Tutti abbiamo un sogno nel cuore, chi costruirsi un chiringuito in Costa Rica, chi metter su famiglia con la persona amata. Ci sono sogni che si possono tuttavia condividere con più persone e uno di questi probabilmente è vedere Domenico Pozzovivo compiere l’ultima grande impresa della carriera e vincere la quarta tappa del Giro d’Italia 2023.
Un trionfo che rappresenterebbe l’epilogo per la storia di un atleta tanto generoso quanto sfortunato e con il cruccio di non esser mai riuscito a salire sul podio di un Grande Giro, nonostante i colpi di classe mostrati sulle strade della Corsa Rosa.
Siccome sognare non costa nulla, tanto vale fare un salto indietro nel tempo di undici anni e posizionarsi a Lago Laceno, un piccolo bacino posto nel comune di Bagnoli Irpino a 1050 metri sul livello del mare e divenuto celebre proprio per il ciclismo. Lì nel 1976 vinse il belga Roger De Vlaeminck, mattatore di quell’edizione vinta da Felice Gimondi. Tuttavia ciò che rese celebre quella zona fu il terribile terremoto che nel 1980 colpì l’intera Irpinia.
Il 23 novembre di quell’anno la terra tremò con una scossa di 6.9 della Scala Richter causando 2914 morti e 8848 feriti a cui si aggiunsero 2800000 sfollati e la distruzione di diversi paesi, nonché la modifica di alcuni elementi del paesaggio naturale, fra i quali lo stesso lago che ridusse la propria portata a causa delle falle apertesi nel sottosuolo.
Per tornare a vedere Lago Laceno al centro delle vicende sportive fu necessario attendere il 1998 con uno scatenato Alex Zulle, in grado di conquistare tappe e maglia rosa, ma soprattutto di distanziare Marco Pantani, fra i primi a tentare l’allungo, ma costretto a inchinarsi all’ “occhialuto” elvetico. Sapendo perfettamente come finirà quell’edizione della corsa a tappe, è necessario fare un altro salto in avanti nel tempo per tornare sui passi di Domenico Pozzovivo.
E’ il 2012, si parte dalla Danimarca e tutti attendono la sfida fra Damiano Cunego e Ivan Basso a cui si aggiungono il vincitore uscente Michele Scarponi e il giovane ceco Roman Kreuziger. Tuttavia all’approdo in Italia, a farla da padrona a sorpresa, sono il canadese Ryder Hesjedal, al comando della classifica dopo l’ottima prestazione nella tappa di Rocca di Cambio, e lo spagnolo Joaquin Rodriguez Oliver, grande protagonista delle classiche delle Ardenne.
Ci si presenta quindi all’ottava tappa con arrivo a Lago Laceno, con i big pronti finalmente a scontrarsi e, in particolare, alcuni di loro decisi a recuperare il tempo perso nella cronosquadre di Verona. Tra questi ultimi ci sono anche Domenico Pozzovivo, deciso a far bene nei pressi della propria Basilicata.
Un’occasione imperdibile considerato il percorso che prevede passaggi su alcune salite storiche come Roccaraso, Piano delle Cinque Miglia, il valico del Macerone prima di dirigersi verso l’erta finale, 4,4 chilometri con 5,9 % di pendenza media e massima del 12 %. Pendenze non irresistibile, ma che a inizio Giro si possono fare sentire considerato in particolare la lunghezza della tappa, la seconda più lunga dell’intera edizione.
Come da copione nei primi primi chilometri sono i gregari a farla da padrona con il francese Julien Berard, lo spagnolo Miguel Mínguel, il costaricano Andrey Amador e il campione nazionale polacco Tomasz Marczyński che prendono il largo, controllati a vista dagli uomini della Garmin Barracuda di Hesjedal e dalla Liquigas di Ivan Basso. Rispettando alla perfezione il copione il tentativo si esaurisce a 18 chilometri dall’arrivo, poco prima di imboccare le ardue pendenze irpine dove a farne le spese rischia di esser proprio la maglia rosa.
Sotto i colpi dell’indomabile Sylwester Szmyd, Hesjedal vacilla, rischia di staccarsi e perdere così il simbolo del primato conquistato soltanto un giorno prima. Il canadese appare affaticato, si pone nelle ultime posizioni del gruppo, ma non molla e, con una tenacia che in molti devono ancora scoprire, si salva anche nei tratti più duri dove attacca Pozzovivo. Mancano poco più di due chilometri al gran premio della montagna quando il piccolo scalatore lucano trova pane per i suoi denti e lascia la compagnia involandosi verso il primo successo della carriera al Giro d’Italia.
Dietro di lui soltanto lo spagnolo Beñat Intxausti prova a contrastarlo, ma nulla può a fronte della leggerezza di Pozzovivo che, spinto dal tifo dei compagni di squadra, transita al traguardo volante con 28 secondi di vantaggio e si invola in solitaria verso il traguardo avellinese nonostante gli interminabili chilometri di discesa e pianura che lo separano fra lui e la gloria.
E’ probabilmente il giorno più bello della carriera per un corridore laureato in Economia Aziendale e con la passione per il meteo, un giorno che rimarrà nella sua storia personale e che lo consacra fra i grandi del ciclismo mondiale. Alle sue spalle Intxausti coglie la piazza d’onore, mentre Rodriguez regola il gruppo dei migliori lasciandosi alle spalle un sorprendente Thomas De Gendt, noto sinora per le sue fughe, ma destinato a diventare un protagonista di quel Giro.
Hesjedal si salva e giunge a 27 secondi dal vincitore insieme al resto dei migliori che rinviano l’appuntamento con la battaglia a un altro momento. Eppure di quel giorno ricorderemo la “spanna” sul casco di Pozzovivo e quell’esultanza che undici anni dopo ci auguriamo di rivedere.
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