Il primo quarto della Regular Season NBA è andato in archivio, riservando agli appassionati un’altissima dose di spettacolo e di imprevedibilità. Come in una partita di basket, la fine del primo periodo non dà risposte definitive, tuttavia è un momento utile per fare un bilancio. Non avendo una squadra da allenare, né giocatori da motivare, si è scelto di analizzare le tre principali sorprese e le tre delusioni dell’inizio della RS.
I criteri con cui esse sono state stabilite riguardano essenzialmente le aspettative che una squadra aveva suscitato a inizio stagione. Pertanto, non si troverà qui nessun elogio ai Lakers col miglior record NBA, poiché era preventivabile che occupassero una posizione di vertice. Per lo stesso motivo, squadre che veleggiano nei bassifondi, come New York, Memphis e Cleveland, non costituiscono una delusione, poiché tali risultati erano abbastanza prevedibili. Va preannunciato anche che, tra le delusioni, non è stata inclusa Golden State, poiché i troppi infortuni hanno inevitabilmente influito sulle prestazioni. Infine, dato che la pallacanestro è uno sport collettivo, si è preferito focalizzarsi sulle squadre, riservando eventualmente una breve analisi all’interno di ogni team sul rendimento di alcuni giocatori.
Partendo dalle sorprese, non si può non iniziare dai campioni in carica di Toronto. Si pensava che, una volta partito Leonard, la squadra non potesse rimanere competitiva. Probabilmente le capacità di Nurse, e dell’intero coaching staff, erano state sottovalutate. La risposta è stata il premio di Allenatore del Mese a Novembre (e non va dimenticata la presenza di Sergio Scariolo).
I meriti degli allenatori si possono dedurre da alcune statistiche difensive, che contribuiscono a spiegare il rendimento della squadra. I Raptors, difatti, hanno il quinto Defensive Rating della NBA (102.7, uguale ai Lakers e migliore dei Clippers), mentre il loro Net Rating è il quarto della lega (7.9). La solidità difensiva è testimoniata dalla percentuale di tiri realizzati dalle avversarie, 41.1%, il miglior dato della NBA, così come dai tiri contestati per partita (66, quarti in generale).
Il salto di qualità definitivo è stato compiuto da due giocatori in particolare: Pascal Siakam e Fred VanVleet. La vittoria del titolo li ha trasformati da comprimari in potenziali All-Star e in questo inizio di stagione stanno letteralmente trascinando i Raptors. Il primo è miglior marcatore e rimbalzista (25.1+8.6), il secondo miglior assistman (7.4, e 18.7 punti di media comunque). Le assenze di Lowry e Ibaka hanno portato alla ribalta giocatori come Powell, Hollis-Jefferson, Boucher e Davis, che hanno dimostrato di poter fornire il giusto contributo all’interno di un gruppo collaudato e ben allenato.
Seconda sorpresa, sempre a Est, sono i Miami Heat. Se, con un Butler in più e un Whiteside in meno, si immaginava potessero trovare continuità, nessuno li avrebbe immaginati così in alto a questo punto della stagione. 15-6 il record, terzo posto a Est con scalpi preziosi quali Milwaukee, Houston e la stessa Toronto.
La competenza in regia di Pat Riley ed Eric Spoelstra (rinnovato per altri quattro anni) è sicuramente una delle chiavi del successo. Sottovalutato come pochi, quest’ultimo ha dimostrato una volta di più le proprie capacità di gestione di un gruppo che vede parecchie novità.
La solidità e la versatilità di Bam Adebayo sono un ulteriore elemento della crescita degli Heat. Scorer preciso (56.3%, il migliore tra coloro che giocano almeno 20 minuti), è un giocatore chiave in attacco per la capacità di distribuire assist, 4 a partita, indizio di una minore staticità e di una conseguente maggiore imprevedibilità. La leadership di Jimmy Butler, l’esplosione dei rookies Herro (13.6 punti a partita) e Nunn (15.6) e l’ottimo contributo che la panchina fornisce ogni sera (55,1 punti per partita sommando i cinque panchinari che hanno giocato almeno 15 partite) rappresentano ulteriori punti di forza di Miami.
Come per Toronto, così per Miami la difesa è stata un fattore determinante finora (nel video sotto, un esempio nella partita contro Toronto). Gli Heat sono nella top 10 per Defensive Rating e Net Rating e sono sesti nella classifica delle rubate (8.6 a partita). Inoltre, concedono 105.7 punti a partita agli avversari (ottavi nella NBA, quarti a Novembre con 104.2), sono settimi per tiri realizzati dagli avversari (43.6%), secondi per tiri da tre punti realizzati dalle avversarie (31.6%) e settimi per punti concessi nel pitturato (44.5). Se riusciranno a confermare tale efficienza difensiva, si prospetta una stagione ricca di soddisfazioni, soprattutto ai playoff, dove la difesa è un fattore determinante.
Justise. Jimmy. Bam. pic.twitter.com/5qFnwG0z9H
— THE Jasmine Watkins Fan Acct. (@NekiasNBA) December 4, 2019
La terza sorpresa stagionale si trova nella Western Conference. I Dallas Mavericks sono al quarto posto in classifica, davanti a squadre ben più quotate a inizio stagione quali Rockets, Jazz, Blazers e Spurs.
Se per Toronto e Miami la difesa costituiva l’elemento cardine, i Mavs sono una squadra che dipende in gran parte da un attacco straordinario. Primi in NBA per Offensive Rating (116.5), quarti per punti segnati a partita (118), terzi per Net Rating (8.3) dietro solo a Bucks e Lakers. Il calendario non è stato dei più favorevoli, tuttavia Dallas ha battuto squadre come Rockets, Raptors e Lakers, dimostrando di poter competere nelle alte sfere.
Faro della squadra, e candidato a MVP a soli 20 anni, è Luka Doncic. Già Rookie of the Year lo scorso anno, sta dimostrando una maturità e una confidenza che pochi eletti hanno. Le statistiche che sta accumulando sono strabilianti: 30.3 punti, 10.1 rimbalzi e 9.2 assist a partita. A Novembre ha fatto registrare 32.4+10.3+10.4 (solo Robertson e Westbrook avevano avuto un mese in TD di media a 30 o più punti a partita). L’altra star di Dallas, Porzingis, viaggia a 16.8 punti, 8.9 rimbalzi (miglior dato in carriera), 2.2 stoppate di media ed è probabilmente destinato a incrementare tali numeri.
I #Mavs interrompono la striscia dei #Lakers e offrono una prova maiuscola per gioco corale, organizzazione, maturità.
E #Doncic spara in faccia a #LeBron la tripla che chiude il match ⤵️#OTNBA #LakeShow #MFFL#doncicmvppic.twitter.com/gRSNWmqGEo
— Vita Sportiva (@vitasportivait) December 1, 2019
Anche il supporting cast dei Mavs è di tutto rispetto. Per citare alcune vittorie recenti, contro i Lakers la panchina ha prodotto 43 punti; nella rimonta contro i TWolves, 25/41 nel quarto periodo. In generale, colpiscono i protagonisti diversi ogni sera: Tim Hardaway Jr (31 contro i Rockets), Frank Jackson contro i Lakers (15 punti), Jalen Brunson contro Minnesota (14 punti nel 4Q).
Non va dimenticato, infine, coach Rick Carlisle. Già vincitore del titolo NBA nel 2011 contro gli Heat di LeBron, Wade e Bosh, in questa stagione sta dimostrando ancor più le proprie abilità. Con un gruppo nuovo, giovane, ha sviluppato un gioco che non dipende esclusivamente delle due star, ma coinvolge tutti i giocatori.
Every @dallasmavs player touches the ball!
That's 🏀 movement and a thing of beauty!#MFFL | 📺 @FOXSportsSW pic.twitter.com/4GRXoMAH9W
— FOX Sports Southwest (@FOXSportsSW) November 17, 2019
Il primo quarto di stagione, tuttavia, ha regalato anche alcuni risultati decisamente sotto le aspettative. A Est non si possono non citare i Philadephia 76ers. Partiti con prospettive di dominio, o comunque di competizione con i Bucks per la testa della Conference, sinora hanno ravvisato parecchi alti e bassi.
Quinti in classifica, con un record di 15-7, a quattro partite di distanza dai Bucks, sembra non sfruttino appieno il proprio potenziale. Simmons non tira ancora da 3, ha il 58% ai liberi e tende a sparire nei finali di partita. Solo per citare due partite, contro Toronto e Sacramento, nel 4Q 0/2 FG su un totale di 18 minuti, -8 +/- medio. Embiid, d’altro canto, non ha ancora trovato la giusta continuità per portare a compimento il tanto decantato ‘Processo’ (clamoroso lo 0/11 dal campo contro Toronto).
Se si considera che i Sixers hanno un Defensive Rating tra i migliori della NBA (quinti, 103.3), il quintetto titolare è addirittura il migliore della lega in tale statistica (88.7) e sono sesti per punti concessi agli avversari (104.4), appare pertanto plausibile, come già evidenziato durante la preseason, che un difetto possa essere trovato nella panchina corta. Alcune sconfitte parlano chiaro a proposito: solo 26 punti contro Washington, 11 contro OKC, 29 contro Orlando.
Anche la percentuale di palle perse è tra le ultime della NBA (27esimi, 16,5%). Contro Washington i Sixers hanno concesso ben 21 TO (contro 11), che hanno fruttato ben 30 punti avversari (contro 10). Ciò fa supporre come, una volta sistemata tale statistica, i Sixers potranno scalare posizioni e portarsi perlomeno al secondo posto della Conference.
La seconda delusione di inizio stagione riguarda gli scorsi finalisti della Western Conference, i Portland Trail Blazers. Nonostante un calendario favorevole abbia portato ad una rimonta nell’ultima settimana, i Blazers sono al 9° posto della Conference (9-13), dopo aver toccato anche il penultimo posto a Novembre.
Tormentati dagli infortuni – il lungodegente Nurkic, Collins fuori quattro mesi – sono dovuti ricorrere a Carmelo Anthony per sopperire alle carenze nello spot di ala forte (Leonard mandato a Miami nella trade Butler-Whiteside, qualcuno aveva vociferato di una trade per Gallinari). La mancanza di continuità di Whiteside è stata finora determinante, mentre Lillard e McCollum non sono ancora riusciti a trascinare i propri compagni.
La difesa dei Blazers è stata un punto debole che ha influito decisamente nel primo quarto di stagione. Ventunesimi per Defensive Rating (111), 24esimi per punti concessi agli avversari (114.8, 26esimi a Novembre con 116.1), forzano poche palle perse (13.5, 27esimi) e sono ultimi per punti concessi dopo rimbalzo offensivo (15.8).
La mancanza di punti dalla panchina ha ulteriormente influito sulle prestazioni dei Blazers. Lo scorso anno i cambi garantivano una cospicua dose di punti ogni partita (50,5 di media), supplendo alle carenze difensive. Quest’anno, invece, essi contribuiscono in media per 36,5 e non forniscono la stessa varietà di soluzioni e profondità.
L’arrivo di Anthony sembra aver ridato linfa ai Blazers, perlomeno in attacco (16.9 punti a partita, secondo Offensive Rating tra i giocatori con almeno 30 minuti). Tuttavia, le ultime 4 vittorie sono arrivate contro squadre dal record perdente, pertanto si attendono test più probanti per valutare l’effettiva ripresa di Portland.
La sorpresa più eclatante – in negativo – riguarda tuttavia i San Antonio Spurs, sia in termini di risultati che di continuità. Gli Spurs a Novembre hanno perso 12 partite su 16, collezionando una striscia di 8 sconfitte consecutive (mai accaduto nell’era Popovich). Il record recita 8-14, e il picco della stagione finora è stato raggiunto con il ritiro della maglia di Tony Parker.
Ciò che colpisce è il crollo in difesa, il cardine su cui erano stati costruiti i successi dei decenni precedenti. Gli Spurs, infatti, sono 24esimi per Defensive Rating (113.0), 23esimi per percentuale dal campo degli avversari (47.2, addirittura peggio dei Knicks), 26esimi per punti concessi (116) e penultimi per palle perse forzate.
Tali segnali evidenziano una mancanza di intensità difensiva, a cui non corrisponde un’altrettanta efficienza offensiva. (Per citare un esempio, i Mavs sono ultimi per TO forzati agli avversari, ma hanno il miglior Offensive Rating che compensa in parte questo dato).
L’impressione è che l’ambiente Spurs si trovi in un limbo da cui è difficile uscire. Non volendo tankare, ma mancando l’appeal per attirare i Free Agents, gli Spurs sembra stiano continuando con la strategia di pescare “steals of the Draft”. Campioni come Ginobili o Parker, però, non si trovano dietro l’angolo ogni anno – e le ultime scelte degli Speroni lo confermano.
Tuttavia, gli Spurs si trovarono in una situazione simile anche lo scorso anno (11-12 il record a inizio Dicembre, 5-10 il record di Novembre), rimontando a Dicembre-Gennaio (21-10) e raggiungendo i playoff.
Concludendo, il primo quarto della Regular Season NBA ha portato in dote un’imprevedibilità che contribuisce a mantenere vivo l’interesse degli appassionati. Ciononostante, non ci sarebbe da stupirsi se, nel prosieguo di quest’annata, si assistessero ad ulteriori ribaltoni in classifica. Non resta che mettersi comodi sul divano e gustarsi un secondo quarto di stagione che si preannuncia spumeggiante.
Nota: le statistiche, ove non indicato diversamente, provengono dal sito ufficiale NBA (stats.nba.com).
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