Day 7
E il settimo giorno non si riposò, anzi, sceneggiò la prima vera notte “for the ages” per i colori italiani in queste Olimpiadi. Sì, perché nessuno di noi si dimenticherà di quella notte in cui Gregorio Paltrinieri ha ribadito che lui non è soltanto un campione. Tra vent’anni ci volteremo indietro a ricordarne la carriera e, in una selva di medaglie d’oro e record, indicheremo questa notte come quella che ne rivelò la grandezza. Una medaglia d’argento, non una d’oro, perché non è il metallo, ma sono le storie che si portano dietro a determinarne il valore. Ed è ciò che ci lasciano addosso a inciderle per sempre nella memoria del nostro cuore.
Gregorio Paltrinieri entra in piscina quando Federica Cesarini e Valentina Rodini hanno appena conquistato un oro incredibile nel canottaggio Doppio pesi leggeri. Hanno vinto in rimonta e al fotofinish, solo uno schizzo d’acqua ha fatto la differenza tra un colore e un altro. Prima medaglia femminile della storia del canottaggio azzurro.
Il tempo di capire cosa hanno combinato queste due ragazze non c’è nemmeno, le immagini sono già su Greg. È lui ad entrare per primo, perché è in corsia otto. E ci fa effetto, siamo abituati a vederlo a centro vasca, dove gli Déi dell’acqua fanno pesare il loro status mettendo le cose in chiaro fin da subito. Stavolta no. È entrato in finale con l’ultimo tempo utile, chissà cosa può fare. Però due ragazze stanno facendo suonare l’inno di Mameli a Tokyo proprio mentre lui si butta in acqua, chissà che non voglia dire qualcosa.
Ormai lo conosco bene Greg, non avrà la condizione, non avrà la forza, ma non entrerà mai in acqua per timbrare il cartellino. Se gli è passato per la testa anche solo un unico modo per lasciare il segno, state certi che proverà a far sì che si realizzi. Non ci va in acqua solo per piazzarsi Greg. Sono consapevole, però, che non c’è da aspettarsi nulla, soltanto che ci provi. Lo siamo tutti, lui per primo. In testa ho già chiaro come andrà. Partirà subito forte per far vedere a tutti che lui è là, per instillare nei suoi avversari il dubbio. E anche perché è così che ha sempre fatto quando sta bene: lui prende il largo, Mecarozzi e Sacchi ci informano sul tempo dei suoi passaggi ogni cinquanta metri e poi, dopo qualche secondo, arrivano tutti gli altri. Quante volte l’abbiamo visto. Oggi no. Lui partirà così, poi inesorabilmente la benzina finirà e verrà risucchiato da quelli a centro vasca. Ecco, guarda, lo lasciano andare infatti, non lo seguono, sono tranquilli.
Su Twitter trovo conforto, non sono l’unico a ripetersi “non ti illudere, non ti illudere, non ti illudere”. E in effetti non lo faccio. Ai 600 metri il bluff sembra stia per essere scoperto. Ok, è quello che ci aspettavamo, ma ce l’hai fatta vivere Greg, grazie. Romanchuk, Wellbrock e Finke continuano a risalire, ma non sono proprio inesorabili come li avevo immaginati. Ai 750 metri si sono già maledetti per avergli lasciato tutto quello spazio. Scelta sbagliata. Va Greg, non crolla. L’unico che arriva è Finke, gli altri tutti dietro.
Io negli ultimi cento metri non appartengo più al mio corpo. Quando capisco che è argento caccio due urla brevi ma robuste e inizio a battere le mani forte. Poi un paio di botte all’armadio, un classico del mio repertorio. Inizio a scrivere qualcosa su Twitter, mi accorgo davvero che sto tremando. Dovrei anche twittare il risultato per Vita Sportiva, mai così difficile. Non avevo messo in conto di dover scrivere di questa impresa.
Non è la medaglia, è come ha fatto ciò che ha fatto e nel momento in cui l’ha fatto. Lo sa benissimo anche lui, che riassume tutto mettendosi le mani in testa. Quando parla a fine gara è chiarissimo perché stiamo tremando tutti, e ne parla lui stesso. Si tratta del cuore da fuoriclasse con cui ha affrontato questo momento. Mi è sempre sembrato un duro Greg, anche quando ragazzino si presentava come uno dei Backstreet Boys. Non si emoziona facilmente. Ma stavolta gli occhi per un po’ sono lucidi.
La mia giornata olimpica è appena iniziata, ma è come se fosse già finita. Vivo in questa bolla emotiva anche tutto il resto. Non c’è molta Italia ancora, al mattino riesco perfino a trovare il tempo di rasare barba e capelli.
Anche il mezzo suicidio delle ragazze del fioretto in semifinale non può scalfirmi. Fanno un regalone alla Francia mandandola in finale, poi riescono a prendersi almeno il bronzo. Soltanto una cosa riesce a scuotermi un po’, e non è il tg olimpico o il tg2 delle 13.00. Scopro che sia stata presentata un’interrogazione parlamentare per discutere della convocazione di Erica Cipressa, colpevole di essere figlia di sua padre, il CT della Nazionale di scherma. Sarà, ma quando la chiamano in causa nel finale della sfida per il bronzo, a freddo, dopo tutte queste polemiche, con la squadra in vantaggio, ha soltanto da perdere. Lei vince 5-1 il suo assalto e tutti a casa con la medaglia. La pedana ha parlato.
Per questo amo lo sport, ultimo baluardo della meritocrazia. E per come mi fanno percepire il mondo le sue storie. Come quella di due giovanotti sulla quarantina coi quali chiudo la giornata. Giocano Spagna-Argentina di basket, uno si chiama Pau Gasol, l’altro Luis Scola. Magari ne avrete sentito parlare.
Grazie Greg, perché di sicuro avrei voluto parlare anche di altro, ma oggi non ricordo bene nulla di questa giornata indimenticabile. Soltanto come mi tremavano le mani.
Allora ci ritroviamo domani per scambiarci altre emozioni. Sempre qui, Mentre Tokyo Dorme.
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