Il lato oscuro dello sport ha sempre esercitato in egual misura fascino e timore presso gli appassionati delle diverse discipline. Da un lato vi è la morbosa curiosità di scorgere oltre la patina televisiva e mediatica che vede i nostri eroi impegnati in mirabolanti imprese e in qualche modo umanizzarli per renderli più vicini alla dimensione dove vive l’uomo di tutti i giorni, dall’altro si erge la paura di imbattersi nel crollo di quegli stessi idoli e nel loro rivelarsi per l’appunto troppo simili a noi. Nel momento in cui i miti ai quali si è abituati a guardare come esempi del successo e della realizzazione inseguiti quotidianamente si svelano in qualche modo impuri e corrotti, questo causa nel fan una dissociazione da essi che non vorrebbe mai sperimentare.
Netflix ha sicuramente compreso le potenzialità di una simile narrativa e infatti solo negli ultimi due mesi ha pubblicato ben due collane a riguardo: “Untold” e “Il lato oscuro dello sport”. Se il primo però verte in larga parte su aneddoti nefasti (come il Malice at the Palace) o ritratti antropologici controversi (Caitlyn Jenner, Mardy Fish), la seconda invece tratta esclusivamente del rapporto malato tra lo sport e la corruzione a fini di lucro. E proprio nella prima puntata di quest’ultima troviamo il protagonista di questo articolo e la sua triste storia: quando Stevin “Hedake” Smith scambiò il suo futuro da star NBA per 20.000 dollari.
“Onestamente non riesco nemmeno a trovare le parole per descrivere come mi sento per quello che ho perso”. Con queste parole, dopo un breve crollo emotivo, si apre l’intervista a Stevin Smith sulla terribile primavera del 1994. Il giocatore di Arizona State è stato infatti il soggetto al centro dello scandalo delle combine sportive riguardanti l’Università della quale era all’epoca miglior giocatore e superstar indiscussa. Una vicenda pericolosa e controversa che finirà per condannarne la vita e la carriera.
Nel febbraio 1994 Stevin Smith, per tutti “Hedake”, ha il mondo ai suoi piedi. È il leader di Arizona State University, una delle squadre più dotate di tutte le università del paese che in lui ha il miglior scorer di sempre della propria storia (oltre che il detentore del record per triple segnate) e un giocatore con pochi eguali: con la sua dirompente abilità da point guard Hedake domina le partite e diventa uno dei volti più ricercati del basket collegiale. Diversi scout vanno a vedere le sue performance e l’opinione diffusa è che sarà tra le prime dieci chiamate del Draft NBA che si terrà a luglio. Ha già un piede dentro il sogno di una vita – varcare le soglie dell’Olimpo della pallacanestro – ma il tracollo è dietro l’angolo.
Soldi. Come già annunciato nel titolo, è di questo che si parla. La squadra di Arizona ha molti giocatori di estrazione popolare, giovani ragazzi che cercano una via di fuga dall’estrema povertà: ma la scuola non tende una mano ai ragazzi che portano risultati in bacheca e dollari nelle casse dell’ateneo. “A volte non mangiavo. Spesso andavo nelle stanze degli altri a chiedere cibo”. così Isaac Burton, ex titolare della squadra e amico di Smith, descrive l’assurda situazione dell’epoca. In un contesto simile è facile per gli squali che popolano lo sport universitario trovare terreno fertile per i propri affari. Ed è qui che entrano in scena Benny Silman e Joe Gagliano.
Il primo è un giovane allibratore della ASU, il secondo è un ventitreenne impiegato alla Borsa di Chicago dove vende contratti con obbligazioni a termine: i due decidono di creare un fondo scommesse e come prima operazione investono in una combine scolastica. Silman infatti ha un credito di 10.000 dollari con Hedake – sedotto prematuramente dalla possibilità di guadagni facili – e lo tiene in pugno: Gagliano annusa l’affare e decide di investire una grossa somma nei casinò di Las Vegas per non destare sospetti. Il piano è che i due match in programma contro Oregon e Oregon State si concludano con un margine di distacco non superiore ai 12 punti: lui incasserà un milione di dollari (che poi diventeranno 2.5 dopo la seconda gara) e Smith avrà 20.000 dollari a partita. Questa cifra sarebbe da capogiro per un qualsiasi giovane, ma per chi viene da un ghetto disastrato è l’El Dorado: il giocatore accetta e coinvolge anche il compagno Isaac Burton per minimizzare i rischi. Entrambe le gare vengono vinte di soli 6 punti e la vicenda sembra concludersi senza troppi problemi con tutte le parti coinvolte più ricche di prima, anche se qualche sirena delle autorità inizia lentamente a destarsi.
La storia a questo punto ci presenta una divergenza fondamentale: Gagliano racconta di essere stato contattato qualche giorno dopo direttamente da Stevin per un’idea folle, ossia scommettere su se stesso e sull’esito della sfida contro il colosso UCLA. La versione di Smith è radicalmente opposta: questa telefonata non sarebbe mai avvenuta, anzi, sarebbe stato lui a essere avvicinato nuovamente da Gagliano e Silman. Quale sia la verità, di fatto scatta un’altra pericolosa combine, e questa volta Arizona State non deve perdere con uno scarto maggiore di 4 punti. Ma le quote non possono sempre premiare e nonostante una grande gara della point guard Il suo team perde di 6 punti mandando a monte la scommessa.
C’è bisogno allora di un altro colpo per tornare in pari con i conti: la partita seguente contro la modesta USC diventa teatro per una prestazione orribile da parte di Smith che condanna la squadra a una sconfitta di 14 lunghezze. Il periodo altalenante di Stevin allerta non solo gli scout ma anche le autorità competenti che annusano qualcosa di strano nelle recenti prestazioni dell’Arizona State University. Ma non si tratta solo di questo: per i bookmakers le linee dei margini di vittoria variano sempre troppe volte in occasione delle partite della ASU. La sirena che allerta definitivamente le autorità è la quinta e ultima partita truccata da Smith e Gagliano contro Washington dove l’ago della differenza punti utile cambia ben 44 volte invece della canonica decina. È qualcosa di troppo inusuale e la commissione per il gioco del Nevada chiede l’intervento dell’FBI che contatta anche la squadra.
La paura di essere scoperto investe Hedake che, durante l’intervallo del match, decide di allontanare i sospetti in un unico modo: guidando la sua squadra a una schiacciante vittoria quando le milionarie scommesse depositate da Gagliano e soci indicano solo un piccolo margine. Gli effetti del successo di Arizona per ben 18 punti sono disastrosi: la combine salta, tonnellate di dollari vanno in fumo e il lunedì seguente i giornali sono pieni del presunto scandalo sulle partite truccate.
La stagione ad ogni modo è terminata. Smith torna a casa cercando di lasciarsi questa storia alle spalle e con in testa solo una cosa: il Draft NBA. Adesso possono arrivare i soldi veri e la vecchia vita diventare solo un ricordo. Ma il danno collaterale è molto più grande del previsto: anche se ufficialmente non c’è ancora nessuna inchiesta montata, le prestazioni della ASU e le voci di un coinvolgimento dei giocatori nelle combine fanno crollare a picco la reputazione di Stevin, che da prospetto top 10 finisce per non essere draftato.
È la fine del sogno. Uno dei migliori giocatori del college di quel periodo inizia una girandola di squadre e paesi: Spagna, Israele, Francia e anche una piccola parentesi alla Scafati Basket in Italia. Il 1997 è l’anno cardine per la resa dei conti: ottiene finalmente un contratto NBA e a fare la proposta la sua natia Dallas con una proposta di dieci giorni. Smith ormai tuttavia è l’ombra del giocatore che stregava al liceo e al college e al termine del contratto viene tagliato dalla franchigia. A luglio viene arrestato per lo scandalo delle combine di tre anni prima e a dicembre si dichiara colpevole venendo condannato a un anno e un giorno che sconterà tra il 1999 e il 2000. Otto anni dopo annuncerà il proprio ritiro.
“Tutti mi chiamavano Hedake, ma per mia madre e per chi mi conosceva ero Stevin Smith. Hedake era un personaggio, la star del college. Hedake ha messo nei guai Stevin Smith.” Così l’ormai ex-giocatore riassume la propria triste vicenda. Smith adesso ha 49 anni e ha deciso di sfruttare la propria esperienza diventando il vicepresidente del programma N.O.W., un ente di Dallas che si occupa di aiutare i giovani tenendoli lontani dalle scelte sbagliate e provando a dar loro un futuro.
Stevin ha deciso di dare il meglio di sé cercando una redenzione mediante l’essere una guida e un mentore per i ragazzi in difficoltà, riuscendo a diventare proprio una di quelle figure con forte senso umanitario che a lui sono mancate nel momento più importante della sua vita.
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Immagine in evidenza: © Press Box DFW
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