Ciclismo

Il Tour de France e i suoi mostri

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Dopo la vittoria di van der Poel al Giro delle Fiandre tenutosi lo scorso ottobre, van Aert avrebbe dichiarato di non essere riuscito a dormire nei tre giorni consecutivi alla gara: l’incubo del suo rivale che taglia il traguardo davanti a lui per meno di mezza ruota lo aveva tenuto sveglio. Chissà se il belga avrà dormito nella prima settimana di questo Tour: tappa e maglia per Van der Poel alla seconda frazione. E che vittoria! l’olandese ha fatto il bello e il cattivo tempo: ha staccato il gruppo una prima volta per prendersi gli abbuoni sulla prima ascesa del Mur de Bretagne e dopo essersi fatto riprendere lo ha staccato una seconda volta, sempre sul Mur de Bretagne, questa volta per andarsi ad aggiudicare la vittoria di tappa. Van der Poel è scattato due volte e in entrambe le occasioni ha messo in chiaro che nessuno lo avrebbe fermato: voleva la vittoria che gli era sfuggita il giorno prima e la sua classe, nonché il suo spirito indomito, glielo avrebbero permesso. Mathieu van der Poel ha tagliato il traguardo indicando il cielo, e si sa, quando il saggio indica la luna lo stolto guarda il dito: ma questa volta nessuno ha guardato il dito. Non che non ci fossero stolti a guardare l’arrivo, ma la presenza dello spettro di Raymond Poulidor è molto forte in questo Tour. Van der Poel, oltre a essere figlio di un campione del ciclocross, è nipote, da parte di madre, del vecchio campione francese scomparso nel Novembre del 2019. Nella prima tappa la Alpecine Fenix, squadra di Mathieu, ha cambiato i colori sociali della propria maglia per richiamare il giallo e il viola della storica maglia del ciclista francese. Poulidor è stato l’eterno secondo per antonomasia: nonostante sia salito per otto volte sul podio del Tour de France, non ha mai vestito la maglia gialla, nemmeno per un giorno. Il suo essere secondo ormai faceva parte del personaggio che gli era stato costruito addosso, in questo fu complice un carattere più remissivo dei suoi avversari, tanto che accettò il soprannome Pou-Pou, facendo storcere il naso a molti. Ci voleva il nipote, che di remissivo non ha proprio nulla, per fargli cogliere questa rivincita; lo immaginiamo recarsi da Jacques Anquetil, suo storico rivale, a vantarsi: “da vivo tu battevi uno che molti consideravano un morto, ma adesso che sono morto ho portato a casa la mia prima maglia gialla da estinto”.

Van der Poel mentre taglia il traguardo a Mur-de-Bretagne Guerléran © Sky Sport

Un altro che l’anno scorso ha passato notti insonni è stato Primoz Roglic, che a dispetto del nome è arrivato secondo al Tour dell’edizione settembrina: con la beffa di perdere la maglia gialla all’ultima cronometro. La doccia fredda dell’ascesa a La Planche des Belles Filles, mentre il proprio vantaggio in classifica generale colava a picco in favore di Tadej Pogacar, non gli avrà fatto passare notti tranquille. Quest’anno ci si aspettava un nuovo scontro tra i due sloveni, ma la lunga tappa da Vierzon a Le Creusot ha deciso per un canovaccio differente. Probabilmente la caduta di qualche giorno addietro si è fatta sentire nel fisico di Roglic, che sulla asperità più impegnativa di giornata, per quanto si trattasse comunque solo di una salita di seconda categoria, ha cominciato a perdere terreno e ad affondare in un ritardo che ha fatto saltare la sua classifica. Il compagno di van Aert è stato abbandonato non solo dalle sue forze ma anche dalla squadra, la Jumbo Visma, che non è stata in grado di mettergli al fianco uno scudiero per aiutare il campione nella sua ora più difficile: Roglic è arrivato al traguardo sconsolato insieme ad altri due corridori di squadre differenti. I postumi della caduta hanno poi indotto il corridore sloveno al ritiro al termine della frazione successiva. Forte di una classifica che ormai gli arrideva, Pogacar avrebbe potuto amministrare la situazione per affondare il colpo nel prosieguo del Tour. L’alieno voleva però dimostrare di essere tornato, quasi con un atto generoso per far dimenticare il forfait del connazionale. Nella tappa verso Le Grand Bornard, Pogacar ha attaccato da lontano, scattando sulla penultima asperità di giornata, prima della ascesa al Col de la Colombiere, e ha umiliato i suoi rivali dimostrando il vuoto esistente tra la sua classe in salita e i limiti degli altri pretendenti alla maglia gialla. L’alieno è tornato in giallo, non sappiamo se sarà un alieno buon padrone, come gli alieni dell’ultimo film di Indiana Jones, o un alieno dominatore come quello di Stargate: di certo sta facendo saltare oltre alla classifica, anche i telespettatori accomodati sul divano.

Pogacar nella settima tappa verso Le Grand Bornard © TuttoSport

Il pubblico bretone che ha visto passare il Tour per le proprie strade, oltre che dalle cadute, sarà rimasto colpito dai treni dei corridori lanciati in volata: altro che i treni di Battiato che passano lenti per Tozeur, a questo Tour la velocità fa da padrona. Attaccato al treno blu della Deceuninck è arrivato un vecchietto che molti davano per estinto: Mark Cavendish. L’inglese sta facendo perdere il sonno a molti velocisti. Del resto a trentasei anni, dopo molte stagioni opache, sembrava che il suo treno fosse giunto al capolinea, e che fosse ora di scendere. Per la verità solo Sagan, in una intervista a inizio anno, aveva detto che “Marco”, come lo chiama lui, avrebbe vinto qualcosa di importante. Per ora il venerando dell’isola di Man si è portato a casa due vittorie, è leader della maglia verde ed è a sole due vittorie di distacco dal record di vittorie al Tour, record fissato da un signore di nome Eddie Merckx. Il treno di Cavendish, almeno dopo il passaggio alla Deceuninck sembra essere tutt’altro che fermo in stazione, anzi al momento è un treno ad alta velocità che tramite la manica è arrivato in Bretagna: occorre vedere se ha abbastanza energia per arrivare a Parigi.

Cavendish si aggiudica la setsa tappa del Tour © Federciclismo

Da van der Poel a Pogacar, passando per Cavendish, stiamo assistendo a imprese di campioni che con la loro classe e forza si confrontano con le strade del Tour, piene di storia e apparentemente immutabili nel tempo. Viene da esclamare “Ecco cosa succede quando una forza irrefrenabile incontra un oggetto inamovibile” ma sarebbe una ripetizione; ci ha già pensato Joker in Il Cavaliere Oscuro di Nolan. A dispetto dell’epilogo del Joker, la massima filosofica, legata al paradosso dell’onnipotenza, tema su cui hanno discusso generazioni di filosofi pieni di tempo libero, apre la strada alla lotta di Batman con Due facce e al drammatico ed epico scontro con Bane. Non sappiamo se i mostri del Tour nel prosieguo della corsa francese saranno in grado di emulare gli scontri epici degli eroi, o dei cattivi, dei fumetti: Van Der Poel non sarà della partita, l’olandese si è infatti ritirato per preparare la prova olimpica in Mountain Bike. Questi non sono i mostri dei reclusi, dei diversi e degli sconfitti tanto cari al maestro Tiziano Sclavi: questi sono mostri vincenti e dominanti. Una cosa li accomuna però ai mostri dell’indagatore dell’incubo, sono mostri a cui voler bene, se non per la loro sconfitta, per il pezzetto di storia che scrivono e per lo spettacolo che sono in grado di dare. Il Tour de France 2021 è ancora ben lungi dalla sua conclusione: per questa ragione questo pezzo termina con una parola che ha fatto imprecare molti lettori di Dylan Dog arrivati all’ultima pagina dell’albo acquistato: Continua…

 

Immagine in evidenza: Frontespizio Dylan Dog © Angelo Stano, Sergio Bonelli Editore

Riccardo Avigo

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