Tennis

Djokovic-Federer: Il più grande spettacolo dopo il Big Bang

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Centrale di Wimbledon, c’è un silenzio assoluto, tutti con il fiato sospeso e con gli occhi su Roger Federer al servizio. Prima centrale, ma il giudice di linea urla out. Dall’altra parte della rete lo sguardo di Djokovic è di quelli convinti di potercela finalmente fare. Dopo qualche palleggio con la pallina, Federer serve in diagonale la seconda. Novak risponde di rovescio incrociato e Roger stecca di dritto. È finita. Djokovic ride per la felicità ma non si lascia andare ad esultanze sfrenate perché dopo una finale del genere, contro un campione del genere, il rispetto è d’obbligo. I due si incontrano a rete e si abbracciano, come due amici di lunga data, d’altronde quella di ieri è stata la quarantottesima sfida tra loro. Con il susseguirsi di questi piccoli, ma fondamentali, gesti si è conclusa dopo quasi 5 ore di gioco una delle finali più belle della storia del tennis. La più lunga finale nella storia di Wimbledon, un susseguirsi di colpi fantastici ed emozioni che da tempo non si vedevano su un campo da tennis. Ci aspettavamo una partita spettacolare, ma nessuno poteva mai immaginare una battaglia così dura. La preoccupazione più grande, con il passare del match, era di sicuro rappresentata dalla tenuta fisica dello svizzero. Tutti temevano prima o poi un calo fisico, per via dell’età e della semifinale dispendiosa contro Nadal. Invece tutto ciò non c’è stato, come mostra il dato sulla distanza percorsa da Federer davvero importante di 5810.3 m. Lo svizzero infatti ha giocato senza mai abbassare il livello, rispondendo colpo su colpo al serbo, portando il match fino al 12 pari al quinto set. È difficile dire se poi l’epilogo sia stato quello più corretto, anche perché dopo un match del genere dispiaceva quasi vedere uno dei due perdere. Però purtroppo qualcuno doveva vincere e il serbo, proprio al fotofinish, ha avuto quel guizzo in più che si è rivelato vincente. Confermata dunque la cosiddetta “ Legge del 2-1” in una finale slam sia per il serbo che per lo svizzero. Infatti Novak Djokovic ha vinto 11 volte su 11 dopo esser stato in avanti 2 set ad 1 in una finale slam; mentre Roger Federer ha perso per la nona volta su nove dopo essere stato sotto 2-1 in una finale Slam. Per il serbo inoltre questo è il secondo Wimbledon vinto consecutivamente, il quinto in carriera e il sedicesimo slam in assoluto.

Passando ad aspetti più tecnici, osservando le statistiche del match, possiamo notare un sostanziale equilibrio al servizio nel corso della partita dei due giocatori. Con percentuali intorno al 75% di punti vinti con la prima palla in campo e intorno al 50% con la seconda palla in campo. Sostanziale equilibrio c’è stato anche nelle percentuali di punti vinti in risposta e delle palle break. Il dato davvero curioso è quello dei punti totali vinti da Federer 218 contro i 204 di Djokovic; ennesima dimostrazione che nel tennis conta vincere i punti che contano non tutti i punti. Il match infatti si è deciso sul numero di errori non forzati, 62 di Federer contro i 52 di Djokovic, risultati decisivi ai fini del risultato finale.


Questa finale ci ha detto quindi che le NextGen possono ancora aspettare, perché il tennis è ancora il regno dei fantastici tre. Tre fenomeni, che pure con qualche annetto sulle spalle, sono ancora troppo superiori rispetto ai vari Zverev, Tsisipas, Thiem ecc. Rimanendo sempre su questo discorso, il torneo conferma l’ultima tendenza del tennis ad essere uno sport per giocatori maturi. In semifinale infatti sono arrivati quattro giocatori oltre i trent’anni e ai quarti il giocatore più giovane è stato David Goffin con i suoi 28 anni. Ci sarà sicuramente tempo e modo per i giovani per crescere, certo è che non sarà facile perché il tennis dei trentenni per ora domina la scena. Soprattutto grazie a tre fenomeni di nome Novak, Roger e Rafa.

Simone Caravano
Simone Caravano 22 anni, laureato in Scienze delle Comunicazioni presso l'università degli studi di Pavia. Attualmente studente della laurea magistrale in giornalismo dell'università di Genova. Credo che lo sport sia un mondo tutto da scoprire e da raccontare, perché offre storie uniche ed emozionanti. Allora quale modo migliore esiste per fare ciò, se non attraverso la scrittura.

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