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Ivan Rakitić, come dimenticare la paura

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7 Luglio 2018, Soči.
Si gioca Russia – Croazia, chi vince va in semifinale per affrontare l’Inghilterra: l’aria è calda, lo stadio è una bolgia.
I padroni di casa sono una vera e propria sorpresa, sono stati capaci di rispedire a casa la Spagna di Hierro proprio grazie ai calci di rigore; la Croazia invece non ha bisogno di presentazioni, il talento parla da sè.

È l’ennesima partita di questo mondiale che ha bisogno dei calci di rigore per decretare un vincitore, ma nei 120’ precedenti non mancano i colpi di scena: prima la Russia va in vantaggio grazie all’ennesimo capolavoro di Cheryshev, poi il sorpasso croato ad opera di Kramarić e Vida, per finire col pareggio di Mario Fernandes a cinque minuti dalla fine.

Ed ecco realizzarsi l’ennesima lotteria dei rigori, la seconda in pochi giorni per entrambe le squadre: i giocatori croati sono stremati, alcuni sono costretti a rimanere in campo per mancanza di sostituzioni (Manzdukić, Subasić), mentre i russi non sembrano accusare la stanchezza, soprattutto quel colosso trentanovenne di Ignashevich.

Il quadro non è dei migliori per i croati, ma è in questi momenti che salgono in cattedra i veri fenomeni, chi in modo plateale, chi silenziosamente.
E il protagonista di questa storia è proprio un eroe silenzioso, uno di quelli che esce fuori nel momento del bisogno senza creare scalpore, uno abituato a certe pressioni.

Iniziano i rigori, e il primo a tirare è Smolov, che ha la brillante idea di calciare il pallone con una lentezza tale che Subasić, infortunato, ha il tempo di rialzarsi dal tuffo e smanacciare.

Dopo il vantaggio di Brozovic, le gambe dei croati sembrano pesare di meno, tutto sembra andare per il meglio, un risvolto positivo dopo una “guerra” di 120 minuti.
Segna Dzagoev, e per mantenere lo stacco servirebbe il gol di Mateo Kovacić (e se Mateo avesse segnato, probabilmente oggi avremmo parlato d’altro).

Improvvisamente il portiere russo Akinfeev decide di prendersi il palcoscenico, e riesce nell’impresa di parare un rigore angolatissimo di Kovacić, un vero e proprio miracolo.

Bella storia quella di Akinfeev, passato da capro espiatorio al Mondiale del 2014 ad eroe nazionale in questo Mondiale. Lui non vuole arrendersi, non quella sera, non davanti a quel pubblico.

Ma come sappiamo tutti, il calcio non è una favola, e il rigore calciato fuori da Mario Fernandes sancisce l’inizio della fine per i russi. Non puoi sbagliare due volte di fila, non contro i croati. Non contro chi, in campo, tra vari esseri umani ha degli extraterrestri.

Dopo una serie di realizzazioni, si arriva al rigore decisivo. Sulla palla c’è un certo Ivan Rakitić, chi se non lui?
È una scena già vista, e se la Croazia si trova ad un passo dalla semifinale è merito suo, che agli ottavi annullò completamente un indemoniato Kasper Schmeichel tra i pali.

Per poter tirare un rigore di tale importanza devi nascere con qualcosa, devi avere una predisposizione. Ivan ha il calcio nel sangue, fin da piccolo fu influenzato dal padre calciatore. Ma il sangue non basta, perché Ivan è nato decisivo. Lo si vede dall’atteggiamento, lo si vede nelle partite che contano: basti pensare alla finale di Europa League col Siviglia del 2014, oppure alla finale di Champions League col Barcellona del 2015.

Per chiunque altro quel pallone peserebbe quanto il mondo, sia perché i russi fischiano come non mai, sia perché di fronte hai un Akinfeev in cerca dell’ennesimo miracolo.
Ma Ivan non è uno qualsiasi, lui ha la stoffa del campione.

Calcia, senza esitare, senza paura, senza tremare neanche un po’, come se fosse in allenamento.
Lui sa già che il pallone andrà lì, nello stesso angolo in cui trafisse Schmeichel.
E segna, anche stavolta.
C’è chi in certi momenti si sarebbe tolto la maglia per esultare, c’è chi invece corre semplicemente ad abbracciare i compagni.

La Croazia vola in semifinale come nel ’98, e Ivan Rakitić è il simbolo di questa squadra: un campione umile, che sa essere decisivo anche quando le cose non vanno per il verso giusto.

La Redazione
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