Tennis

La strana relazione tra Medvedev e la terra battuta

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Il tennis è di per sé uno sport complesso, basato su sottili equilibri, sia fisici che, soprattutto, mentali. Stagioni che sembrano un calvario possono improvvisamente diventare trionfali grazie ad un buon torneo, una grande partita; chiavi di volta che permettono di acquisire la fiducia necessaria per affrontare i successivi impegni con un’attitudine nuova, a prescindere dalla superficie.

Daniil Medvedev, un giocatore unico in tanti aspetti del gioco, si distingue anche in questo. Il suo calendario tennistico, fino a quest’anno, sembrava scindersi in due blocchi distinti: alla lunga stagione sul cemento si andava a contrapporre la finestra primaverile e di inizio estate, culminante in Roland Garros e Wimbledon. A dare un’idea di netta separazione erano i suoi risultati, da primo della classe sul “duro”, in difesa su erba e rosso. In particolare, la stagione europea su terra era per il russo un lungo letargo in attesa dell’amato cemento americano, condito unicamente da qualche esternazione non proprio amichevole nei confronti della polvere di mattone. Quest’anno, però, la sua predisposizione è cambiata grazie al buon livello offerto nel Principato di Monaco e a Madrid per poi raggiungere lo zenith nel torneo vinto a Roma, località dove non aveva mai vinto un match in carriera. Sulla terra del Foro Italico la sua insofferenza verso i rimbalzi irregolari della superficie è stata nascosta da una sorprendente mobilità, che lo ha fatto per la prima volta sentire a suo agio in un terreno fin qui a lui ostile. Le condizioni pesanti, dovute alle copiose piogge, hanno permesso al moscovita di gestire parabole più basse e di poter tessere la sua tela, guadagnando man mano campo con le geometrie che lo contraddistinguono. La sua cavalcata è stata un crescendo rossiniano, in cui si è preso lo scalpo di giocatori del calibro di Alexander Zverev, Stefanos Tsitsipas e Holger Rune, specialisti della terra battuta, ma incapaci di far valere la loro teorica superiorità.

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La vittoria di Roma ha portato scompiglio nel circuito, facendo diventare il russo numero 2 in vista del Roland Garros, con credenziali importanti anche nello Slam Rosso. Questa repentina crescita di aspettative si è però scontrata contro Thiago Seyboth Wild al primo turno del Major parigino. Il 23enne tennista brasiliano, lontano dai radar negli ultimi tre anni, è riuscito a tenere in mano il pallino del gioco, comandando con il dritto e non subendo la lenta “tortura” toccata a tennisti ben più quotati di lui a Roma. La sua prestazione è stata sicuramente di spessore, ma questa partita, giocata nelle classiche condizioni da terra battuta, ha anche evidenziato come Medvedev non abbia fatto completamente pace con la superficie, non trovando una soluzione ai problemi incontrati, cosa che sul duro gli riesce scientificamente.

La curiosità di Jannik Sinner nella premiazione del torneo di Miami era un po’ quella di tutti: chissà cosa sarà in grado di fare Medvedev nella stagione sulla terra battuta… Questo dubbio è stato fugato dai sorprendenti risultati primaverili, ben oltre le attese. Ma ora il russo si può considerare anche un terraiolo?

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Il 27enne moscovita è uno specialista del cemento, una superficie su cui si gioca da luglio ad inizio aprile, portando con sé la maggior parte dei punti disponibili. Questo aspetto lo porta a massimizzare gli sforzi nei periodi a lui favorevoli, a discapito dello swing europeo. Il passaggio dal cemento nordamericano alla terra europea rappresenta un crocevia, portando con sé grandi difficoltà per Medvedev e giocatori a lui simili, che dalla linearità del cemento si ritrovano improvvisamente a che fare con rimbalzi imprevedibili e irregolari. Da Montecarlo in poi i colpi piatti e penetranti diventano meno efficaci e vengono sostituiti da rotazioni molto più accentuate, kick al servizio e palle corte, particolari in cui il russo non eccelle. La terra propone spostamenti completamente diversi, fatti di scivolate e appoggi instabili, dettati da una superficie naturalmente irregolare, di per sé imprevedibile. Tutte queste difficoltà sono sempre sembrate insormontabili per Medvedev, ma quest’anno la sua stagione sul rosso si può definire un trionfo. Questo lascia pensare che il problema principale fosse l’attitudine nei confronti della terra, ma bisogna dare il giusto peso anche all’ambiente di gioco; tralasciando l’altura madrilena, che favorisce grandi battitori e fa “correre” di più la pallina, bisogna tener conto che il russo ha trovato sulla terra condizioni ideali, sfruttandole appieno. Per valutare correttamente i risultati, è necessario considerare le condizioni di gioco a seconda di terreno, meteo, altitudine e palline utilizzate. Queste possono variare sensibilmente non solo da una superficie all’altra, ma anche all’interno della stessa. La particolarità che distingue di netto i vari terreni di gioco è la capacità di muoversi al di sopra di essi, caratteristica in cui, sul cemento, il moscovita eccelle e con cui, sulla terra, sembra aver iniziato a familiarizzare.

La parabola sul rosso di Daniil Medvedev, terminata con la sconfitta al primo turno del Roland Garros, mostra i suoi grandi miglioramenti sulla terra battuta. Il suo palese fastidio verso la superficie, certificato dal “I don’t want to play here on this surface” detto due anni fa a Madrid, pare ora assai ridimensionato, ma ben lontano da trasformarsi in amore. La sua è una sorta di presa di coscienza del fatto che, in determinate condizioni e con una corretta attitudine, anche sulla terra possa esser considerato tra i favoriti. Questa posizione da mina vagante sembra cucita alla perfezione sullo stile di Medvedev, un giocatore che lascia apparentemente il palcoscenico ai propri avversari, per poi sorprenderli quando loro meno se lo aspettano.

Immagine in evidenza: ©Daniil Medvedev, Twitter

Andrea Sosio
Ammiro i canestri prodigiosi di Steph Curry, i poligoni fulminanti di Johannes Bø, la falcata fluente di Sydney McLaughlin, l'estro smisurato di Sasha Bublik, la passione per la fatica di François D'Haene, le carvate morbide di Henrik Kristoffersen… adoro lo sport!

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