I veri campioni sono coloro che sanno inseguire le proprie passioni fermandosi quando il talento non basta più a colmare i gap tecnici con gli avversari. Mollare però non è semplice e a volte si preferisce investire su nuove esperienze piuttosto che abbandonare definitivamente il mondo dell’agonismo. Questa situazione ha colpito anche un fuoriclasse dei motori come Giacomo Agostini che, dopo aver vinto di tutto sulle due ruote, ha deciso di sbarcare in Formula 1 con risultati rivedibili.
La Ferrari e il “grande rifiuto” al Drake
Prima di inoltrarsi fra le fronde dell’automobilismo in salsa anni ’80, è necessario fare un passo indietro e andare all’inizio del 1967 quando “Mino” è nel pieno della propria “liaison” con l’MV Agusta. Ha appena vinto il primo titolo Mondiale nella 500 in una Monza in visibilio, sfiorando il successo anche nella 350 inchinandosi soltanto all’inglese Mike Hailwood, capace di alternare a tratti la propria esperienza fra Motomondiale e Formula 1. Un esempio che lascia sicuramente aperta la strada per un “salto della barricata” e che spinge “il Commendatore” Enzo Ferrari a puntare su Agostini in vista di un rinnovo del proprio parco piloti.
Avendolo già visto dal vivo nel corso di alcuni weekend di gara, complice l’intreccio fra due e quattro ruote, il “Drake” convoca il fuoriclasse di Lovere per testarsi sull’Aerautodromo di Modena sul sedile di una Ferrari Dino 206 S Berlinetta al fianco di Andrea De Adamich e Ignazio Giunti, già protagonisti con le vetture sport. A sorpresa Agostini stampa i tempi migliori e riceve così da Ferrari una proposta per guidare dalla stagione successiva la Rossa, in cambio di lasciare definitivamente il mondo delle moto.
“Incontrandoci spesso con la Formula 1 negli stessi circuiti dove correvamo, l’ingegner Ferrari notò il mio talento e mi propose di correre per la sua scuderia. Ci pensai qualche giorno, tuttavia mi accorsi che la mia passione era legata alle moto per cui rifiutai, ma lui comprese la mia scelta”.
La fine della carriera in moto e il passaggio nella Formula 2
Dopo aver conquistato 15 titoli mondiali e ben 123 gare su 190 disputate, Agostini decide di abbandonare a 36 anni il Motomondiale, ma l’idea di lasciare definitivamente la velocità non lo convince. Visto quanto compiuto da John Surtees (unico a cogliere l’iride sia con le due che con le quattro ruote), Jean-Pierre Beltoise e dal suo rivale Mike Hailwood, decide di provare una nuova esperienza, come da lui stesso confermato.
“Purtroppo a volte è difficile mollare e per questo ho deciso di provar ad allungare la mia carriera puntando sulla Formula 1. Avendo già vinto parecchio fra le moto, l’ho affrontato senza troppe pretese e ho lottato piuttosto per la top five che per la vittoria, cogliendo anche un podio”.
Sostenuto dalla Marlboro, Agostini cerca di intraprendere questa strada partendo dal Campionato Europeo di Formula 2, acquistando una competitiva Chevron B42 BMW e allenandosi per la nuova esperienza sfruttando un auto che vede Derek Daly e Keke Rosberg cogliere diversi successi. Per il talento tricolore la situazione non è così semplice, la sua guida appare troppo pulita e ciò gli impedisce di adattarsi al circuito non riuscendo mai a centrare la qualificazione se non in occasione del Gran Premio del Baden Württemberg e Assia concluso in sedicesima posizione al via però con una March.
Sono gli anni del dominio di Bruno Giacomelli con la March Racing e in Italia iniziano ad alzarsi le prime critiche nei confronti di Agostini che decide di abbandonare la kermesse e trasferirsi nella più tranquilla Formula Aurora AFX.
Il passaggio in Williams e i primi podi in Formula Aurora AFX
Per provare ad alzare il tiro, nel 1979 “Ago” si iscrive al campionato inglese di Formula 1 che richiama numerosi ex piloti del massimo circuito automobilistico, spesso in difficoltà sulle piste di tutto il mondo. Agostini si compra due Williams FW06, il medesimo modello utilizzato da Alan Jones per centrare il podio nel Mondiale e puntualmente riadattata con i colori rossi della Marlboro, affittandone una a vari piloti durante la stagione.
Complice probabilmente il livello inferiore rispetto alla Formula 2, la situazione cambia radicalmente e il centauro orobico riesce a mettersi in luce cogliendo un terzo posto sia all’Anglia TV Trophy andato in scena sul circuito di Snetterton che al Daily Express Formula 1 Trophy svoltosi sulla pista di Oulton Park. Il pilota italiano chiude quindi l’annata con 19 punti e l’ottavo posto finale, decidendo così di proseguire la propria esperienza anche nel 1980.
Le cose vanno addirittura meglio e Agostini, complice anche l’aiuto fornito dalla casa madre che domina in Formula 1, appare ancor più combattivo mettendo a segno ben quattro podi, dal Gran Premio Lotteria di Monza al Pace Petroleum Trophy di Brands Hatch passando per Radio Victory Trophy di Thruxton e Pentax Trophy di Silverstone. I punti questa volta sono ventidue che gli valgono la quinta piazza nella classifica finale vinta dallo spagnolo Emilio de Villota, ma soprattutto la consapevolezza di poter far bene anche su piste inserite nel Circus.
Brands Hatchs e Imola, le sfide con le vere Formula 1
Se in Inghilterra Agostini riesce a districarsi al meglio nonostante l’età, molto è dovuto anche dal talento che lo sorregge e che gli permette di giungere a un passo realmente dalla Formula 1. Il loverese infatti prende parte a due prove non valide per il Campionato del Mondo, ma che, come accade spesso all’epoca, vede i grandi fenomeni della velocità cimentarsi per arrotondare il proprio stipendio e allenarsi in vista dell’iride.
Il primo approccio è proprio nel 1979 dove le auto della Formula Aurora affrontano la “Race of Champions” sull’asfalto di Brands Hatch, dove compaiono in griglia la Lotus di Mario Andretti, le Brabham di Niki Lauda e Nelson Piquet, la McLaren di John Watson e la Ferrari di Gilles Villeneuve. Un parterre di primo piano che si mette in luce sin dalle qualifiche dominate da “Piedone” Andretti che stampa il miglior tempo con 26 centesimi su Lauda e 33 sul funambolico Villeneuve. Per Agostini arriva un mesto sedicesimo posto a quasi cinque secondi dalla pole che lo posiziona nelle retrovie, costretto a recuperare anche rispetto ai colleghi della Formula Aurora.
A trionfare è l’“aviatore canadese” che, sfruttando i problemi alle gomme patiti da Lauda e Andretti, regala alla Ferrari l’ultima vittoria in una prova non valida per il titolo mondiale. Per Giacomo Agostini si tratta di una gara regolare che, complice le noie meccaniche patite dagli avversari (fra i quali anche la McLaren di John Watson), si ritrova all’arrivo in undicesima posizione, distante oltre due giri dal vincitore e ben lontano dalle Formula 1.
La situazione migliora però qualche mese dopo ad Imola dove va in scena il Gran Premio Dino Ferrari, una sorta di prova generale per il circuito emiliano che l’anno successivo ospiterà il Gran Premio d’Italia prima di diventare sede definitiva prima del Gran Premio di San Marino e poi del Gran Premio dell’Emilia Romagna e del Made in Italy. Sulla pista dedicata al figlio del “Commendatore” Giacomo si mette in luce al fianco di parterre che vede al via numerosi assi della velocità dell’epoca come Carlos Reutemann, Jean-Pierre Jarier, Niki Lauda, Patrick Tambay, Jean-Pierre Jabouille, Keke Rosberg, Jody Scheckter e Gilles Villeneuve. Al via con il Team Agostini che schiera insieme al lombardo Carlo Virginio Franchi noto con lo pseudonimo “Gimax”, Agostini scatta dalla decima casella lasciandosi alle spalle i più titolati Bruno Giacomelli, Arturo Merzario e Elio De Angelis, sicuramente più avvezzi alla Formula 1 di lui.
Un risultato importante nonostante l’assenza di alcuni campioni annunciati e la prima fila monopolizzata dalle Ferrari di Villeneuve e di Scheckter, che devono però lasciare presto spazio a Lauda, destinato a duellare per alcuni giri con il nordamericano. Come più volte accade in quegli anni, Villeneuve appare eccessivamente irruento e in un tentativo di sorpasso tampona la Brabham motorizzata Alfa Romeo dall’austriaco, rompendo così l’alettone e dovendo dire addio alla vittoria. A causa del deterioramento delle gomme, anche Scheckter è costretto a lasciare strada alla Lotus di Reutemann concludendo la gara in terza posizione alle spalle di Lauda e dello stesso argentino, consegnando così l’ultima vittoria della storia a una monoposto motorizzata Alfa.
Per Giacomo Agostini si conferma ancora una volta una gara tranquilla, senza particolari patemi che gli consente di chiudere con un giro di distacco dal vincitore mantenendo la posizione di partenza, ma soprattutto gli permette di lasciarsi alle spalle piloti di Formula 1 rimanendo in scia di Patrick Tambay e di Vittorio Brambilla. Un risultato che non basterà per far fare il grande salto a “Mino”, che al termine della stagione 1980 abbandonerà definitivamente l’ambito agonistico trasformandosi in un direttore sportivo vincente in ambito motoristico.
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