È durata una settimana l’insonnia di Van Aert: il suo rivale per eccellenza Van der Poel, dopo aver vinto al Mur de Bretagne, ha tenuto la maglia gialla per cederla solo a Pogačar. Il secondo giorno dopo il riposo è arrivata la doppia scalata al Mont Ventoux, proprio lui, il monte ventoso di Petrarca. Ai tempi del vate non c’era la bicicletta e il Tour de France, e questo è stato un limite per i sonetti del poeta: molto avrebbe guadagnato l’epica dei suoi carmi narrando le gesta dei figuri chini sul ciclo. Le pietre calcaree del monte erano già lì ad osservare sornioni la scalata del poeta e ora ad attendere il ciclista col tricolore del Belgio. Van Aert ha scelto di riequilibrare il pallottoliere della sfida con Van der Poel sulla storica montagna della Provenza. In fuga con Alaphilippe e Mollema, il belga ha dimostrato di essere padrone della tappa: ha attaccato i suoi compagni d’avventura ai piedi dell’ultima ascesa e ha proseguito in solitaria. Anche il gruppo maglia gialla non è riuscito ad avvicinarlo, anche se più per i limiti dei pretendenti alla generale che non per l’ascesa del campione del Belgio. Van Aert è andato a scrivere il proprio nome nella storia del Tour, ma soprattutto ha dimostrato ancora una volta di essere un corridore eclettico. Già nel 2020 si era dimostrato l’uomo per tutte le stagioni, ma lo scorso anno è stato un anno particolare con un calendario stravolto: nella stagione 2021 invece, fatto salvi alcuni casi tra cui la Roubaix, si è tornati a rivedere le gare nella loro stagione tradizionale. Van Aert sta dimostrando che a prescindere dai calendari si sa far trovar pronto su tutti i percorsi, e, per la legge della giungla, dopo il Ventoux è il turno dell’olandese di dimostrare la propria forza nel loro personale duello.
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