Ciclismo

Il dominio di Pogačar fa morire il Giro?

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«Tadej Pogačar ha chiuso il Giro». «Il Giro è morto». Esclamazioni e sensazioni frequenti dopo più di dodici giorni di Giro d’Italia a senso unico per quanto riguarda la prima posizione della classifica generale. Lamenti e brontolii che nella prima metà della seconda settimana sono stati coperti dal tris di Jonathan Milan a Francavilla al Mare e Cento e dall’esaltazione collettiva per l’impresa di Julian Alaphilippe e Mirco Maestri nella frazione dei muri marchigiani.

I primi sospiri di una parte del pubblico si sono avvertiti fin da quando lo sloveno della UAE Team Emirates ha sfiorato la maglia rosa nella prima tappa a Torino, terzo allo sprint dietro Jhonatan Narvaez e Maximilian Schachmann. L’ha vestita il giorno dopo a Oropa: egemonico nonostante una foratura ai piedi della salita. Un déjà vu a tinte rosa e gialloazzurre, quelle della maglia e della bici di Marco Pantani nel 1999. Sono seguiti altri due successi di tappa. Prima nella cronometro tra Foligno e Perugia, distruggendo, quello che almeno sembrava, il tempo fenomenale registrato da Filippo Ganna, e poi sull’ascesa di Prati di Tivo, in controllo e con una fulminante volata finale. Il distacco, ideale e cronometrico, è sembrato fin dall’inizio incolmabile. Tutto come previsto, del resto. Tra le tre vittorie si sono intermezzate giornate corse da protagonista, anche quando non era atteso. Ma proprio l’attesa è un concetto sconosciuto a Pogačar. Se vede l’occasione per provare a vincere, a divertirsi ed entusiasmare, non ci pensa due volte ad alzarsi sui pedali e scattare.

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Tadej Pogačar transita alla curva Pantani lungo la salita di Oropa

È quanto successo in una prima settimana di Giro che non dimenticheremo facilmente. In questa seconda in corso, invece, Tadej si sarà ricordato che a luglio c’è anche un Tour de France da vincere e così non l’abbiamo visto ancora scatenarsi. Ha tirato un po’ il fiato. Ma non si può negare che fin dalla partenza abbia prodotto e indotto spettacolo, dimostrando come la presenza di un corridore dominante non privi un grande Giro dallo show. Anzi, lo moltiplichi. Guardando le sue prestazioni, tanti in gruppo si sentono motivati a dare quel 5% in più, a tentare un’azione impensabile, a resistere ancora un po’ quando il corpo ti supplica di rallentare, come spesso hanno dichiarato. Ci piace pensare, quindi, che nel magico ritorno alla vittoria di Julian Alaphilippe a Fano ci sia anche lo zampino di Pogačar. Che il francese abbia pensato anche alle sue folli azioni solitarie quando, durante la fuga, dall’ammiraglia gli hanno suggerito di fermarsi e aspettare il gruppo. Ha proseguito con Maestri. Ha fatto la cosa più assurda, ma giusta.

Un solista trascinatore, potremmo definire quindi Pogačar, che quando parte in salita nessuno resta alla sua ruota. E se la lotta per la vittoria della generale si chiude, alle sue spalle la corsa si accende. Corridori che rimbalzano per tentare di seguirlo, si pensi a Ben O’Connor a Oropa. O corridori che finiscono per accumulare ritardi superiori alla norma: sempre a Oropa possiamo guardare a Romain Bardet, il quale sarebbe rimasto molto probabilmente nel gruppetto dei migliori fino al traguardo se Tadej non avesse spezzato la corsa. Bardet e tanti altri, se non vorranno accontentarsi, saranno costretti ad attaccare più del dovuto nel finale del Giro, per provare a limitare il distacco dagli avversari più vicini. Ne guadagna lo spettacolo e il merito è di Pogačar.

Le scorse edizioni della corsa rosa sono state caratterizzate da un grande equilibrio. Il livellamento, però, si trasformò presto in estenuante attesa, con la noia a fare da padrona. Qualcuno vuole tornare ad assistere a quelle giornate? Se poi il corridore in maglia rosa prova ad uscire dal gruppo per tentare di vincere una tappa dedicata ai velocisti e trascina con sé uno dei pretendenti al podio, come Geraint Thomas a Fossano, oppure riprende i fuggitivi e tira la volata al suo compagno, come successo a Napoli per Juan Sebastián Molano, non possiamo minimamente lamentarci. Insomma, godiamoci questa seconda parte di Giro e impariamo a guardare oltre la lotta per la vittoria finale, che potrà considersarsi davvero finita, morta, solo sotto l’ombra del Colosseo.


Immagine in evidenza: © Giro d’Italia, X

Marco D'Onorio
“Lo sport avrà tanti difetti, ma a differenza della vita nello sport non basta sembrare, bisogna essere" (G. Mura). Fondatore di Vita Sportiva.

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