Ho pensato: “Se vinco il mondiale mi ritiro”. Ho vinto il mondiale, ma poi camminando verso la sala stampa pensavo: “Ma perchè devo ritirarmi?”
Così Gabriele Tarquini si raccontava davanti alle telecamere quando, intervistato da un’emittente locale, scherzava sull’essere il più anziano in griglia di partenza. Così narrava quell’episodio di un apparentemente lontano 2009, quando riportò in Italia il titolo di Campione del mondo Turismo. Prima di lui, solo Roberto Ravaglia nel 1987. Dovrà terminare il 2021, quando Tarquini avrà 59 anni, per vederlo giungere alla sua ultima gara. Piove alle pendici delle montagne caucasiche, è l’ultima domenica di novembre, Gabriele rientra ai box non riuscendo a finire la gara. Giunge così, ironicamente non sotto una bandiera a scacchi, la fine della sua carriera.
Di lui resta un ricordo che non svanirà facilmente, vuoi per episodi comici, come quando fu colto a dilettarsi in espressioni colorite all’interno dell’auto per manifestare la sua frustrazione, vuoi per gare dove ha stupito tutti, come quella d’esordio per una nuova era di Hyundai, Zhejiang 2017, quando vinse alla prima uscita pubblica della nuova auto. Ma cominciamo dalle origini.
Gabriele nasce in Abruzzo nel 1962, inizia a correre con i kart nel 1976 e si fa notare, talmente tanto da attirare in pochi anni l’attenzione della Formula 1: Osella gli offre un sedile per la gara di Imola nel 1987. Non riuscirà a giungere al traguardo, ma si rivela un pilota interessante: verrà chiamato più volte fino al 1995 per correre in team minori. In realtà non riuscirà mai ad arrivare a punti, se non in Messico nel 1989. Molte, invece, le volte in cui non riesce a passare il taglio delle prequalifiche, principalmente per limiti dell’auto. Anche alla 24 ore di Le Mans si rivela sfortunato: la tenta solo una volta, nel 1985, ma si deve fermare precocemente.
A metà degli anni novanta, e più precisamente in Inghilterra nel 1994, arriva la svolta: Alfa Romeo gli affida una vettura per il campionato britannico di turismo, il BTCC. Qui Tarquini trova la sua dimensione: il turismo è la sua disciplina, è a suo agio con l’auto tanto da vincere, a sorpresa, le prime 5 gare dell’anno. Riesce poi a ripetersi 3 volte entro la fine della stagione, e diventa campione. Solo un altro italiano otterrà il titolo, e sarà Fabrizio Giovanardi, oltre dieci anni dopo.
Tarquini è ormai lanciato, viene riconfermato da Alfa Romeo per l’anno successivo, senza tuttavia ripetere gli stessi risultati. Con lo stesso costruttore tenta anche l’avventura in Germania nel 1996, ma non con gli esiti sperati. Torna nel campionato inglese nel 1997, con Honda, ed arriva di nuovo il successo. Non riuscirà più a diventare campione, ma si imporrà in gara più volte, tanto da venir considerato uno dei piloti più abili del momento. Prova ancora ad ottenere risultati di rilievo in Germania, restando fedele alla Honda. In due anni arrivano due successi in gara, ma è nel nuovo millennio che si presenta l’occasione per il salto in avanti.
A fine 2000 inizia la sua esperienza nel campionato europeo ETCC, in cui completerà tre stagioni: 2001, 2003 e 2004, apparendo occasionalmente anche nel 2002. Le nove vittorie in 20 gare non bastano per vincere il titolo nel 2001, quando chiuderà terzo. Ma come, a volte, ritornano i vecchi amori, il pilota torna dalla prima squadra che gli ha dato fiducia. Nel 2002 Tarquini appare sporadicamente con Alfa Romeo. Nel 2003, con loro, è campione. Il titolo arriva all’insegna della costanza: vince meno ma sbaglia meno e così, a fine anno, complice un nuovo sistema di punteggio che premia chi termina costantemente tra i primi, sovrasta di un solo punto la BMW di Jorg Muller. L’anno successivo, non arriva un nuovo titolo: è di nuovo terzo nel campionato che vede Priaulx e Muller a pari punti.
Nel 2005 avviene una rivoluzione nel mondo del turismo: torna il mondiale, dopo anni in cui non veniva bandito. Tarquini è lì, pronto a partire con la sua nuova Alfa Romeo. Nonostante due successi, non sarà mai davvero in lotta per il campionato, ma attira l’attenzione di un costruttore spagnolo molto ambizioso: SEAT. Ama lavorare in team, guida la squadra a partire da una normale Seat Lèon che nei primi due anni non si distingue per velocità. La pazienza e la competenza però ripagano: secondo nel 2008 e nel 2010, nel 2009 sale sul tetto del mondo. La classifica lo vede davanti per soli quattro punti sullo storico rivale Yvan Muller, che invece per 4 volte, fino al 2013, sarà superiore a tutti.
Quando la vita in SEAT sembra troppo tranquilla, Tarquini decide di dargli uno scossone: cambia costruttore ancora una volta, per tornare con Honda. Secondo nel mondiale del 2013, nei successivi due anni soffre ma combatte, ed un costruttore russo si interessa a lui: nel 2016 Tarquini firma con Lada, guidando la nuova Vesta alla prima vittoria. In precedenza, infatti, Lada aveva vinto a livello mondiale solo con la più vecchia Granta.
Nel 2017, invece, Tarquini sembra scomparire, se non per un’apparizione in Cina, terminata con la squalifica…
A fine anno, invece, stupisce di nuovo il mondo. Riappare sull’autodromo di Zhejiang, sorprendentemente al volante di una Hyundai. Di fronte al direttivo del costruttore coreano, vince, in modo totalmente inaspettato. Lo stesso Gabriele racconterà in seguito che venne chiamato da Hyundai “quando l’auto era solo un disegno al computer”.
L’anno successivo, proprio con quella Hyundai, arriva nel mondiale. Al suo ritorno, dopo una intensa stagione, arriva sulla pista di Macao, dove, ancora una volta, ottiene il titolo di campione del mondo per pochi punti su Yvan Muller.
Dopo altri tre anni trascorsi con il reparto corse Hyundai, Tarquini si ferma.
Questa è la storia di un uomo con una passione che lo ha spinto oltre il limite dell’età, una passione che lo ha portato a lottare, a cambiare squadre, a cercare la sua strada, il tutto per stare in pista. E così si conclude, infine, la storia di un riscatto, la storia di un uomo che ha perso, ha avuto il coraggio di cambiare, e ha vinto, prima in Inghilterra, poi in Europa, e infine nel mondo, dove, pur continuando a correre, in griglia di partenza non ci sarà più quel simpatico abruzzese, al suo posto un po’ di nostalgia…
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