Venerdì 18 maggio 1990.
Mancano tre settimane esatte dall’inizio di Italia ’90, ma a Firenze il cielo non è azzurro. È di un plumbeo mai visto prima. I tifosi della Viola sono sul piede di guerra. La cessione di Roberto Baggio, 23 anni, alla Juventus è una pillola troppo amara da indorare. “Una lunga telenovela” dall’epilogo già scritto, come più volte rimarcato, che vede i bianconeri versare 25 miliardi nelle casse gigliate in cambio del Raffaello con la 10 sulle spalle.
Baggio, nato a Caldogno, Vicenza, aveva iniziato la carriera nei berici, disputando tre campionati in serie C1 prima di andare a sciacquare i panni in Arno. Nel maggio 1985, appena passato ai gigliati, era stato vittima di un grave infortunio ai legamenti del ginocchio destro. Nella stagione appena terminata aveva segnato 17 gol ed era tra i più attesi all’imminente mondiale casalingo. Sin dalle ore precedenti, con l’affare ormai dato per concluso dalla stampa, la tensione sale vertiginosamente e vi sono i primi tafferugli. Un esponente della curva Fiesole, lo spicchio dello stadio Comunale occupato dagli ultras fiorentini, avverte:
“La cessione di Baggio alla Juve è l’infamia peggiore che potessero farci. Che cosa faremo? Di sicuro faremo qualcosa”.
La sede sociale, sinistramente collocata in piazza Savonarola, è assediata da più di un centinaio di persone. A sua protezione viene schierato un cordone di carabinieri e poliziotti. Nessuna pira, fortunatamente, in vista. La situazione precipita nel tardo pomeriggio: i Pontello – famiglia di imprenditori edili e proprietari del club dal 1980 – ufficializzando l’avvenuta vendita del giocatore dichiarano, in aggiunta, che non avrebbero lasciato la Fiorentina, come richiestogli dai tifosi; esplode così una guerriglia urbana in stile Anni di piombo. Parte una sassaiola. Le forze dell’ordine vengono investite da un diluvio di calcinacci, mattoni e bottiglie e rispondono a loro volta sparando candelotti lacrimogeni e caricando i facinorosi. Ci vuole un’ora e mezza affinché la situazione torni sotto controllo. Il bilancio degli scontri è di oltre trenta feriti e una quindicina di arresti.
Di fronte al misto di rabbia e frustrazione del tifo fiorentino, Il Divin Codino firma di suo pugno un messaggio pubblicato l’indomani mattina, in prima pagina, su “La Nazione”, voce del capoluogo toscano dal 1859, nel quale, dichiarandosi “addolorato” per l’accaduto, lancia “un appello ai tifosi fiorentini” di cui comprende, in ogni caso, “il disappunto”.
“Ma la strada della violenza” – continua Baggio – “non va assolutamente percorsa. Sono molto confuso in queste ore. Ho molti pensieri. Vorrei che non succedesse nulla per colpa mia. Un abbraccio a tutti. Mi mancherà molto lo spirito dei fiorentini”.
“La Nazione” prosegue ricordando come, già nel 1967, i sostenitori viola avessero conosciuto l’inferno per il trasferimento al Milan dell’attaccante di Stoccolma Kurt Hamrin, soprannominato “uccellino” (perché si involava verso il gol “come un falchetto”), nove stagioni in maglia gigliata. Allora, gli intellettuali locali avevano persino sottoscritto un manifesto per scongiurarne il passaggio in rossonero. Il primo firmatario? Il giornalista Indro Montanelli. Ora invece, l’intellighenzia cittadina si interroga sulle radici della sommossa per Roberto Baggio. Il rettore dell’ateneo cittadino, Franco Scaramuzzi, esprime sconcerto “perché” – spiega – “c’è evidentemente una manifestazione di valori alterati che non riusciamo più a comprendere”. Il docente di Storia contemporanea Giuseppe Mammarella dichiara di non interessarsi di “calcio” e di ritenere quindi che “i problemi di Firenze siano altri e ben più seri” della cessione di un giocatore, sia pure di elevata caratura, mentre il sociologo Luciano Cavalli diceva di capire, da un punto di vista “sentimentale”, quello che era successo:
“A quanto pare i tifosi sono molto attaccati a Baggio” per molti “un punto di identificazione, una ragione di orgoglio vanto anche di fronte ad altre città”.
Ma per lo scrittore e critico letterario Geno Pampaloni, in realtà l’ex fuoriclasse viola, “un giovane di valore”, era stato solo “un ospite di passaggio, un simbolo artificiale”, non avendo egli “fatto in tempo a divenire una reale insegna di fedeltà”.
Il suo rapporto con la squadra, la società e la città è stato, da molti punti di vista, occasionale, e ciò senza dubitare della sincerità del suo attaccamento. Per questo, il rapporto della tifoseria oltranzista con “il caso Baggio” è un rapporto drogato.
Sabato 6 aprile 1991. Ore 16:00. Stadio Comunale di Firenze.
È Fiorentina contro Juventus nell’anticipo della ventottesima giornata di serie A. I bianconeri di Maifredi arrivano alla sfida quarti in classifica con 33 punti, i viola tredicesimi con 23. Per la prima volta dal suo tormentato addio, Baggio torna a calcare il prato di quello che per cinque anni era stato il suo parco giochi, davanti a quella tifoseria che non aveva avuto occhi che per lui. Alla vigilia, aveva ammesso di essere “tesissimo”. Pure i tifosi fiorentini sono in “ebollizione” tanto quanto le acque del Flegetonte, e per l’occasione giurano di aver preparato una coreografia senza precedenti. Il pomeriggio della partita, il Comunale è tutto esaurito. All’ingresso in campo delle due squadre, gli ultras della curva Fiesole, agitando migliaia di cartoncini colorati di bianco e di viola, disegnano sugli spalti i profili dei principali monumenti cittadini: il Campanile di Giotto, la cupola del Brunelleschi, Palazzo Vecchio e il Ponte Vecchio.
Uno spettacolo “stupendo”, scriverà l’indomani “La Nazione”. Baggio è accolto tra i fischi, e anche durante il gioco è subissato di ingiurie ogniqualvolta si ritrova il pallone tra i piedi, non riuscendo mai a trovare uno spunto degno di nota. Ma, a onor del vero, tutta la compagine bianconera disputa quel pomeriggio di primavera una prova incolore, al contrario dell’arrembante Fiorentina del carioca Sebastião Lazaroni, spinta dal pubblico e dalla necessità di fare punti per allontanarsi dalla zona calda della classifica. Sin dal primo minuto, i viola sottopongono a un bombardamento la porta difesa da Tacconi, passando meritatamente in vantaggio al 42′ con un destro secco su punizione dal limite griffato Diego Fuser, arrivato in estate in prestito dalla Lazio. Nel secondo tempo, al 51′, Baggio, nell’unico sussulto della giornata, riesce a liberarsi dalla morsa dei difensori avversari subendo un fallo in area: rigore per i bianconeri. Sul dischetto, però, non si presenta lui, primo rigorista della squadra (ne aveva segnati già sei in campionato, ovvero tutti quelli fischiati alla Juventus), bensì il terzino Luigi De Agostini, il quale si fa parare il tiro dagli undici metri. Al 64′, Baggio conclude poi anzitempo la sua gara: al suo posto il centrocampista originario di Capaccio Paestum Angelo Alessio. E mentre il Divin Codino si incammina verso gli spogliatoi, ecco piovere dagli spalti una sciarpa viola galeotta, che il 10 raccoglie, agitandola per un attimo sopra la testa, prima di nasconderla sotto un giaccone bianconero, rivolgendo anche un saluto alla curva Fiesole contraccambiato da un applauso sincero. La partita è vinta 1 a 0 dalla Fiorentina, un risultato fin troppo stretto per i padroni di casa. Tuttavia, a fine gara, le polemiche – inevitabilmente – ruotano tutte attorno al rigore non calciato da Baggio. Tacconi, il portiere bianconero, ai microfoni della stampa giustifica il compagno:
“Era già tutto previsto. Roberto aveva parlato con Maifredi […] ed era stato stabilito che nell’eventualità di un rigore avrebbe tirato De Agostini. Baggio ci ha detto che non se la sarebbe sentita di tirare”.
Duro, invece, il presidente della Juventus, Vittorio Chiusano:
“Noi – dichiarò – rispettiamo il passato di Baggio ma lui deve rispettare il nostro presente. E non lo deve fare a parole, ma con i fatti”.
E anche la tifoseria bianconera non gli perdona né il rifiuto dal dischetto né, soprattutto, l’atto blasfemo di aver stretto in mano la sciarpa viola:
“A Torino non c’è posto per giocatori come lui”.
“Non ragioniam di lor, ma guarda e passa” avrà pensato Roberto. E 200 presenze condite da 115 reti in maglia juventina ne sono la conferma.
When routine bites hard
And ambitions are low
And resentment rides high
But emotions won’t grow
And we’re changing our ways, taking different roads
Then love, love will tear us apart again
Love, love will tear us apart again
Joy Division. Love Will Tear Us Apart. Closer, 1980
Bello, intendo e commovente. Roberto Baggio grande campione dai sentimenti sinceri. I tifosi della viola meriterebbero una bandiera che non gli venisse negata ogni qualvolta il denaro bussi alla porta del presidente di turno.
Certo c’annoi fiorentini buscherate c’è n’hanno fatte! Nell’articolo bravo!
Bravo scrivile ste storie
Baggio le fortune della juve le ha fatte, altri ben più pagati no….per fortuna.
Complimenti per l’articolo!
Aldo