Chiunque abbia mai messo piede a College Park, Maryland, avrà sicuramente avuto modo di notare una foto appesa alla parete di tutti i locali pubblici. Una foto in bianco e nero, che ritrae un ragazzone sorridente con la canotta numero 34 mentre mostra i bicipiti tenendo un pallone da basket in ogni mano.
Di sicuro quel ragazzone sarà qualche leggenda dello sport, passato come studente per il college intorno a cui si sviluppa la città. Le università americane tendono ad essere molto gelose ed orgogliose dei propri campioni, dopotutto.
I conoscitori della NCAA e i tifosi di vecchia data dei Boston Celtics, lo conoscono molto bene. Si tratta di Len Bias, leggenda dei Terrapins dal 1982 al 1986, due volte miglior giocatore del campionato universitario, miglior giocatore del college a non giocare mai in NBA.
Due giorni dopo il draft, infatti, Len Bias muore per un arresto cardiaco provocato da un’overdose di cocaina.
Il Draft 1986
Il 17 giugno del 1986 Len viene scelto con la chiamata numero due dai Boston Celtics, appena laureatisi campioni per la sedicesima volta nella loro storia. Una dinastia, che sembra mettere le basi per continuare a dominare la lega ancora per anni grazie all’inserimento di Bias, seguito da tutti gli scout per i suoi movimenti e per il suo atletismo.
Coach Driesell ha fatto un piccolo capolavoro con Len, riuscendo a convogliare le infinite energie del ragazzo nello sport e facendone una stella del basket collegiale, uno dei più promettenti prospetti per il draft del 1986.
Il giorno dopo il draft, Len vola a Boston a firmare il contratto con i Celtics, e viene contattato anche dalla Reebok per una sponsorizzazione. Poi torna a casa, con una borsa piena di scarpe che regala alla famiglia e agli amici.
La sera del 18 giugno esce con i suoi amici del college per festeggiare l’inizio di una promettente carriera.
Sono giorni abbastanza frenetici per lui, che fa la spola tra New York, Landover e Boston. Ma di sicuro l’emozione del draft, e i riflettori accesi su di lui, l’avranno fatto sentire immortale, invincibile. E invece, purtroppo, la peggiore sconfitta era appena dietro l’angolo.
La notte del 18 giugno
Quando si è giovani è strano poter pensare che la nostra sorte venga e ci prenda per mano.
La festa a cui partecipa con i suoi amici è la tipica festa che ci si aspetta nei college americani: birra, superalcolici, ragazze, droga. Sono anni in cui ancora non si dà peso agli effetti nefasti e spesso nascosti dell’abuso di cocaina. Quella droga si sta diffondendo a macchia d’olio negli ambienti studenteschi americani soprattutto grazie alla sua mancanza di effetti visibili dall’esterno. Non può essere un caso che altri due dei giocatori selezionati al primo giro nel 1986, Chris Washburn e Roy Tarple, vengano squalificati a vita negli anni successivi proprio per positività a test antidroga.
Oltre alle bottiglie di birra e di cognac, Brian Tribble, amico di Bias, porta nel dormitorio 1103 una busta di cocaina. I ragazzi si passano lo specchio su cui sono appoggiate le strisce di droga, e probabilmente fantasticano sul futuro radioso che attende Bias a partire dalla stagione successiva.
Invece, alle 6.30 della mattina del 19 giugno, al 911 arriva una chiamata dal campus dell’Università.
“Dovete riportarlo in vita, non può morire. Lui è Len Bias.”
Il cuore di Bias non ha retto la dose eccessiva di cocaina, e il ragazzo è collassato in preda alle convulsioni davanti ai suoi amici. Viene portato d’urgenza all’ospedale nel tentativo di rianimarlo, ma neanche l’impianto di un pacemaker sarà sufficiente. Alle 8.55, Leonard Kevin Bias viene dichiarato morto.
Shock to the System
Il mondo sportivo e collegiale americano è sotto shock. Inizia un’inchiesta sulla morte di Len Bias. Il processo vede contrapporsi la famiglia del ragazzo ed i suoi amici, tra accuse e falsità mai confermate. Davvero era la prima volta che il ragazzo assumeva la cocaina, come sostengono la famiglia e il coach? O l’aveva già consumata in passato, come dicono i suoi amici?
Nessuno viene mai condannato direttamente per la morte di Len, ma Tribble viene condannato a 10 anni di carcere per spaccio di cocaina.
Ma la morte di un ragazzo così giovane e con un futuro così apparentemente radioso davanti non può non avere ripercussioni, soprattutto nell’America degli anni ’80. Il 27 ottobre del 1986 il presidente Reagan firma la cosiddetta Len Bias rule, che inasprisce le pene per chi spaccia e sancisce la piena responsabilità dello spacciatore in caso la vendita di droga porti alla morte del compratore.
Il terremoto seguente alla morte di Len Bias colpisce anche il sistema dello sport universitario americano. Prima del 1986 nessuno era veramente interessato al rendimento scolastico degli atleti, da quel momento in poi le cose cambiano. Lo stesso Bias era considerato uno studente, sebbene fosse indietro di 21 crediti e nell’ultimo semestre non avesse superato un solo esame. L’università stessa copriva la sua inattività da studente, perché i suoi risultati sul campo erano troppo importanti. La sua situazione era identica a quella di molti altri atleti NCAA, che nonostante lo status ufficiale di studenti erano già atleti a tempo pieno.
Da quel momento in avanti, agli atleti viene richiesto di tenere un punteggio minimo (comunque molto basso, soprattutto al primo anno) e si cerca di integrare con programmi di assistenza per aiutarli a superare gli esami e far loro capire l’importanza di un’istruzione, oltre allo sport.
Far capire loro che niente dura per sempre, e che spesso basta un passo nella direzione sbagliata per passare dalle stelle ad essere uno dei più grandi what if della storia dello sport.
Immagine in copertina: Copyright Joel Richardson / Washington Post
Davvero un bell’articolo