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GeoTour – Clermont Ferrand 1983: la scapola di Simon e l’assolo dello sconosciuto Arroyo

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Non esiste Puy de Domê senza Clermont Ferrand. Un connubio indissolubile che ha consentito di riscrivere sia la storia del Tour de France che della città dell’Alvernia, tappa obbligata per chi vuole scalare il “vulcano spento”. Spesso la Grande Boucle è partita da lì per risalire lungo le pendenze terribili del cratere, tanto da incutere timore anche ai più coraggiosi corridori spagnoli che nel 1983 scoprirono sia cosa fosse la corsa francese che cosa fosse la gloria. A ripercorrere tutto ciò è Angel Arroyo, scalatore castigliano già famoso in patria, ma all’esordio assoluto in terra transalpina.

Arroyo e Simon, due sorprese al Tour

Vincitore sul campo della Vuelta dell’anno precedente (retrocesso in seguito alla positività a un controllo antidoping), il corridore della Reynolds giungeva alla “corte dei miracoli” come un perfetto sconosciuto, spaventato da quanto gli sarebbe aspettato complice i video del pavé osservati prima della partenza. Dopo un approccio soft, inaspettatamente il grande giorno arrivò il 16 luglio 1983, 15ª tappa con cronoscalata di 15,6 chilometri da Clermont Ferrand al Puy de Domê.

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Laurent Fignon affronta la salita del Puy de Domê

In Francia tutti attendono l’”enfant prodige” Laurent Fignon, destinato a sostituire l’acciaccato Bernard Hinault costretto al forfait a causa di una dolorosa tendinite. Eppure a prendersi la scena sino a quel momento è Pascal Simon, in maglia gialla da sei giorni, ma soprattutto alle prese con un brutto scherzo del destino. Il promettente uomo da corse a tappe della Peugeot fa fuoco e fiamme nel tappone pirenaico con arrivo a Bagneres de Luchon, stacca tutti sull’Aspin e arriva a 1’13” dal proprio compagno David Millar, vincitore della frazione. Un risultato che lo conduce al comando della graduatoria con 4’22” proprio su Fignon che sembra patire la responsabilità, ma soprattutto la scaltrezza di un corridore che qualche settimana fa aveva conquistato il Giro del Delfinato, ma che una positività al doping l’aveva retrocesso al quarto posto.

La caduta di Simon e il calvario verso il Puy de Domê

Ci sono tutti i presupposti per la nascita di una nuova stella del ciclismo d’Oltralpe, ma nella tappa successiva, verso Fleurance, cade rovinosamente a terra e si rompe la scapola. Sembra tutto finito, ma Simon prova a rifare quanto compiuto qualche decennio prima da Fiorenzo Magni stringendo i denti e rimanendo in corsa. Lascia tutti con il fiato sospeso, ma nelle tre tappe successive perde soltanto 8 secondi da Fignon continuando a pieno diritto il sogno in giallo. Quando si arriva a Clermont-Ferrand iniziano i dolori e Simon va incontro a un vero e proprio calvario. Le pendenze sono elevate, il dolore è insopportabile e il talento francese è costretto a cedere oltre tre minuti al rivale presentandosi in cima con soli 52 secondi di vantaggio su Fignon.

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La sofferenza di Pascal Simon durante la cronoscalata

Il colpo di genio di Echávarri e la scalata vincente di Arroyo

Le fatiche non sono eccessive soltanto per Simon, ma anche per Arroyo che a partire da Clermont-Ferrand vede letteralmente le stelle. A differenza dei suoi avversari però ha un vantaggio in più: sapere com’è il percorso in anticipo. Il giorno precedente il suo team manager José Miguel Echávarri è riuscito a percorrere la strada nonostante la chiusura imposta i mezzi da una sbarra. Si è messo in coda a un camioncino di pagnotte autorizzato a transitare ed è così giunto fino in cima offrendo ai propri atleti preziosi consigli. Arroyo è uno di quelli e, nonostante una scalata decisamente non ortodossa, giunge al traguardo con le mani levate dal manubrio, quasi abbia la forza addirittura per esultare. Ma come raccontato dall’atleta iberico qualche settimana fa al quotidiano “Marca” non era proprio così.

“Ricordo che un rivale mi stava seguendo, ho lasciato andare le mani in cima prima del traguardo e il ragazzo non ci poteva credere. Pensavo di non poter vincere così, ma quello che stavo facendo era prendere un po’ di ossigeno. Cercavo le ombre degli alberi per provare a respirare qualcosa. E ho chiuso gli occhi per non vedere niente, credevo che le gambe mi facessero un po’ meno male così. C’erano tante vespe e, siccome stavo salendo con la bocca spalancato essendo mezzo morto, pensavo che mi sarebbe successo qualcosa se avessi inghiottito tutto quello che passava di là”.

Arroyo vince così il panico, chiudendo gli occhi, e regala alla Spagna un successo senza precedenti precedendo di tredici secondi il compagno di squadra Pedro Delgado. Per lui si tratterà di una svolta per la sua carriera che lo porterà al secondo posto nella classifica finale prima di un lento, ma inesorabile declino. Lo stesso che coinvolgerà Simon, costretto a far i conti con quell’infortunio che gli negherà la possibilità di finire il Tour.

Marco Cangelli
Giornalista presso la testata online "Bergamonews" e direttore della web radio "Radio Statale", sono un appassionato di sport a 360 gradi. Fondatore del format radiofonico "Tribuna Sport" e conduttore del programma "Goalspeaker", spazio dal ciclismo all'atletica leggera, passando per lo sci e gli sport invernali

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