Il tennis italiano non vive più sulle spalle dei giganti. Siamo nella fase del Rinascimento, in cui giovani promettenti stanno facendo incantare e sognare l’Italia (e non solo)… Anche con sofferenza. Il nostro movimento per anni è stato timoroso della propria ombra, impaurito, rassegnato al proprio destino di sconfitte e di promesse mai mantenute, giovani talenti persi per strada, una vita da mediani e da secondi e terzi turni nei major, sicuri di perdere e quindi perdenti.
In Italia, ma in realtà anche nel resto del mondo, tifosi e giornalisti sono bravi a salire e scendere dal carro. Un atteggiamento ipocrita e disonesto, perché si è tutti bravi a tifare ed esaltare le vittorie, ma è nelle sconfitte che emerge il vero amore e la passione. Pratica molto diffusa nel calcio, ma che sta emergendo anche nel tennis. Complici i rendimenti altalenanti degli italiani: media e appassionati seguono il vento della vittoria. E, con il nostro movimento portato avanti principalmente dai giovani, il rischio di un crollo mentale dovuto anche alla pressione che gli si mette addosso è imminente.
Se ad aprile abbiamo celebrato i nostri ragazzi, a maggio siamo passati dalle stelle alle stalle. Dalla giornata nera romana con le punte di diamante sconfitte al Roland Garros. Due tornei in cui gli azzurri hanno molto di cui recriminarsi, ma al tempo stesso note positive da cui ripartire.
Il tennis è un sottile esercizio di psicologia, arrivare e restare ai massimi livelli è una sfida costante con la propria mente e i propri demoni. Se inizia a spegnersi la gioia di giocare, cosa li fa andare avanti?
Jannik Sinner: parte la ricerca della sua felicità
È un 2023 di alto livello quello disputato sinora da Jannik Sinner, nonostante le ultime settimane non siano state brillantissime. Ottimi tornei sul cemento, culminati con la finale a Miami, e l’inizio della stagione su terra rossa interrotto in semifinale a Montecarlo. Poi si ferma: non in forma, maggio è il mese di tornei importanti a cui deve arrivare col pieno di energie. Chi avrebbe mai detto però che quella sconfitta avrebbe scaturito in Jannik un blocco mentale?
A Roma esce agli ottavi di finale, quando l’obiettivo era vincere il torneo (parole sue, sia chiaro). A Parigi una nuova brutta uscita di scena, ancora nelle prime fasi del Roland Garros: gli ottavi neanche li vede, può solo sfiorarli, assaporarne il profumo.
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È abbattuto Sinner, perché un semisconosciuto Daniel Altmaier è riuscito dove il nostro numero 1 ha fallito. Il tedesco non ha mollato, è rimasto lucido. Non aveva nulla da perdere e così ha dato il massimo sfruttando tutte le chance a disposizione e gli autosabotaggi dell’italiano. E ha vinto. Jannik, però, forse in uno dei momenti più difficili, bui, ha saputo analizzare la situazione con una lucidità disarmante. “Di solito io sono felice di essere in quella posizione, di lottare. – Ha dichiarato in conferenza stampa – E invece stavolta non sentivo quella felicità, di solito sorrido dentro. Quindi, se mi devo portare a casa una lezione da questo torneo è che quando scendo in campo devo essere sempre felice, perché vedo che così funziono meglio“.
Parole pesate, risposte non scontate. Autocritica che sa di accettazione, consapevolezza dei propri limiti. Il tutto come conferma di quell’urlo verso il suo team durante uno scambio finito male. “Vagno, tienimi su, Vagno!!!”: una richiesta d’aiuto, disperata. Un tentativo di sfogarsi.
Perché non era felice, Jannik, e questo l’ha messo alla ricerca di uno stimolo che non fosse la felicità stessa. Quest’ultima, però, è un sentimento potente, ricco. Non è gioia, è totalità. E fare la cosa che si ama di più senza essere felici mette in mostra tutti i limiti che da principe rendono principino.
Il rischio? Non uscire più da questo circolo vizioso della pressione che si è addossato e trovarsi a raccogliere le briciole. Jannik Sinner ha la stoffa del campione, ne siamo tutti consapevoli e Paolo Bertolucci ce l’ha confermato in un’intervista da noi realizzata. Per esserlo davvero però deve scrollarsi di dosso tutte le aspettative pesanti come un macigno e deve andare alla ricerca della sua felicità.
Lorenzo Sonego: il guerriero
Lorenzo Sonego oggi è il numero quattro d’Italia. Lo chiamano guerriero, una definizione in cui si ritrova perfettamente. Per lui, l’unica cosa che conta è dare l’anima in campo. Perché quel campo, quella possibilità, se l’è sudata, l’ha agguantata con fatica e con tanta determinazione.
Non è un predestinato, non è nato col talento. Lui il suo tennis se l’è costruito allenamento dopo allenamento, rinforzando il fisico fragile. Ha fatto sacrifici, giorno dopo giorno ha visto crescere la sua forza, potenziare il suo gioco.
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Di lui e delle sue abilità tecniche, però, molti hanno iniziato a dubitare. Le prestazioni altalenanti, anche all’interno di uno stesso torneo – ultima per avvenimento l’uscita di scena al Roland Garros dopo una eccellente vittoria su Andrej Rublev – hanno messo in luce la fragilità di Lorenzo. Il torinese gioca quasi come se avesse una sorta di necessità “psicologica”. Una partita importante, tanta gente, tanto tifo: ecco gli ingredienti per la sua partita perfetta. Sonego ha bisogno di esaltarsi per dare il meglio di sé, deve essere carico. Ed ecco allora che riesce a mostrare un repertorio di colpi e soluzioni tecniche tutt’altro che banali. Spesso da campione.
“Devo migliorare e avere tanta forza fisica. Non basta giocare un gran tennis, a questo livello conta molto l’aspetto fisico“. Così si era espresso in seguito alla sconfitta con Karen Kachanov. E non possiamo dargli torto!
Lorenzo sistemi il fisico, e sì che lo ha già buono! Se si vuol far strada non basta, e la sua consapevolezza non può che portare belle soddisfazioni.
Lorenzo Musetti: l’esteta
Lorenzo Musetti è un paradosso. Tennista sopraffino, a tratti superiore a Sinner, non è mai riuscito però ad ottenere risultati importanti con costanza. La solidità mentale scarseggia e paga caro quest’aspetto.
È un esteta efficace, dal gioco vario, imprevedibile. I suoi tocchi sono grazia, accellerazioni di rovescio a una mano favolose, smorzate imprevedibili. Colpi che ad ogni match ci fanno innamorare del tennis di Musetti.
È un tennis pensato il suo, non è l’incoscienza caratteristica dei giovani. Anche se in diversi casi è ciò che emerge. Pecca di ingenuità: non ha bisogno di sottolineare il suo talento, quello è fuori discussione sotto gli occhi di tutti. Anche perché il costo alla fine si chiama sconfitta.
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Le incertezze dei primi mesi del 2023 sono dimenticate e, nonostante l’amaro in bocca per la sconfitta contro Carlos Alcaraz, Lorenzo Musetti può guardare al futuro con immutata fiducia. Sa fare in campo molte più cose di tanti suoi colleghi tennisti, dispone delle armi per mettere tutti in difficoltà. Persino Novak Djokovic. Migliorerà, pur avendo già qualcosa di straordinario.
È nata una stella, scrissero gli esperti. Chissà che la sua luce non possa splendere anche sul terreno di gioco, tra le linee tanto posto sicuro quanto trappola.
Matteo Berrettini: potenza fragile
Matteo Berrettini ha visto la sua carriera, il suo posizionamento nel ranking, sfuggirgli via di mano, fuori dal suo controllo. Troppi infortuni legati agli addominali hanno messo un freno alla sua scalata e alla possibilità di fare il salto di qualità che l’avrebbe reso stabile tra i migliori. Un campanello d’allarme che sicuramente non distoglie l’attenzione dalla forza del suo tennis, ma che mette a fuoco i problemi di programmazione e preparazione.
Quando Matteo gioca c’è molto dispendio perché si avvale di un gran servizio, tende a girarsi sul dritto e a chiudere il punto velocemente. Se lo scambio si prolunga fa più fatica, non c’è quella fluidità protagonista del tennis moderno… Sul dritto c’è la sensazione che voglia cercare subito il punto e questo comporta una rigidità che non aiuta anche nella zona addominale.
E l’anno che doveva essere il suo rilancio sembra un deja-vù del 2022: infortunio, lunga sosta, ritorno, e ancora infortunio. Un circolo vizioso che sembra non avere fine.
Al tennis italiano manca come il pane: l’assenza di un giocatore come Matteo Berrettini si nota subito, lui che era in grado di gestire le partite degli Slam. Sono gli stessi tennisti a dirlo, squadra e amici prima che avversari. Da Sonego che sulla telecamera fa la dedica a Matteo a Sinner che dichiara: “Matteo ci manca, nel gruppo e nei tornei è uno che si sente. Ma anche lui ha una mentalità forte, sono sicuro che tornerà“.
La sua è una presenza importante per il circuito. La sua sofferenza, però, sembra non avere fine.
“Gli infortuni, poi, mi hanno fatto perdere il piacere del gioco, perché scendevo in campo pensando di dover recuperare il tempo perso. Ora spero di recuperare la gioia di giocare a tennis“.
E purtroppo, per come si è conclusa la sfida tra amici, l’appuntamento con la gioia è rimandato. Si spera presto per lui, perchè vederlo uscire dal campo sofferente e in lacrime, rende tutti tristi e consapevoli che qualcosa non va.
Berrettini sa bene che il suo fisico è tanto imponente quanto fragile, non gioca decontratto e la bua è sempre lì, pronta a ripresentarsi. Probabilmente non riuscirà mai a giocare una stagione intera senza inciampi.
Au revoir, enfants d’Italie.
Ora arrivano i tornei su erba, prima l’ATP 250 di Stoccarda. Quel verde faccia germogliare e crescere nei nostri giovani tennisti il seme della speranza e della consapevolezza del proprio talento e capacità.
[…] Articolo originale su Vita Sportiva, data 14/06/2023: https://www.vita-sportiva.it/il-tennis-italiano-vive-sulle-spalle-dei-giovani/ […]