Il successo della Ferrari alla 24h di Le Mans, al ritorno nella massima categoria dell’Endurance dopo 50 anni, non rappresenta solo un grande risultato per la squadra di Maranello. La ritrovata vittoria nel WEC dopo 58 anni è anche un riscatto per tutti coloro che non sono riusciti a trovare fortuna in Formula 1, ma solo grandi delusioni.
Il sogno di ogni bambino che inizia a guidare il kart è quello di diventare un giorno pilota di Formula 1: la massima categoria del motorsport, tanto bella quanto spietata.
La delusione e le difficoltà in Formula 1
Lo sa bene Antonio Giovinazzi, uno dei tanti con cui la Formula 1 non è stata gentile. Il pilota italiano ha iniziato la sua carriera in F1 nel 2019 con l’Alfa Romeo Racing al fianco del finlandese Kimi Raikkonen. Un avventura in monoposto che termina presto, dopo soli due anni, nel 2021. Sfortune, errori e difficoltà sono state compagne fedeli di Giovinazzi. Non è riuscito ad esprimersi al 100% in una categoria che non aspetta, dove il “tutto e subito” è il motto, dove gli errori non esistono e le sfortune non sono contemplate: un mondo in cui il cronometro è l’unico giudice che conta.
Al termine dell’avventura in Alfa Romeo, infatti, Antonio ha espresso tramite un post Instagram il rammarico per come è andata e per come sarebbe potuta andare, sempre con uno sguardo rivolto al futuro e carico di determinazione: “La Formula 1 è emozione, talento, macchina, rischio, velocità. Ma sa anche essere spietata, quando a dettarne le regole è il denaro. Spero di ricredermi presto. Vivo per la sorpresa del risultato inaspettato, delle piccole e grandi vittorie raggiunte grazie ai propri mezzi”.
Ma quello che sembrava un passo indietro, in realtà si è rivelata la svolta. Il progetto Hypercar con la Ferrari era una sfida nuova, entusiasmante ma anche spaventosa se si pensa alle tante difficoltà avute negli ultimi anni. Ma i piloti, così come tutti gli atleti, hanno dentro di loro quella capacità intrinseca che gli permette di lottare, sempre, anche davanti alle difficoltà.
Le sue lacrime al termine della 24 ore raccontano tutto: le difficoltà, le porte in faccia, ogni singola caduta e soprattutto la felicità. Un’iniezione di fiducia che ha dato merito ad un pilota di talento, che si era un po’ perso e talvolta anche sottovalutato.
Oltre la Formula 1
A dimostrazione del fatto che la felicità la si può trovare anche in altre categorie e non solo in Formula 1 è Antonio Fuoco, pilota Ferrari dell’Hypercar numero 50 e autore della pole position a Le Mans. Il viaggio di Antonio nel motorsport inizia molto tempo fa, con un’unica costante: la Ferrari. Infatti nel 2013 entra a far parte della Ferrari Driver Academy e in Formula 2 condivide il box del team Prema con Charles Leclerc.
Il pilota calabrese non ha mai avuto l’opportunità di gareggiare nel mondiale Formula 1, tranne in qualche test. A volte, non è solo questione di talento ma di denaro, sponsor e interessi economici. Non rimanere ancorati solo ad un sogno permette di cogliere nuove opportunità in cui essere felici. Antonio le sue soddisfazioni le ha avute, tra cui il titolo italiano Endurance al volante della Ferrari 488 GT3.
In un mondo sempre più dominato dai soldi, in cui è difficile riuscire a procurarsi un’opportunità per dimostrare il proprio talento, il riscatto degli italiani è solo l’ultimo sul traguardo. Nel corso degli anni recenti molti piloti hanno lasciato la categoria più ambita intraprendendo avventure diverse e scrivendo paragrafi di storia del Motorsport.
La fortuna di chi non si è mai arreso
Dopo due anni in Formula 1 con McLaren, Stoffel Vandoorne è approdato in Formula E, diventando subito uno dei protagonisti della categoria. La breve permanenza del belga nella classe regina è stata molto burrascosa, definita anche dalla presenza scomoda nel box accanto di un pilota esperto e competitivo come Fernando Alonso. Lasciandosi alle spalle i risultati ottenuti con il team di Woking, Vandoorne è riuscito ad esprimere il suo potenziale sulle monoposto elettriche. Ha vinto il campionato piloti della stagione 2021-2022 con Mercedes-Benz EQ Formula E Team, nonché il mondiale costruttori nelle stagioni 2020-2021 e 2021-2022 insieme al compagno di squadra Nyck De Vries.
De Vries ha invece compiuto il percorso inverso. Vincitore della Formula 2 nel 2019, tutti si aspettavano di vederlo debuttare nella categoria maggiore già l’anno seguente. Per mancanza di sedili disponibili in griglia, ha esordito solo nel 2022, subentrando ad Alexander Albon, prima di approdare in AlphaTauri nel 2023. Nonostante il tempo passato lontano dalla pista, l’olandese è sempre rimasto all’interno del circus della Formula 1 come pilota di riserva/sviluppatore della Mercedes-AMG Petronas F1 Team. Ha continuato a dimostrare il suo valore al volante in Formula E, vincendo il campionato piloti nella stagione 2020-2021 con Mercedes-Benz EQ Formula E Team.
La sfortuna dei numeri due
Altra figura di passaggio in Formula 1 è il tre volte campione WEC, nonché tre volte vincitore della 24 ore di Le Mans, Brendon Hartley.
Il neozelandese, che ha tagliato il traguardo al secondo posto all’ultima edizione della 24 ore di Le Mans con Toyota Gazoo Racing insieme ai compagni Sébastien Buemi e Ryo Hirakawa, è arrivato in Formula 1 nel 2018 da campione in carica WEC, gareggiando solo una stagione con la Scuderia Toro Rosso. Una brevissima parentesi che sembra stonare in confronto ai suoi successi in carriera ma che permette un’ottimo spunto di riflessione: il pilota non è tutto.
Per poter guidare al massimo delle capacità, piloti e auto devono essere in sintonia, diventare quasi una cosa sola, conoscersi e fidarsi. La vettura altro non è che la personificazione del team in pista, il che porta a una osservazione sulla relazione tra pilota e meccanici: devono essere in grado di comunicare e capirsi per migliorare le prestazioni. Sembra scontato parlare di fiducia di squadra quando si ha un obiettivo comune, ma la storia ci dimostra il contrario. Nella maggior parte dei casi, i contratti terminano quando questa relazione si spezza in modo irrevocabile: ambo le parti perdono fiducia nella capacità dell’altro. È il caso di Hartley, che arrivato in Toro Rosso non è mai riuscito ad esprimere il suo talento, anche per mancanza di feeling con la macchina e con i suoi meccanici.
Questo è il problema a cui vanno in contro tutti i “numeri due”. Nonostante i team provino a garantire un “FairPlay” nei confronti di entrambi i piloti, questo non avviene quasi mai. Costruire una macchina che rispecchi le esigenze di una persona è complicato, figurarsi due. Per questo motivo la macchina viene calibrata soprattutto secondo le caratteristiche del pilota di punta, lasciando il numero due alla ricerca costante e forzata di un’intesa che potrebbe non sbocciare mai. Conosce questa situazione anche Sébastien Buemi che, dopo una breve esperienza in Formula 1, è diventato punto di riferimento nonché pluricampione del mondo endurance. Tutto a dimostrazione che un “fallimento in Formula 1” può essere il punto di inizio di una grande carriera.
A cura di Chiara Russo ed Elisabetta Diella
Immagine in evidenza: La Ferrari Hypercar 51 vince la 24h di Le Mans (© Ferrari Hypercar, Twitter)
Comments