka” (porco fascista), sputando addosso a Ettore Valcareggi, fratello del C.T. della Nazionale, e protagonista di una rissa scatenatasi poco dopo che costò a entrambe due mesi di squalifica.
Il 1948 e la fine di una favola
La favola dell’Amatori Ponziana si interruppe tuttavia velocemente complice la rottura fra Tito e Stalin avvenuta nel corso del 1948, l’espulsione della Jugoslavia dal Cominform e l’apertura alla celebre “terza via” che spinse Josip Broz a trattare con le potenze occidentali. Il venir meno di questa situazione internazionale non consentì all’undici giuliano di scampare dalla retrocessione dopo aver chiuso l’annata 1948-49 all’ultimo posto e puntando così sulla decisione di ricongiungersi con il Circolo Sportivo Ponziana.
Con il ritorno alle origini e la squalifica di sei mesi inflitta dalla FIGC ai giocatori che avevano preso parte alla Prva Liga si concluse un sogno che era partito da quella terra dove le parole di Saba e Joyce si incrociano per gli stretti vicoli affacciati sull’Adriatico dove ancora oggi si depositano i ricordi di quelle sfide con il calcio europeo che conta.
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