Mentre Tokyo dorme

Il mondo che vorrei. Uniti nelle emozioni.

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DAY 1

Eccoci qui. Il rinvio di un anno ha decuplicato l’attesa, come se ce ne fosse bisogno. Alle 16.14 l’Imperatore Naruhito ha dichiarato ufficialmente aperti i Giochi della XXXII Olimpiade, quelli di Tokyo 2020. Poco dopo Naomi Osaka ha acceso il braciere olimpico, al termine di una Cerimonia d’apertura che mi ha emozionato come quando ero ragazzino. Improvvisamente ho tredici anni, non vedo Simona dall’ultimo giorno di scuola e un commovente Muhammad Alì sta per accendere il braciere di Atlanta ‘96.

Ecco, torniamo a questo. L’ho scritto ieri, lo ripeto oggi: se non hai conservato una bella parte del bambino che eri, fai fatica a goderti appieno questa festa. Per fortuna non corro il rischio.

Pronti, via e la prima scelta è già difficile: Bragagna/Velasco o Puppo/Ambesi/Granbassi? Stavolta la spunta la tradizione di mamma Rai. Franco Bragagna è un must, Julio Velasco sempre stimolante.

L’inizio è di forte impatto. Immagini che rievocano la distanza e il silenzio che ci hanno accomunati in quest’ultimo anno e mezzo. Ho avuto l’impressione che la Cerimonia volesse da subito assecondare la mancanza del pubblico, quasi darle un senso (anche se…), piuttosto che coprirla con un entusiasmo chiassoso e posticcio.

Arrivano gli atleti. Parte la Grecia, come sempre, poi sfilano in successione la delegazione degli Atleti Rifugiati seguita a ruota da quella degli atleti russi, ma con bandiera del Comitato Olimpico Internazionale, non con quella della Russia. Il contrasto tra queste due vicende dice già tanto di cosa siano le Olimpiadi (sì Bragagna, conosco la differenza tra Olimpiadi e Giochi Olimpici, ma la parola Olimpiadi è più bella).

Arriva presto il nostro turno. Sfiliamo vestiti da bersaglio mobile. Elia Viviani e Jessica Rossi sventolano il tricolore, il saluto alla mamma su una bandiera non ce lo facciamo mancare, Cristina Chirichella si vede inquadrata e impazzisce, invitando Caterina Bosetti ad assecondarla: sì, siamo proprio noi!

 

Guardo i ragazzi dell’Italbasket di Meo Sacchetti che si divertono e sognano, venti giorni fa non avrei scommesso un centesimo sulla loro presenza a questa cerimonia. Mi cospargo il capo di cenere.

Le delegazioni continuano a sfilare, Bragagna a ruota libera tra accenni e digressioni su storia, tradizioni e lingue delle varie nazioni. A un certo punto Velasco o se n’è andato a fare altro, oppure non riusciva più a dire la sua. Arriva l’Olanda. L’accoppiata Bragagna – Churandy Martina portabandiera è un’altra cosa che mi emoziona e mi ringiovanisce. Immancabile la precisazione “sarebbe più appropriato dire Paesi Bassi…”. Sì Franco, lo so, ma anche Olanda è più bello (e poi mi ricorda la hit di Giorgina… chi segue Propaganda Live sa!).

Le delegazioni sono molto meno numerose del solito. Il Brasile manda soltanto i due portabandiera. Scorgo un paio di alfieri che mi fanno contento, Petra Kvitova per la Repubblica Ceca e Laszlo Cseh per l’Ungheria. Chiudono tre delegazioni massicce, USA, Francia e Giappone.

I discorsi di rito sono appunto di rito, non indimenticabili. Meglio ciò che verrà dopo.

L’Imperatore Naruhito dichiara aperti i Giochi. Quando entra la bandiera a cinque cerchi mi emoziono ancora un po’. È sorretta da sei atleti in rappresentanza di tutti i continenti. Per l’Europa c’è Paola Egonu. Bella! Julio Velasco un po’ di pallavolo l’ha vista, dice che “sì, al momento è la più forte giocatrice del mondo”. “E mi fermo qui” (cit.), aggiungo io.

Menzione speciale d’obbligo per la parentesi pittogrammi. Promossa! Ce ne ricorderemo.

Infine ecco il momento della fiaccola. Naomi Osaka ad accendere il braciere olimpico è una scelta che in questo momento rappresenta diverse cose. Due righe davvero sminuirebbero tutto. Avremo tempo più avanti.

La Cerimonia nel complesso non mi è dispiaciuta. La mancanza di pubblico e il momento storico vanno considerati, per questo ho trovato il mood vagamente malinconico e low profile azzeccato e non pesante. Il clamore chiassoso di altre edizioni avrebbe certamente stonato. Si è tenuto a ricordare soprattutto ciò che i Giochi possono e devono rappresentare, un momento di unione sul filo delle emozioni e l’idea di un mondo migliore, più inclusivo.

La fiamma arde, anime olimpiche. Alcune gare sono già partite in realtà. La scorsa notte ho adocchiato l’armo azzurro del canottaggio che avrebbe fatto vibrare le corde vocali di Giampiero Galeazzi fino alle porte della sincope, si tratta del quattro di coppia maschile: Simone Venier, Andrea Panizza, Luca Rambaldi e Giacomo Gentili. Occhio alla finale di martedì notte, val bene una levataccia.

Io ho già iniziato la mia personale sintonizzazione sul fuso di Tokyo, e per questo per oggi vi lascio e vado a dormire un po’. La sveglia suonerà presto, perciò buonanotte e a domani. Sempre qui. Mentre Tokyo Dorme.

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Vincenzo Bruno
Laureato in Lingue e Letterature Moderne, nato a Palermo nel 1983, vive a Isola delle Femmine, piccola località costiera alle porte del capoluogo siciliano. Aspirante insegnante e appassionato di sport, letteratura e storie, nella sua pagina Instagram “Gente di Sport” alimenta l’amore per la scrittura facendovi convergere spesso le sue più grandi passioni. Due suoi racconti brevi, Notti Bianche e La Prima Volta, sono stati inseriti nella raccolta Pausa caffè: letteratura espressa, pubblicata da Prospero Editore nel 2016.

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