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L’interViSta- Alice Tanase, da Calderara al tetto del mondo

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“L’interViSta” è il contenitore nel quale potete trovare le storie, i racconti e i pareri legati all’attualità e non solo di atleti, giornalisti ed esponenti del mondo dello sport.

Durante la quarantena, la nostra redazione ha fatto partire la rubrica “Astri Nascenti”: uno spazio in cui parlare dei giovani prospetti, soprattutto italiani, pronti a illuminare il panorama delle più varie discipline.

Non sono un esperto di pallavolo, ma ho la fortuna di conoscere da più di quindici anni una ragazza, Alice Tanase, cui questa rubrica calza a pennello, proprio sul versante del volley.

Giovane, nata nel 2000, italiana e già in pianta stabile a livelli importanti – nella scorsa stagione ha giocato a Mondovì, in A2 – con il lockdown è tornata a Calderara, dove tutto è iniziato. A quel punto, sfruttando la nostra amicizia e il fatto che fosse di nuovo a casa, organizzarci è stato un gioco da ragazzi. Così, abbiamo chiacchierato per un’ora, spaziando dal suo passato fino alla relazione con i suoi affetti più cari: quanto segue è il frutto della nostra conversazione.

Tanase-Mondovì, il legame continua anche nella prossima stagione

Tanase-Mondovì, il legame continua. credits: GetSportMedia (Ph Marco Marengo)

Partiamo dal tuo futuro: hai già le idee chiare per la prossima stagione?

Sì, ho deciso di rinnovare con Mondovì anche per la stagione 2020/2021.

Scaduto il contratto quale sarebbe il prosieguo ideale per la tua carriera?

Ho deciso di restare un altro anno in A2 per affinare il mio gioco ma il mio obbiettivo è, già dal 2021, sicuramente quello di giocare in A1.

Mondovì non è vicino a dove vivi con i tuoi genitori, com’è abitare lontano da casa?

Non è sicuramente facile ma, in questo, la società ci dà una grossa mano, mettendoci a disposizione un appartamento, che condivido con altre ragazze, vicino alla palestra così da evitare spostamenti inutilmente lunghi.

Facciamo un passo indietro e andiamo all’inizio della tua avventura con la pallavolo: da quanti anni giochi?   

Quando ho iniziato avevo 8 anni, quindi sono ormai 12 anni che pratico questo splendido sport.

In quale società hai iniziato?   

Pallavolo Calderara, la società del mio quartiere.

Perché hai cominciato a giocare?

Inizialmente facevo danza. Dopo il nostro corso c’erano gli allenamenti del minivolley e mi intrigava, quindi ho detto a mia madre “voglio provare”. Un giorno mi sono fermata a giocare con gli altri bambini ed è nata questa passione.

Sei partita con l’intento di diventare una professionista?

No, in realtà, il mio unico pensiero quando ho iniziato era quello di divertirmi.

Quando ti sei accorta di essere realmente forte e di avere del potenziale?

L’anno della svolta è stato il mio ultimo a Calderara. L’allenatore della serie D mi convocava quando mancavano delle giocatrici; a fine anno mi contattò dicendomi che sarebbe andato ad allenare un’altra serie D e avrebbe voluto portarmi con sé, nonostante fossi ancora piccola, avevo 13 anni. Io rifiutai perché non volevo bruciare le tappe e preferivo proseguire con tutto il percorso giovanile. Avendo lui contatti con la Pro Patria, mi chiamarono per un provino che andò molto bene. Dopo solo un anno lì, decisi di fare un ulteriore provino per l’Amatori Atletica Orago, a Varese, una società con obbiettivi molto importanti a livello giovanile.

Alice ha vinto 4 scudetti giovanili consecutivi, l’ultimo dei quali nel 2018 a Volleyrò Casal De’ Pazzi

A Orago, infatti, è arrivato il primo di tanti scudetti giovanili vinti.

Esatto. Il primo che ho conquistato è stato quello U14. Poi, dopo l’esperienza a Orago, sono passata a Volleyrò Casal de’ Pazzi, società ai tempi affiliata a Orago, dove ho vinto altri 3 scudetti: uno in U16 e due in U18.

Qual è la squadra più forte in cui hai giocato?

La più forte non lo so, ma la squadra sicuramente più dominante in cui abbia giocato è stata la formazione del primo anno a Volleyrò, tanto che in tutta la stagione non abbiamo perso nemmeno un set, vincendone alcuni 25-0.

Quale scudetto hai meno nel cuore?   

Il secondo vinto a Volleyrò, il primo anno di U18, perché ho avuto problemi di crampi durante tutta la Finale Nazionale, dovendo uscire dal campo in barella nel corso della semifinale.

Quello a cui invece sei più legata emotivamente?

Sicuramente l’ultimo che abbiamo vinto, al secondo anno di U18, per il semplice fatto che nessuno ci dava per favorite e per molti di loro era già tanto che fossimo arrivate alle Finali Nazionali.

Dopo questa scorpacciata di scudetti, la tua carriera nel settore giovanile è giunta al termine. Che meta hai scelto per il tuo primo anno nel professionismo?                                                                                Dopo la bellissima esperienza di Roma, ho deciso di accasarmi a Soverato, in A2.

“A Soverato ho trovato un gruppo ambizioso dove ho potuto mostrare e migliorare le mie qualità (…)” Credits: Fabio Lombardo ph

A Soverato sei rimasta solo un anno, come mai?                                

Diciamo che il primo anno di professionismo ero pronta ad accettare qualsiasi proposta, pur di giocare e di mettermi in mostra. Sono stata fortunata a capitare in un gruppo ambizioso dove ho potuto mostrare e migliorare le mie qualità, ricevendo poi, a fine anno, diverse proposte. A quel punto ho scelto anche in base agli obbiettivi del progetto e alla possibilità di migliorare ulteriormente, senza dare troppa importanza all’aspetto economico.

Hai scelto un progetto che desse grande spazio ai giovani?

Sì, ma non volevo una società interamente formata da giovani: infatti, siamo solo in quattro ad essere nate dopo il 1997, ma comunque la stragrande maggioranza del gruppo ha meno di 30 anni, a parte qualche “senatrice” che, soprattutto in queste situazioni, funge da riferimento dello spogliatoio.

Come stava andando la stagione prima dell’interruzione per il Covid-19?

Sulla carta avremmo dovuto lottare per la promozione, insieme ad altre 3 squadre. Sfortunatamente, però, abbiamo avuto un inizio di stagione altalenante, fino alla semifinale di Coppa Italia: abbiamo perso per 3-1, ma è stata la nostra miglior partita della stagione. Da lì la svolta: due settimane dopo abbiamo riaffrontato la stessa squadra, vincendo al Tie Break. Da quel momento è iniziato un periodo molto positivo per noi, interrotto solo dalla pandemia.

 

Quindi, quest’emergenza vi ha letteralmente tagliato le gambe.

Purtroppo sì. Per di più, avremmo dovuto giocare contro Soverato – ironia della sorte – che era terza, 2 punti avanti a noi, quando hanno interrotto il campionato. Tra l’altro, la partita è stata rinviata due ore prima dell’inizio, dopo che le ragazze di Soverato avevano fatto 23 ore di pullman, per evitare di prendere aerei di linea.

Com’è stata gestita dalla Lega questa situazione?

In realtà, la partita contro Soverato non è stata la prima ad essere annullata: una settimana prima avremmo dovuto giocare contro Pinerolo, ma avevano sospeso il match, pur continuando a permettere gli allenamenti. Questa situazione valeva solo per noi professionisti, visto che dalla Serie B in giù avevano già deciso di sospendere ogni tipo di attività. La situazione di stallo è andata avanti fino, appunto, alla nostra partita contro Soverato, quando la Lega ha deciso di interrompere anche i campionati di A1 e A2.

Come ti sei organizzata per questo periodo di stop forzato?                    

Mi hanno assegnato una scheda con molta palestra però, ovviamente, non è la stessa cosa. Tra l’altro, un elemento che non puoi allenare, perché sul cemento ti fai male, è il salto. Un’alternativa potrebbe essere il beach volley, ma non è proprio nelle mie corde…

Il palazzetto di Mondovì, un fattore importante dei successi della società. Nell’era post-Covid potrebbe non esserlo più.

Secondo te, come si potrà ripartire in sicurezza?

Bisogna vedere cosa si intende per “ripartire in sicurezza” perché se si parla di avere personale pronto a sanificare ogni volta i palloni, molte società di A2 non possono permetterselo. Un altro fattore molto importante sarà la presenza o meno del pubblico, perché ad esempio a Mondovì c’è sempre un sacco di gente che viene a vedere le partite e vive per la società. Anche perché, giocando in un palazzetto vuoto, si hanno dei riferimenti totalmente diversi rispetto al confrontarsi in un palazzetto pieno.

Hai qualche rituale pre-partita?

Quando ero più piccola sì, poi mi sono resa conto che non influenzava realmente il mio gioco e quindi ho smesso di seguirlo. L’unico rituale che “seguo” è quello di ascoltare la stessa playlist, una volta scesa dal pullman, ma solo per un fatto di abitudine.

Che tipo di musica ascolti?                                                                    Generalmente prima della partita ho molta adrenalina in corpo, quindi preferisco ascoltare canzoni che mi rilassino e mi facciano staccare un attimo la spina, anche perché poi, durante il riscaldamento ufficiale, la nostra playlist è composta principalmente da brani hip pop che la fanno salire ancora di più.

Il fatto di avere molta adrenalina nel riscaldamento si è mai tramutata in errori durante la partita?

No, solitamente, una volta iniziata la partita, la si trasforma in carica positiva, soprattutto nelle gare importanti. A volte però capita che, giocando contro una squadra di livello inferiore, sento come se entrassi in campo meno concentrata del solito, ed è proprio lì che mi trovo a disputare le partite peggiori. Un’altra cosa che ho notato è che mi esprimo meglio nelle partite dove gioco d’istinto, rispetto a quando mi concentro di più sulla tecnica dei fondamentali.

Che sensazione si prova a sapere che tra il pubblico ci potrebbe essere qualche osservatore di una società importante?                                      

Non ho mai provato sensazioni diverse da quelle che provo nelle altre partite; certo, è un pensiero che magari faccio nel riscaldamento ma, una volta in campo, mi concentro solo sulla sfida. Per assurdo, quando ero piccola soffrivo la presenza dei miei genitori,  tant’è che mi dissero “se ti senti sotto pressione non veniamo alle partite” ma ormai, giocando lontano da casa, l’emozione di vederli sovrasta ogni tipo di ansia che potrebbero causarmi.

Nelle tue scelte professionali, che influenza hanno avuto i tuoi affetti?

Quando prendo una decisione per il mio futuro, la prendo guardando egoisticamente a me. Certo, quando torno a casa è come se avessi perso qualcosa, ma non mi sono mai trovata a pensare “non lo faccio per paura di perdere i miei amici” perché so, al cento per cento, che loro accetteranno ogni mia singola scelta.

Ti è mai capitato di giocare con qualcuno che, a primo impatto, non ti stesse molto simpatico, ma che poi ti ha fatto ricredere?

Si, ad esempio l’anno scorso, giocando contro Mondovì, mi sono beccata sotto rete con una mia attuale compagna di squadra. Quando sono arrivata a Mondovì avevo paura che ci potessero essere delle incomprensioni durante l’anno, cosa che alla fine fortunatamente non è successa.

Se si creasse la giusta situazione, andresti a giocare all’estero?

Certo, soprattutto in campionati come quello turco e quello russo, sia per l’appeal sia, non lo nego, per il fattore economico: sono i campionati più blasonati e, di conseguenza, anche i più ricchi.

Uno scatto del Mondiale U18 del 2017 vinto dalle Azzurrine.

Nel 2017 sei diventata campionessa del mondo, che sensazioni hai provato?                                                                                                            

È stata un’esperienza unica, con un gruppo fantastico capace di risolvere compatto ogni problema, nonostante non giocassimo insieme durante l’anno. Eravamo molto unite e la dimostrazione è che, quando si presentava un qualsiasi tipo di problema, ci chiudevamo in una camera e, in pochi minuti, lo risolvevamo, faccia a faccia.

Sei un’appassionata di pallavolo?

Sì, anche se, ad essere sincera, ho iniziato a seguire la Serie A solo quest’anno, perché mi sono resa conto di dover conoscere meglio l’ambiente. Una cosa che fa molto ridere è che, quando ero piccola, pensavo che le partite fossero decise a tavolino, stile wrestling, per renderle più appassionanti.

Ti piace allenarti?                                                                                               

Si, anche se la monotonia di alcuni periodi di allenamento mi annoia. Preferisco di gran lunga sapere su cosa si baserà l’allenamento (difesa, fondamentali, gioco) ma variando il più possibile gli esercizi.

“Mi piacerebbe essere  allenata ancora da Massimo Bellano, che mi ha già allenato in Nazionale”

Un allenatore per cui vorresti giocare?                                               

Massimo Bellano, con cui ho avuto il piacere di condividere un’esperienza in Nazionale, e Sandro Kantor, che mi ha allenata a Roma. 

Come vivi il fatto di non poter condividere sui social al cento per cento quello che fai?

Con la Nazionale, ad esempio, non puoi pubblicare foto dove indossi divise di rappresentanza degli anni precedenti, o comunque non puoi farti vedere in condizioni che potrebbero ledere l’immagine della Nazionale. Ovviamente poi, più sei famosa più devi stare attenta alla tua immagine.

Nonostante tu sia molto giovane, hai già raggiunto traguardi che la maggior parte delle persone non raggiunge in tutta la vita, come gestisci i tuoi successi?

In genere, se non sono con qualcuno che conosco, o in un’intervista, cerco di non mostrare i miei successi, ma li vedo semplicemente come l’incoronazione di un impegno lungo una stagione – nel caso del Mondiale un’estate passata a Milano con quaranta gradi ogni giorno.

Invece, quando torni a casa e vedi i tuoi amici, temi che la tua popolarità possa influire nella relazione con loro?                                                       

No, anzi, quando torno a casa mi sembra di tornare ad una vita normale, perché fondamentalmente nessuno parla di me.

Ancora giovanissima, ma con idee molto chiare sul suo futuro: sono proprio queste a fare di Alice Tanase, un Astro Nascente della pallavolo italiana.

Federico Bollani

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