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Davide Ghiotto e un futuro sul filo dei secondi: “Voglio colmare il gap con Van der Poel”

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Il tempo può esser un alleato o un nemico a seconda di come lo interpreti. Davide Ghiotto ha deciso di renderlo un suo compagno di vita, uno stimolo da seguire al fine di poter continuare ad andare oltre i propri limiti.

E lo ha fatto sia alle Olimpiadi Invernali di Pechino 2022 dove ha condotto nuovamente l’Italia sul gradino più basso del podio nei 10.000 metri quattro anni dopo Nicola Tumolero, e poi ai Mondiali 2023 dove ha centrato la medaglia d’oro sulla distanza più lunga.

Il tutto senza mai fermarsi e seguendo l’esempio di un talento come quello dello svedese Nils Van der Poel che ha rivoluzionato completamente la storia del pattinaggio di velocità-pista lunga e che Davide Ghiotto vorrebbe provar ad avvicinare.

Davide Ghiottio, l’ultima stagione è stata caratterizzata dal successo nei 10.000 metri al Mondiale. Ci racconti questa tua magica esperienza?

E’ stata un’esperienza indimenticabile visto che è stato il mio primo titolo. Spero non sia l’unico, ma conto di poterne vincere altri in altre competizioni. Venivo da anni in cui cercavo di piazzarmi nelle prime posizione nei 10.000 metri e negli ultimi due o tre sono riuscito a dimostrare il valore su questa distanza. Era quindi una gara a cui tenevo particolarmente visto che il focus sulle distanze più lunghe. Le emozioni sono state grandissime sia per me che per i miei compagni di squadra. Questi ultimi mi hanno sostenuto con il tifo sia nei giorni precedenti, dove hanno cercato di darmi tranquillità, che durante la prova. Con i tecnici, sia con Maurizio Marchetto che con Matteo Anesi, ovviamente siamo riusciti ad arrivare a un punto che eravamo prefissati molto tempo fa e ci siamo riusciti.

Come si affronta una gara così lunga come i 10.000 metri?

E’ una prova molto particolare perché in genere nello speed skating tutte le gare, tranne i 10.000, bisogna partire al limite delle proprie forze. In questa distanza bisogna trovar quel ritmo giusto che ti permetta di non eccedere troppo. Potenzialmente sulla carta siamo in molti a poter vincere prima della partenza, poi, essendo 25 giri, nel corso degli anni ho visto che si può vincere o perdere nelle ultime due tornate. Il problema che quando si ha consumato tutte le energie in corpo, lì due giri diventano veramente eterni e si rischia di perdere numerosi secondi. Bisogna quindi trovare sin dall’inizio un ritmo equilibrato che ti consenta di guadagnare giro per giro quei pochi decimi prima di arrivare alla conclusione.

Quando hai compreso che questa impresa si stava concretizzando?

Al Mondiale ero cosciente della mia prestazione perché erano già partiti Jorrit Bergsma e Ted-Jan Bloemen che hanno concluso in seconda e terza posizione ed entrambi sono stati pluricampioni su questa disciplina. Nel momento in cui avrei guadagnato su di loro, avrei potuto guadagnarmi una medaglia anche non sapendo di quale colore visto che dopo di me ci sarebbe stato Patrick Roest. Quando durante la gara guardavo il tabellone e cercavo di capire quanto guadagnassi su Bergsma, continuavo a pensare che dovevo spingere al fine di poter demolire ‘psicologicamente’ l’atleta più forte del panorama internazionale, pronto alla partenza. Sono riuscito nell’intento visto che lui non è mai riuscito a rimanere sui miei tempi.

Gli ultimi metri del trionfo di Davide Ghiotto © Eurosport

Com’è gareggiare nel “tempio della velocità” a Heerenveen e quali emozioni si provano?

E’ un po’ un’arma a doppio taglio perché, se non si ha abbastanza esperienza, all’inizio si rischia di farsi prendere dall’ansia da prestazione. Quando si salgono le scale, si vedono dai 10.000 ai 15.000 spettatori che per uno sport come il nostro sono numeri elevati. Di solito non siamo abituati a questo tipo di tifo e quindi non è facile calmarsi prima della partenza. Nel corso degli anni poi si superano questi momenti di pressione. L’altra faccia della medaglia è che gareggiamo in una disciplina dove vige il fair play per cui i tifosi olandesi guardano più alla prestazione che al colore della bandiera. Durante il mio turno, loro non hanno mai smesso di incitarmi e ciò è stato molto piacevole.

Quali differenze si incontrano tra gareggiare in un oval e in un altro, ma soprattutto com’è affrontare una competizione in altura?

Le piste più veloci sono quelle americane e canadesi. Non sono altissime perché raggiungono massimo i 1000 metri di altitudine. Per chi è già abituato a vivere a quelle altezze, come per i miei compagni di squadra che abitano a Baselga di Pinè, è un vantaggio. Per chi vive come me al livello del mare, quando arriva il momento dello sforzo massimale, lo patisci perché entrando in pista l’aria è molto più secca. Quando viaggiamo e abbiamo competizioni internazionali in Nord America, ci rimaniamo per tre/quattro settimane, per cui abbiamo il tempo di adattarci prima del grande appuntamento. Lo stesso dovrebbe quindi valere per il Mondiale. Ovvio che varie vicissitudini dovesse arrivare a ridosso della competizione iridata, la prestazione potrebbe esser compromessa.

Davide Ghiotto festeggia il titolo mondiale con il pubblico di Heerenveen

Dopo il successo iridato sappiamo che avete avuto modo di festeggiare con tutta la Nazionale. Qual è il clima che si respira all’interno del clan azzurro?

Il nostro è uno sport individuale perché, per quanto ci si alleni assieme tutto l’anno, alla fine le gare sono contro il tempo e molto spesso si vede il compagno di squadra che emerge durante la competizione. Ciò può dar fastidio, ma è il bello e il brutto dello sport. Bisogna tener conto di ciò, portar rispetto ai compagni di squadra, ma durante le prove vince il migliore. Ciò comporta problematiche non indifferenti all’interno del gruppo. In passato ci sono stati degli episodi in cui è mancato un po’ il rispetto fra i vari atleti, però l’importante che i litigi o le divergenze rimangano confinati a quel momento e dopo si possa parlarne e trovarne una soluzione. Attualmente siamo una squadra compatta visto che riusciamo ad esser competitivi su più distanze. Nella mass start Andrea Giovannini ha colto il bronzo al Mondiale, nella velocità David Bosa si è imposto arrivando terzo in Coppa del Mondo e sui 1500 Alessio Trentini si è attestato nel gruppo A in una disciplina regina nell’interpretazione della gara.

A proposito di squadra, negli ultimi anni l’Italia ha fatto un po’ più di fatica nell’inseguimento. Quanto vi manca la figura di Nicola Tumolero? Ci sono possibilità in futuro di rivederlo in pista?

Penso che sia molto complicato visto che lui ha già smesso da qualche anno. Quando si rimane fuori dalle competizioni da parecchio tempo è difficile ritrovare il ritmo gara. Indubbiamente il vuoto che lui ha lasciato, sia per la qualità dell’allenamento che la resa sportiva, non è stato facile colmare. E’ vero che negli ultimi anni siamo riusciti a portare a casa un bronzo agli Europei e piazzarci al meglio a livello mondiale.

Giusto l’anno scorso hai conquistato la medaglia di bronzo alle Olimpiadi Invernali di Pechino 2022. Che differenze hai trovato rispetto al titolo mondiale?

Sono state due gare molto diverse. Alle Olimpiadi ci arrivavo con meno pressione perchè nella stagione precedente non avevo colto determinati risultati. C’erano ottime aspettative, però non era così scontato che riuscissi ad arrivar a medaglia. L’emozione è stata molto forte, ma al Mondiale ci arrivavo con in tasca la Coppa del Mondo sui 10.000 metri quindi arrivavo con una pressione molto più forte sulle spalle. Sono state due gare, sia per l’approccio che per il post, molto diverse fra loro e il confronto è difficile da fare.

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Nils Van der Poel affronta i 10.000 metri alle Olimpiadi Invernali di Pechino 2022

Lì hai avuto modo di vedere da vicino il record del mondo realizzato da Nils Van der Poel che ha segnato la storia di questo sport. Com’era confrontarsi con lui e si sente nella vostra disciplina la sua mancanza?

La sua assenza ha lasciato un posto in più a tutti noi visto che negli ultimi anni aveva monopolizzato la prima posizione. Noi entravamo soltanto per contenderci il secondo posto. Questa sua scelta ha lasciato un vuoto dal punto di vista di risultati visto che l’unico record battuto è stato quello realizzato da a Sander Eitrem che ha battuto il suo primato sulla pista di Tomaszów Mazowiecki, mentre per le prestazioni di Van der Poel sono ancora lontane. In due anni ha riscritto la storia del pattinaggio per cui speriamo di avvicinarci nuovamente a lui.

Ti ha stupito la sua decisione di ritirarsi a soli 26 anni per puntare sulle ultramarathon oltre che occuparsi del servizio militare in patria?

Pensavo che potesse ritornare in vista delle Olimpiadi, ma credo sia impossibile perché lo scorso inverno ho fatto due chiacchiere con lui e l’ho visto convinto della sua scelta. E’ anche vero che per arrivare a questo livello ha speso molto a livello di energie psicofisiche. Un po’ posso capirlo perché, quando arrivi a un livello così alto, rischi di correre contro sé stessi e hai molto da perdere rispetto a quanto tu possa guadagnare. Lui ha fatto bene a ritirarsi anche perché lo ha fatto da vincente piuttosto che continuare e non esser più quello di prima.

Lui è noto anche per il manuale “Come pattinare un 10.000 (e pure mezzi 10.000)”. nel quale spiega i segreti della sua vittoria. Tu hai preso spunto per i tuoi allenamenti?

Si è parlato molto di questo libro e, considerato che è stato preso in considerazione da altri sport come il ciclismo, penso che se ne parlerà ancora. Se è vero quanto ha scritto nel manuale, ha dichiarato valori impressionanti. Capisco quindi che sia arrivato a un punto dove abbia pensato ‘smetto, io non ce la faccio più’ e immaginare far altri anni con questi allenamenti, penso sia veramente dura. La preparazione presentata ritengo che sia giusta visto che l’ha condotto a numerose vittorie, però al tempo stesso ritengo sia improponibile per numerosi atleti visto che si allenava da solo. Nel mondo del pattinaggio tendenzialmente abbiamo squadre con cui collaborare e puntiamo su più distanze, non solo sui 5.000 e i 10.000. Per questo motivo è impossibile applicare quelle sessioni di allenamento.

Oltre a Nils Van der Poel, Davide Ghiotto ha avuto modo di affrontare un altro fuoriclasse di questo sport come Sven Kramer. Ti sei ispirato a lui?

Kramer è stato il pattinaggio fino a un paio di anni fa. Per poter prendere ispirazione da lui, bisognerebbe aver le doti che aveva in gara. Quello che ha fatto penso rimarrà imbattuto per anni proprio perché, come numero di vittorie, nessuno può batterlo. Abbiamo caratteristiche diverse, a partire dal modo di correre visto che lui cercava molto l’avversario, mentre preferisco seguire il cronometro. Se la tabella di marcia mi permette di arrivar tra i primi, ben venga, altrimenti cerco di superare il limite che mi sono prefissato. Quando ero un po’ più piccolo mi ha comunque ispirato a inseguire questi risultati.

Attualmente il tuo personale rappresenta il record italiano ed è fissato in 12’41”35. Pensi di poter abbattere il muro dei 12’40” già durante la prossima stagione?

Non so se sarà facile farlo. Mi sto allenando nell’ottica di migliorare ancora perché ritengo che il 12’41” non sia sufficiente per rimanere nell’élite mondiale, soprattutto su tracciati molto veloci come quelli americani. Nel momento in cui si va a correre un Mondiale a Calgary, bisogna andar sotto i 12’40”. Mi sto preparando per abbattere questo mio limite. Se sarà sufficiente per andar sul podio ben venga, altrimenti vedremo quanto andranno forte gli avversari.

Davide Ghiotto festeggia l’oro sul podio dei Mondiali 2023

Siccome ci troviamo nella stagione estiva, come ti stai allenando e quali sono le differenze rispetto alla preparazione invernale?

Abbiamo affrontato due ritiri di due settimane, uno a Formia e uno a Livigno, prima di trasferirci in Germania a Inzell dove abbiamo messo per la prima volta i pattini allenandoci su una pista al coperto. Li abbiamo affrontato i primi test per capire le nostre condizioni e da lì abbiamo improntato la seconda parte di preparazione che prevedono numerosi chilometri in bicicletta e attività in palestra

Ultima domanda in merito al futuro. Come si vede Davide Ghiotto fra tre anni alle Olimpiadi di Milano-Cortina 2026? Punti a vincere l’oro?

Non nascondo che a Milano-Cortina voglia esser protagonista. Dopo le scorse Olimpiadi ho notato di esser ancora in crescita dal punto di vista sportivo. Mancano ancora due stagioni abbondanti che non sono poche, però tutto sta procedendo tutto bene. Mi sento molto motivato, ho una medaglia di bronzo da difendere o migliorare e quindi proverò a ripetermi. Se arriva un oro o un argento non mi tiro indietro, però mi sto allenando proprio in preparazione a Milano-Cortina.

Marco Cangelli
Giornalista presso la testata online "Bergamonews" e direttore della web radio "Radio Statale", sono un appassionato di sport a 360 gradi. Fondatore del format radiofonico "Tribuna Sport" e conduttore del programma "Goalspeaker", spazio dal ciclismo all'atletica leggera, passando per lo sci e gli sport invernali

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