Lo sport ai massimi livelli è amato anche per le storie che riesce a regalare. Tra loro, quelle dotate di maggior potenza narrativa, sovente corrispondono alle prestazioni e/o ai risultati più inattesi ed impronosticabili. Il 2023, come ogni anno pre-olimpico, è stato pregno di eventi rilevanti, in special modo campionati mondiali. Alle rassegne iridate di atletica e sport acquatici, tradizionalmente organizzate in anni dispari, l’anno che volge al termine ha visto affiancarsi, tra gli altri, anche il mondiale della “palla a spicchi”, con l’inatteso trionfo della Germania. La Coppa del Mondo, dal 2019, si tiene infatti l’anno precedente a quello olimpico. Le ultime due edizioni sono state accomunate, inoltre, dall’essersi giocate entrambe in terra asiatica. Fatto che si ripeterà nel 2027 con l’assegnazione della rassegna al Qatar, in spregio ad ogni elementare “criterio dell’alternanza”.
Germania in gloria nel basket
Ciò che indubitabilmente caratterizza però l’edizione conclusasi lo scorso settembre a Manila, è proprio l’inedita affermazione tedesca. La formazione di coach Gordon Herbert, anche per via di un basket tedesco storicamente avaro di successi, non arrivava certo con i fari puntati addosso. Il roster a disposizione, profondo ed equilibrato, autorizzava a sperare nell’ingresso tra le migliori otto, ma pareva arduo spingersi oltre. Giunti ai quarti di finale con cinque successi in altrettanti incontri disputati, i tedeschi iniziavano a far parlare di loro, ma sottovoce, rimanendo all’ombra delle grandi favorite.
La Germania, volontariamente o meno, è riuscita dunque, nonostante inanellasse vittorie, a tenersi lontana dai riflettori. E non che le prime due fasi non avessero già dato motivo di prestare attenzione al gruppo tedesco. Il talento purissimo di Franz Wagner, l’importanza di suo fratello Moritz, i lampi della stella Dennis Schröder, da anni atteso al ruolo di leader. E ancora la lucidità incrollabile dei veterani Daniel Theis e Johannes Voigtmann. I “gregari” come Maodo Lô o Andreas Obst, pronti ad assumere, all’occorrenza, il ruolo da protagonisti. E infine quelle “pedine di equilibrio”, come Isaac Bonga o Johannes Thiemann, il cui apporto in campo non si apprezza abbastanza dai soli numeri. Nei vari momenti della competizione, la nazionale tedesca ha attinto a tutti loro per spingersi laddove mai aveva osato prima: in cima al mondo cestistico.
La svolta per la Germania
La squadra era dunque ben assortita. La forza della Germania, si sapeva dalla vigilia, stava nella grande compattezza d’insieme e nell’esperienza di molti dei suoi. La semifinale ha trasformato però quel che era stato un cammino eccelso, ma non impronosticabile, in un trionfo storico. Nell’occasione al cospetto dei teutonici si materializzava infatti Team USA. Inutile soffermarsi sulle difficoltà a tratti vissute dalla selezione statunitense nella manifestazione. La sfida valevole l’accesso alla finale e il titolo mondiale, dopo la debacle di 4 anni prima, era obiettivo dichiarato per Tyrese Haliburton, Anthony Edwards, Paolo Banchero e gli altri. Nel momento più importante, il primo grande merito dei tedeschi è stato crederci. Scendere in campo convinti di non essere battuti fin dalla “palla a due”. Il resto è una prestazione balistica, di abnegazione, di lucidità e freddezza con pochi eguali.
Pareva difficile ad un certo punto credere all’apparente facilità con cui la Germania trovasse la via del canestro nei modi più diversi. Penetrazioni, ribaltamenti, tiri da 3 o canestri in transizione. Dopo tre quarti di gioco il tabellone recitava 94 punti segnati! I favoritissimi americani costretti ad inseguire. Se non sorprende poi che la Germania tenesse gli USA nello scontro fisico, molto più inattesa la capacità tedesca di arginare l’onda d’urto statunitense in contropiede. Nella 4ª frazione la pressione saliva alle stelle, così come l’aggressività difensiva di Team USA. Ma quando, a poco più di un minuto dal termine, A. Obst con freddezza glaciale, prima depista il difensore e poi infila l’ennesima tripla della sua magica serata regalando 4 punti di vantaggio ai suoi, la Germania vede approssimarsi la linea del traguardo. Il finale è 113-111. Il cammino da stupendo diviene strabiliante. Per la prima volta nella sua storia la Germania è all’atto conclusivo del Mondiale di basket e ad attenderla la Serbia, priva di Nikola Jokic.
Da Nowitzki a Schröder nel segno dei Mondiali
Fino al settembre scorso, il momento più alto nella storia della pallacanestro tedesca era rappresentato dal bronzo conquistato al Mondiale del 2002. In quell’occasione Dirk Nowitzki, leggenda dei Dallas Mavericks ed MVP della manifestazione, trascinò un gruppo complessivamente non sfavillante sul terzo gradino del podio. In quegli stessi giorni a Braunschweig un ragazzo di padre tedesco e madre gambiana, compiva 9 anni: il suo nome era Dennis Schröder. Sua passione principale non era però la pallacanestro. Il suo carattere ribelle trovava la miglior forma di esprimersi attraverso uno skateboard. Compiere acrobazie e discese spericolate con la tavola era ciò in cui dava il meglio di sé. Soltanto gravi vicissitudini familiari, specialmente la morte del padre, indussero Dennis a dare una svolta alla sua vita dedicandosi seriamente al basket. La facilità di gioco d’altronde era talmente evidente da non passare inosservata. Prima in patria e poi oltreoceano il nome circolò rapidamente. Già a vent’anni Schröder era in NBA, scelto al primo giro dagli Atlanta Hawks nel 2013.
L’impatto nella Lega non fu agevole. Nonostante nel tempo abbia saputo ritagliarsi spazi importanti, le premesse, dovute all’enorme talento del playmaker teutonico, verranno rispettate solo in parte. I problemi, legati specialmente alla scarsa continuità, saranno infatti un limite per Schröder nelle stagioni NBA, come dimostrano i numeri importanti, ma non strabilianti. Alla soglia dei 30 anni, l‘occasione per invertire rotta in una carriera che rischiava di declinare senza trofei rilevanti in bacheca, giunge però dalla nazionale. Le avvisaglie c’erano state, importanti, già nell’edizione di Eurobasket 2022. Una semifinale da trascinatore, con 30 punti ed 8 assist, che non era bastata alla sua Germania per aver ragione della Spagna destinata al successo continentale. Ma il tempo appariva maturo e Schröder, alla guida di una nazionale tedesca mai così completa e talentuosa, nel 2023 non ha mancato l’appuntamento con la storia.
L’occasione imperdibile del basket tedesco
L‘atto conclusivo del Mondiale, come detto, vedeva opposte la tradizione della Serbia alla novità assoluta della Germania. Tuttavia va rimarcato come per entrambe l’oro rappresentasse un risultato ben al di là delle aspettative. Detto della compagine tedesca, i balcanici arrivavano infatti alla rassegna iridata senza la stella assoluta N. Jokic, fresco di titolo NBA, e con altre pesanti assenze tra cui Vasilije Micić e Nikola Kalinić. Date le premesse, la sfida non poteva che risultare nervosa ed estremamente equilibrata, tra due squadre super-organizzate pronte a sfruttare l’una le incertezze dell’altra. In un match dalla posta in palio così importante, a prendersi la scena, dirompente, è proprio lui: il più atteso, l’uomo da Braunschweig.
Dennis Schröder è infatti il principale protagonista del primo allungo tedesco che spezza l’equilibrio nel 3° periodo. Gran parte di quanto accade nell’attacco della Germania nella seconda metà di gara scaturisce dalle sue mani. È lui chiamato a risolvere, con giocate individuali, le azioni più laboriose e statiche. Non solo, spesso è anche deputato a creare quel vantaggio dal palleggio di cui i compagni approfittano al meglio. È sempre Schröder, infine, a certificare il successo, spegnendo le velleità serbe di rimonta, con una penetrazione magistrale a pochi secondi dalla sirena. Saranno 28 i suoi punti in finale, ma la sensazione di controllo sul match, va, se possibile, anche oltre le mere cifre.
Se il successo mondiale della Germania è dunque, come accennato, una grande vittoria del gruppo, non può essere sottovalutato l’apporto delle sue stelle, in primis D. Schröder. Da leader tecnico, il playmaker in forza ai Raptors, ha saputo trasformarsi in leader emotivo nei momenti cruciali. Con l’andare della manifestazione ha acquisito le redini del gruppo, conscio di un’opportunità forse inattesa, ma quanto mai concreta. Quel titolo che per molti compagni ha rappresentato l’ingresso nell’Olimpo del basket mondiale, per lui ha significato qualcosa di diverso. Schröder infatti, dopo quasi un decennio vissuto in NBA, aveva di fronte a sé la chance della svolta. Dare concretezza all’enorme talento, fin lì parzialmente inespresso. E così è stato. Assumendosi le maggiori responsabilità e facendolo nel migliore dei modi, ha guidato la Germania dove nessuno immaginava potesse arrivare e contestualmente ha risposto sul campo, a quanti ne avevano messo in dubbio le doti da “vincente”.
Germania, un esempio ripetibile?
Il mondiale filippino andato in archivio ha ribadito, se mai ce ne fosse bisogno, che il basket europeo ha ben poco da invidiare al resto del pianeta. E non soltanto perché in grado di produrre singoli fuoriclasse quali Luka Doncic, Giannis Antetokoumpo, il citato Jokic o l’astro nascente Victor Wembanyama. Ma anche e soprattutto perché capace di assemblare squadre equilibrate, solide, profonde ed altamente competitive. Ne sia la prova che sette delle prime nove classificate nella rassegna iridata in oggetto provengono dal Vecchio Continente. Ciò suggerisce che il successo tedesco, pur sorprendente, potrebbe non restare un unicum. Squadre “modello Germania“, ben assortite e ben allenate, saranno pronte ad approfittare anche in futuro degli eventuali nuovi scivoloni delle grandi potenze, prima fra tutte Team USA.
Dalle ultime due edizioni dei Mondiali, del resto, il messaggio sembra giungere chiaro. A differenza di quanto si riscontra nell’universo cestistico femminile, il divario tra i maestri statunitensi e il resto del mondo si va assottigliando e le “figuracce” son sempre in agguato. Per evitarne di altre, anche loro saranno costretti a costruire dei roster via via sempre più prossimi al migliore possibile. Al di là delle ipotesi, comunque, per averne la controprova e vedere probabilmente all’opera molte delle “Super-Star” assenti ai Mondiali 2023 non resta che attendere. I Giochi Olimpici di Parigi scattano tra pochi mesi, gli USA sono campioni da quattro edizioni consecutive e il prestigio dell’oro olimpico è tale che assai difficilmente gli statunitensi rischieranno di dovervi rinunciare.
Immagine di copertina: © Profilo X/Twitter FIBA Basketball World Cup 2023 🏆
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