Ogni sport ha la sua cattedrale, quel luogo unico dove si è scritta la storia e la magia non si spegne mai. Gli esempi sono un po’ sempre gli stessi: il Maracana, l’All England Lawn Tennis and Croquet Club sede del torneo più importante del mondo del tennis o il Madison Square Garden a New York, definito come la The World’s Most Famous Arena.
A differenza di questi luoghi artificiali, costruiti dall’ingegno dell’uomo, lo sci sfrutta le curve naturali scolpite da vento, ghiaccio e neve nel ventre delle montagne. Il pendio dell’Hahnenkamm, situato nella catena delle Alpi Scistose Tirolesi, è stato disegnato milioni di anni fa per essere oggi il tempio dello sci.
Kitzbühel
Ai piedi dell’Hahnenkamm si trova Kitzbühel, una cittadina di poco meno di diecimila abitanti ma dalla storia millenaria. I primi documenti che citano l’insediamento tirolese risalgono all’anno 1000. Col tempo Kitzbühel ha saputo ritagliarsi il suo posto nel mondo. Nel 1875, tornata sotto il controllo dell’imperatore Francesco Giuseppe dopo decenni di dominio prussiano, ha dato inizio al suo boom economico tra turismo e sport. La posizione strategica a metà strada tra Innsbruck (la capitale del Tirolo) e Zell Am See (località di villeggiatura per la Principessa Elisabetta d’Austria conosciuta da tutti come Sissi, non che la sede della famiglia Porsche) la rende una meta privilegiata per l’alta società bavarese e austriaca.
La nostra storia nasce nel 1894 quando venne organizzata la prima gara di sci a Kitzbühel, ma la prima documentata con tanto di ordine d’arrivo completo è targata 28 marzo 1931 vinta dall’austriaco Ferdl Friedensbacher. Per la Coppa del Mondo non bisognerà aspettare tanto: la FIS il 5 gennaio 1967 dà vita alla Coppa del Mondo di Sci Alpino e senza neanche starvelo a dire ovviamente la Streif c’è. Si gareggia il 21 gennaio 1967, come da tradizione ogni penultimo weekend di gennaio. A vincere è il francese Jean-Claude Killy, il primo storico vincitore della Coppa del Mondo generale.
La leggenda nasce e il fascino della Streif plasma la cittadina di Kitzbühel, trasformandola in una perla delle Alpi dove il lusso non ha confine. Anno dopo anno cresce e oggi le vie del centro pullulano di ristoranti stellati, boutique di alta moda e club sempre più esclusivi. Il business e la fama porta sponsor ad hoc per la gara e nel parterre la lista di personaggi di spicco è lunga quanto una lista della spesa pre-cenone natalizio. Menzione speciale ad Arnold Schwarzenegger, nato a Thal nel land della Stiria, ma da buon austriaco onni-presente al traguardo vestito con i Lederhosen (pantaloni in cuoio).
La Streif
La pista è e rimane pressochè la medesima da 90 anni, il via viene dato dalla vetta dell’Hahnenekamm a quota 1665. La discesa è costellata di passaggi da leggenda che solo una volta all’anno possono essere goduti. Il cancelletto punta nel vuoto, quello che gli atleti hanno davanti ai loro occhi è la Mausefalle (tradotto in italiano suona come la trappola per topi) una doppia curva seguita da un salto di 60m dove in pochi secondi si raggiungono i 120km/h, ma è solo l’antipasto. Dopo una breve compressione c’è la famosa curva del carosello che ti proietta nel Steilhang (o pendio ripido per la lingua di Dante), il risultato non cambia: due tornanti con pendenza a sfavore sempre ghiacciati che ti spingono in tutti i modi a sbagliare traiettoria e a chiederti se è sano lo sforzo che stai affrontando. Senza dimenticare gli sci che sbattono in continuazione, gli atleti devono centrare l’entrata della stradina, forse l’unico momento di respiro a livello fisico, ma non sotto il profilo tecnico: perché se non sei scorrevole il cronometro è tiranno. Metà gara è andata ma il bello arriva solo ora, le gambe bruciano, il ghiaccio ti continua a lanciare gli sci a destra e a sinistra, ma la Streif implacabile non perdona gli sciatori. Il secondo salto è chiamato Seidlalmsprung, poco prima della parte più lenta ma anche più fondamentale della pista: l’Oberhausberg. Due, tre curvoni da Super-G che servono a posizionarti per spiccare il volo ad ingresso Hausbergkante. È l’immagine dello sci alpino nel mondo, ogni appassionato di sport l’ha vista almeno una volta. Ogni persona quando sente Kitz associa subito questo passaggio unico, che neanche artificialmente potrebbe essere riproposto da qualsiasi parte del pianeta. Un salto di 30m seguito da una curva che esercita una forza di 3.5G sugli atleti, il tutto sempre sopra i 100km/h. Non finisce qui, quello che segue è puro sadismo da parte degli organizzatori: una diagonale lunga infinita dove ti manca il terreno sotto gli sci e anche se sei Superman li la pista ti prende a schiaffi. Lo sguardo annebbiato dallo sforzo riprende vitalità quando con una decisa curva verso destra ci si lancia nel Zielschuss, lo schuss finale. Gli atleti sfrecciano a 150km/h verso la gloria abbracciati da una folla di cinquantamila appassionati in preda ai fumi dell’alcol che acclamano il tuo nome.
La Streif non è solo leggendaria per via della sua pista unica, definibile quasi come l’università dello sci parafrasando un concento preso in prestito dal ciclismo e dal Giro delle Fiandre. La Streif è leggenda perché è stata nel 1959 la prima gara di sci trasmessa in diretta tv da ORF (l’emittente statale austriaca), è stata nel 1978 il primo luogo dove si sono viste le reti di protezione A o dove per la prima volta si è gareggiato su neve sparata dai cannoni 1983. Questa carrellata di date e avvenimenti non può che concludersi con un avvenimento una tantum in Coppa del Mondo: nel 1990, a causa della poca neve la discesa venne disputa in due manche con somma dei tempi, la vittoria andò a Atle Skårdal, norvegese di Lunde nella contea di Telemark.
L’Italia e gli Imperatori
L’Italia ha avuto periodi d’oro alternati a periodi di magra in termini di risultati. Per i primi sorrisi bisogna attendere gli anni della valanga azzurra con i podi di Giuliano Besson e Stefano Anzi a parimerito sul gradino d’onore nel 1974 e il secondo posto Gustav Thöni nel 1975. Gli azzurri negli anni ‘80 sono protagonisti per tre volte, ma senza mai riuscire ad agguantare il gradino più alto del podio. La prima vittoria arriva nel 1998 quando un grandissimo dello sci italiano, Kristian Ghedina, sfreccia davanti al vincitore del giorno prima, un giovane ventiquattrenne elvetico di nome Didier Cuche. Ghedina nel corso della sua lunga carriera sarà capace di salire sul podio altre due volte nel 1995 e nel 2000, ma la sua impresa che tutti ricordano è la spaccata in volo lungo lo schuss finale a 150km/h nel 2004. Negli ultimi 10 anni gli italiani hanno vissuto un periodo d’oro, Dominik Paris ha domato per tre volte la Streif e i suoi avversari apparendo a tratti dominante, mentre Peter Fill ha raggiunto l’apice della sua carriera nel 2016 quando ha vinto battendo l’ultimo imperatore della Streif Beat Feuz.
Sì, perché chi vince sulla Streif diventa una celebrità, entra nella storia dello sci e già che c’è una cabina della funivia che porta al cancelletto ti viene intitolata, ma se vinci più volte diventi un imperatore. Sopra a tutti svetta Didier Cuche capace di vincere 5 volte in discesa e di compiere una tripletta storica dal 2010 al 2012, ripetuta in tempi passati anche dal Kaiser Franz Klammer (4 vittorie) dal 1975 al 1977 e dall’elvetico Franz Heinzer (3 vittorie) dal 1991 al 1992. Nel club esclusivo vanno annoverati anche Karl Schranz, il primo dominatore di Kitz con 4 successi, il vallese Pirmin Zurbriggen (3 vittorie) , lo sciatore-pilota Luc Alphand (3 vittorie) e le nuove aggiunte dell’ultimo decennio Dominik Paris e Beat Feuz entrambi a 3 successi in discesa.
Per Feuz questo fine settimana sarà il suo canto del cigno, appena arrivato al Rasmusleiten appenderà gli sci al chiodo e passerà il testimone a Marco Odermatt. Per Paris sarà l’ago della bilancia tra continuare o chiudere un capitolo della sua vita, che l’ha reso grande agli occhi del mondo. Tante volte ci ha fatto piangere dall’emozione perché solo la sua forza può domare l’Hausbergkante.
Kitzbühel e la sua Streif sono un luogo che va oltre lo sport, sono un luogo di culto per tutti gli appassionati della neve e dello sci.
Complimenti Mirko bell’articolo