Articolo a cura di Daniele Izzo e Marco Cangelli
Qualità, superpotere o “fattore Goggia”. Chiamatelo come volete. Il week-end di gare in Svizzera ha aggiunto un altro capitolo all’epopea di una sciatrice ormai entrata nel cuore dei tifosi azzurri non solo per le tante vittorie, ma soprattutto per la forza di reagire alle avversità. Sofia Goggia non molla mai. E non ha mai mollato in carriera, tanto veloce sugli sci quanto nel rialzarsi dopo ogni infortunio.
Sankt Moritz, infatti, è solo l’ultima di una serie di pagine iniziate a scrivere già nel lontano 2011. Allora, poco più che maggiorenne, Sofia Goggia conobbe il primo “giù e su” della sua carriera. Dopo l’infortunio patito a Kvitjfell, in Coppa Europa, la bergamasca venne arruolata nelle Fiamme Gialle e, di lì a poco, convocata per far parte in pianta stabile della squadra femminile di Coppa del Mondo. Un bel modo di superare l’infortunio. Il primo episodio di quella che, con il tempo, è divenuta una costante del suo parlato sportivo e sciistico e che ha vissuto sicuramente un momento particolarmente buio nel 2013 dopo aver sfiorato il podio a sorpresa nel supergigante iridato nel giorno più tragico per Lindsey Vonn.
Nel momento in cui una carriera stava per sbocciare, il 7 dicembre una terribile caduta a Lake Louise le costò la rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro costringendola a saltare le Olimpiadi di Sochi 2014 e, a causa di cisti allo stessa medesima articolazione, a non prendere parte nemmeno ai Mondiali di Vail/Beaver Creek 2015. Quasi due stagioni completamente buttate che l’hanno costretta a rivedersi, ma che le hanno consentito di sbocciare definitivamente nella stagione 2016/17 quando una serie di risultati le consentì di firmare una serie di record per lo sci alpino italiano in Coppa del Mondo: il numero di podi (13); la quantità di punti raccolti (1197); e il maggior numero di discipline con almeno un podio (quattro sulle cinque totali).
La vittoria alle Olimpiadi di Pyoengchang 2018 ha consentito alla 30enne di Astino di volare nell’Olimpo dello sport internazionale, ma di allontanarsi dalla sfortuna che proprio a Cortina aveva rischiato di farle saltare per la seconda volta i Giochi. Le stagioni più recenti sono la conferma di un calvario senza fine dalla frattura al malleolo prima dell’inizio delle competizioni condita da una rincorsa sfrenata per i Mondiali di Are 2019 alla rottura scomposta al radio sinistro nel supergigante di Garmisch-Parterkirchen 2020 passando un anno dopo per l’ennesimo incidente sulla pista tedesca, fondamentale ai fini della sua assenza ai tanto attesi Mondiali di Cortina d’Ampezzo, ma anche della vittoria della sua seconda Coppa del Mondo di discesa libera.
Una palestra perfetta per compiere il vero capolavoro, il recupero lampo dall’ennesima caduta in quel di Cortina avvenuta il 23 gennaio scorso e costatale la lesione parziale del legamento crociato del ginocchio sinistro, lo stesso colpito otto anni prima e divenuto letteralmente “il ginocchio della nazione”. Le immagini raggelano il sangue a tecnici e atleti presenti a bordopista, ma non al professor Panzeri e alla Commissione Medica FISI che si mette subito all’opera per rimetter in piedi Sofia e compiere un vero e proprio “miracolo sportivo”. Per un atleta normale quella diagnosi vorrebbe dire stagione finita e addio Olimpiadi di Pechino 2022, ma non per chi è in possesso del “fattore Goggia” che trasforma il tempo soltanto nell’ennesima sfida da superare. Sorretta da un fisico eccezionale e da una mentalità fuori dal comune capace di trasformare la pressione in adrenalina, la fuoriclasse orobica ha saputo presentarsi al via del cancelletto cinese a ventitrè giorni di distanza dell’incidente conquistando un impensabile medaglia d’argento in discesa libera.
Nel bel mezzo di questa storia caratterizzata da cadute e risalite, ciò che non è possibile nascondere è l’effetto che la sfortuna ha avuto sull’azione della sciatrice tricolore, capace di trovare spesso un equilibrio di fronte alle difficoltà legate alla possibilità di utilizzare le proprie parti del corpo. Basterebbe osservare l’impostazione compiuta nel corso della discesa libera di Sankt Moritz dove, impossibilita ad appoggiare la mano sinistra a causa della recente operazione, è stata costretta porre maggior attenzione nelle linee puntando maggiormente sulla creazione della velocità che a prendersi inutili pericoli.
Un discorso simile si potrebbe fare anche per la prova regina andata in scena a Pechino dove la sensazione di non aver la totale mobilità e sensibilità nell’arto l’ha costretta a rivedere la propria sciata realizzando una prova scevra d’errori e soprattutto di quelle ormai celebri “goggiate” commesse spesso nei momenti di massima forma, fondamentali per realizzare imprese da cineteca, ma nel peggiore dei casi decisivi al fine dei risultati.
Se gli infortuni sono stati una costante nella carriera di Goggia, le hanno anche consentito di crescere e incanalare gradualmente quella “foga agonistica” che ha caratterizzato i suoi inizi rendendola particolarmente amata dal grande pubblico. Un potenziale che Sofia ha saputo trasformare in energia da scatenare in allenamento per diventare decisiva nei tratti di scorrimento e trovare quella stabilità che la rendono spesso imbattibile oltre i cento chilometri orari dove soltanto i più coraggiosi sanno fare la differenza.
La sfida di Sofia sarà quella di fare pace con la sfortuna e vincere quell’alloro iridato che manca nel suo ricco palmarès, non smettendo mai di fare divertire il proprio pubblico, ma al tempo stesso di diventare un esempio per i più giovani, anche da un punto di vista tecnico.
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