F1

La crescita dei giovani piloti e l’eccezione di Oliver Bearman

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L’esordio di Oliver Bearman con la Ferrari nel Gran Premio d’Arabia Saudita ha riaperto il dibattito sui giovani promettenti piloti e sulle difficoltà che incontrano per entrare in Formula 1. Le possibilità di migliorare le proprie qualità rimangono estremamente limitate, se non inesistenti, e legate alle Academy dei team.

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Oliver Bearman, ad appena 18 anni e 20 giorni per un’inaspettata combinazione di casi si è trovato una mattina a dover correre in Formula 2 e quella seguente, improvvisamente, a guidare una Ferrari. Non nelle prove libere (come piloti e scuderie devono fare due volte all’anno), ma nelle qualifiche e nella gara senza nemmeno aver mai corso o essersi allenato su quella monoposto. Con una straordinaria impresa, alla sua prima gara nella massima categoria, ha portato a casa otto punti e lanciato un gran segnale d’incoraggiamento per tutti i giovani piloti.

Il mondo del Circus è un mondo elitario. Serve tempo e anni di preparazione mentale, fisica, preparazione al simulatore, test in pista, soldi e soprattutto sponsor disposti a credere e supportare un pilota. Tutti cominciano la propria carriera con i kart. Se si è bravi, ci si fa notare e si può ambire alle categorie propedeutiche (Formula 4, Formula 3 e 2), fino, con fortuna, alla Formula 1. Non bastano solo soldi e sponsor, serve allenarsi e prepararsi sin da piccoli per inseguire la speranza di entrare nelle Academy delle maggiori scuderie (RedBull, Ferrari, Mercedes…).

Perché il caso di Bearman è un’eccezione

Oliver “Ollie” Bearman, classe 2005 nasce in Inghilterra a Chelmsford. La sua carriera è stata fin da subito brillante, dai kart alle prime gare in una monoposto. È stato il primo pilota a vincere in due categorie nello stesso anno (Formula 4 Italiana e Asiatica). Grazie al suo talento ha conquistato un posto nella Ferrari Driver Academy e un sedile in Formula 3 nel team Prema, da cui molti piloti attuali di Formula 1 sono transitati, come Charles Leclerc o Pierre Gasly… A meno di un anno dall’esordio passa in Formula 2, dove è tutt’ora. Il 2023 è l’anno in cui ha guidato per la prima volta sulla Haas, dove ha corso due prove libere (Messico ed Abu Dhabi). Ma il 2024 è l’anno in cui i sogni del giovane britannico diventano una realtà quasi certa.

Il caso di Oliver fa discutere. Come riesce un pilota 18enne, senza aver mai partecipato a una gara con una monoposto dei “grandi”, con un circuito quasi ancora da scoprire, a portarsi a casa otto punti e considerare salvo un futuro in Formula 1?

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Lo sfortunato evento di Carlos Sainz gli ha cambiato la vita. Non basta solamente sedersi e guidare, servono mesi di simulazioni e preparazione fisica per essere pronti a questo evento che spesso è graduale. Ma esistono delle eccezioni. Per il britannico, la fortuna è stata la FDA: il lavoro a stretto contatto con i piloti del Cavallino, l’aver visto e partecipato alle loro riunioni, ricevendo consigli e imparando. Poi un evento inaspettato gli ha sicuramente concesso un occasione inimmaginabile per far brillare il suo talento.

Da Ayrton Senna a Max Verstappen sono stati molti i piloti ad aver avuto anch’essi questa fortuna. Per quanto il talento resti una prerogativa assoluta, oggi ciò che fa la differenza, rispetto al passato, nella crescita di un pilota, è il simulatore. I giovani piloti scendono in pista facilmente, quasi come se correre a 300 km/h su una monoposto fosse uguale a giocare alla PlayStation con un volante tra le mani. «Se una volta per debuttare bastavano ventisettemila chilometri di test invernali e costi elevati, oggi la mente di un pilota deve immaginare altri centomila dati» spiega Jock Clear, responsabile FDA e mental coach di Charles Leclerc.

Ma anche il simulatore resta un aiuto di poco conto in una Formula 1 sempre più legata ad un immediato ritorno economico. Ed è questa la causa di mancati veri cambiamenti nel percorso di crescita dei giovani piloti. Quale è l’obiettivo delle Academy, se poi non si dà ai giovani promettenti una monoposto su cui testarsi? Che senso ha firmare piloti di riserva, se il massimo del loro impiego è il simulatore o dei test su monoposto vecchie di anni?

Costanti test privati potrebbero fare la differenza ma, con l’arrivo del Budget Cap e la poca fiducia nei giovani, vista la loro inesperienza e la possibilità che vadano a recare troppi danni materiali, si pensa che evitarli sia la scelta migliore. Così succede spesso che chi ha talento sia costretto a passare ad altre categorie o persino all’abbandono del mondo delle corse.

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Nyck De Vries, Liam Lawson e Robert Švarcman sono un esempio. De Vries sostituì Alexander Albon nel 2022 al GP d’Italia, dove concluse nono e si guadagnò un contratto per l’anno successivo in AlphaTauri. A metà stagione, però, venne sostituito, da Daniel Ricciardo, e la sua carriera finì per essere stroncata all’esordio. Stesso discorso per Lawson, che nel 2023 sostituì Ricciardo, ma nonostante le prestazioni incoraggianti né RedBull né Academy gli aprirono possibilità di un sedile. Švarcman, nonostante la vittoria della Formula 3 e la nomina di reserve e test driver di Ferrari, non ha esordito in classe regina ma con AF Corse nel mondiale Endurance.

In fondo la Formula 1 non fa che ricalcare un trend presente in qualsiasi ambito, quello della scarsa fiducia nei giovani. Questi ultimi sono seduti in panchina, pronti per un’opportunità inaspettata (come il caso di Ollie). Ma se ci si muove solamente puntando a una sopravvivenza odierna piuttosto che in prospettiva futura, il Circus rischia di perdere interesse e le giovani leve saranno costrette a trovare sbocchi in altre categorie.

Immagine in evidenza: © OllieBearman, X

Greta Carrara

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