Il Giro d’Italia è alle porte e un’altra stagione delle classiche è alle spalle. Possiamo dirlo, non è stata la più entusiasmante di sempre. A influenzare la spettacolarità e la prevedibilità di queste gare sono intervenuti due tipi di fattori. Le due maxi-cadute che hanno escluso alcuni dei maggiori contendenti, quella alla Dwaars door Vlanderen che ha coinvolto diversi protagonisti della stagione delle pietre come Wout van Aert (Visma-Lease a Bike), Jasper Stuyven (Lidl-Trek), Mads Pedersen (Lidl-Trek) e Biniam Girmay (Intermarche Wanty), e la caduta alla Itzulia Basque Country che ha compromesso la stagione delle Ardenne di Remco Evenepoel (Soudal Quick-Step) e Primoz Roglic (Bora-hansgrohe).
Un secondo fattore da considerare è la presenza di nettissimi favoriti, quelli che vengono definiti i fenomeni per antonomasia, Mathieu van der Poel (Alpecin-Deceuninck) e Tadej Pogacar (UAE Team Emirates).
I due hanno dominato le corse a cui hanno preso parte, spesso con attacchi dalla lunga distanza, come nei casi dell’E3, del Fiandre, della Roubaix e della Liegi. Nel caso della Milano-Sanremo la volontà di uno dei due (Mathieu) ha plasmato la dinamica della gara risolvendosi in uno sprint a favore di Jasper Philipsen, compagno di squadra del neerlandese.
Insomma, tolta qualche piccola eccezione, possiamo dire che la stagione delle classiche è andata esattamente come previsto.
Nei pomeriggi trascorsi a guardare uno spettacolo di cui si conosce già l’esito, spesso passo il tempo su X. Un ambiente che ultimamente diventa sempre più tossico (grazie Elon), ma dove la community del ciclismo presenta ancora una certa qualità e dove si riesce sia a ridere sia a trovare contenuti di qualità. Forse questo è anche merito di molti ciclisti che ne fanno un uso diverso dai soliti commenti post-gara che sembrano scritti con ChatGPT. Così ho deciso di raccogliere i migliori tweet per raccontare al meglio la stagione delle classiche appena conclusa.
Nel decennio scorso, Romain Bardet è stato uno dei corridori più promettenti oltremanica. In alcune giornate di luglio, sembrava veramente potesse scalfire il dominio dell’allora Team Sky. Purtroppo, non ci è mai riuscito, ma già si era capito che tipo di persona fosse anche al di fuori della bicicletta. Molto intelligente, interessato al mondo che lo circonda e molto sensibile. In occasione della Milano-Sanremo gli è stato chiesto di scrivere un editoriale al riguardo, e di sicuro il lavoro gli è riuscito molto bene. In poche parole, ha sintetizzato l’essenza della Milano-Sanremo e di questi anni: Mathieu van der Poel che piega a suo piacimento le corse.
Fino al Poggio, il canovaccio che tutti ci aspettavamo: gara chiusa, UAE che fa il ritmo in salita. Il forcing sulla Cipressa, e poi l’attacco di Pogacar sul Poggio. Dietro, van der Poel a chiudere ogni attacco con relativa facilità. Tra lo scollinamento e la discesa, rimangono davanti in dieci, tra cui Jasper Philipsen, compagno di squadra di van der Poel.
Il neerlandese decide di lavorare per il compagno di squadra, andando a chiudere ogni tentativo di allungo nel finale, l’ultimo quello di Tom Pidcock (Ineos Grenadiers). Jasper Philipsen ha concluso il lavoro battendo in volata Michael Matthews (Jayco-AlUla) e Tadej Pogacar.
Nel mondo del ciclismo, e dello sport in generale, negli ultimi anni è molto discussa l’ascesa spaventosa (in relazione al numero di abitanti) degli atleti scandinavi. Sono stati dedicati articoli e documentari riguardanti l’approccio nelle scuole e la metodologia innovativa di allenamento.
Alla Freccia Vallone è venuto fuori il vero “metodo norvegese” secondo Tao Geogheghan Hart: la “Danza della pioggia” in onore di Odino. Con temperature glaciali e maltempo da tregenda, di fronte a tutti ha fatto capolino la Uno-X (unica squadra con tutti gli effettivi in grado di finire la corsa). Su quarantaquattro atleti giunti al traguardo, dieci provenivano da paesi scandinavi.
Abituati ad allenarsi in queste condizioni e molto attenti al vestiario. Infatti, guardando i frame, si notavano alcuni tratti in cui erano tra i pochi ad indossare pantaloni lunghi e maglie pesanti.
A spuntarla poi è stato Stephen Williams, inglese della Israel-Premier Tech che è riuscito a dare la zampata vincente sul Muro di Huy.
Tra gli account di X, sicuramente uno dei miei preferiti è quello di NairoinGreen. Nato come fan account di Nairo Quintana ma poi evoluto in un account di ciclismo a tutto tondo, sempre in chiave ironica. In occasione della Amstel Gold Race, ha lanciato un tweet riassuntivo della sensazione di molti. Un sorrisino quando abbiamo capito che Mathieu van der Poel non era nella sua giornata migliore e che quindi la corsa era aperta a nuovi scenari.
Di fatto è stata una gara molto bella e imprevedibile, e si è risolta con la vittoria di Tom Pidcock in una volata ristretta davanti ad Marc Hirschi (UAE Team Emirates), Tiesj Benoot (Visma-Lease a Bike) e Mauri Vansevenant (Soudal Quick-Step).
Spesso il ciclismo è uno sport veramente crudele. In pochi istanti gli obiettivi di una stagione possono essere spazzati via da una caduta. In un secondo ti ritrovi a riflettere su tutti i sacrifici fatti per mesi e nel momento successivo sei lì. Dolorante a terra, cercando di capire quanti mesi ci vorranno per rimetterti in sella, maledicendo il giorno in cui hai deciso di salire su una bici.
Alla Dwaars door Vlanderen, questa sensazione è stata condivisa da tanti. Trovatisi coinvolti in una bruttissima caduta a settanta chilometri dalla fine, tra cui Jasper Stuyven (il cui tweet sopra) che esprime meglio cosa prova un atleta in questi momenti.
Proprio in seguito a questa serie di maxi-cadute e in nome della sicurezza, Adam Hansen, ha avuto una delle peggiori idee possibili. Inserire una chicane prima della Foresta di Arenberg, settore storico della Parigi-Roubaix.
Premesso che in questo tratto la velocità di ingresso si aggira intorno ai sessanta chilometri orari, con tutti che cercano di stare davanti per evitare problemi. Le critiche sono state diverse. La più rumorosa è stata sicuramente quella di Mathieu van der Poel, poi vincitore della gara, che ha chiesto se fosse una barzelletta.
Infatti, i rischi che potesse succedere qualche guaio prima della chicane, vista la presenza della stessa in un momento chiave della corsa, erano tanti, considerando anche la presenza di un passaggio a livello. Fortunatamente, tutto è filato liscio, anche visto il ritmo già infernale imposto dalla Alpecin-Deceuninck, prima della Foresta e dopo la Foresta, che aveva assottigliato il gruppo a una quarantina di unità.
Ineluttabile. Così si può sintetizzare la primavera di Tadej Pogacar. Sei vittorie in dieci giorni di gara dall’inizio della stagione, tra queste la Strade Bianche vinta attaccando ad ottantuno chilometri dalla fine e la Liegi-Bastogne-Liegi vinta con un attacco sulla Redoute a trentacinque chilometri dalla conclusione. Da qui, road.cc dedica il titolo che meglio sintetizza sia l’inizio di stagione che l’intera carriera, finora, di Tadej Pogacar: “Morte, tasse e Tadej Pogacar che domina le corse in bicicletta”.
Chiudiamo questa rassegna parlando dello scontro che tutti ci aspettavamo ma che abbiamo potuto solo assaporare alla E3 Harelbeke. “C’è qualcosa di esistenziale in questa foto di van Aert da solo che rincorre van der Poel”. In questa foto c’è tanto del rapporto sportivo tra i due. Durante la E3, van Aert è scivolato all’imbocco del Paterberg cercando di tenere il passo dopo l’accelerazione di Mathieu van der Poel. Poi è iniziata una rincorsa che è durata una ventina di chilometri, che l’ha portato a quindici secondi di distacco prima di alzare bandiera bianca. Tutti si aspettavano una rivincita nelle gare successive, ma così non è andata. Una caduta ha messo fine ai sogni di primavera di Wout van Aert. Ancora una volta.
“Se il forfait di Van Aert ci affligge, se il suo pianto singhiozzante emerso dalla TV ha arpionato qualcosa di profondo dentro di noi, è perché poche cose nella vita ci tormentano più del rimpianto”. (Leonardo Piccione – Bidon)
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