Il derby di Milano non è soltanto una delle “stracittadine” più sentite d’Italia, ma una vera e propria sfida fra due modi di vivere, quello dei “bauscia” interisti e dei “casciavit” milanisti. Soprannomi che nascono nella notte dei tempi e che hanno accompagnato oltre cent’anni di sfide caratterizzate da nomignoli strani e attributi che hanno reso celebri alcuni dei principali protagonisti.
Per questo motivo è necessario abbiamo deciso di presentarvi due formazioni che probabilmente non vedrete mai in campo, ma che rispecchiano il genio di alcuni dei più grandi giornalisti della stampa e della televisione italiana
Inter
Walter Zenga- L’Uomo Ragno: Il soprannome originale sarebbe “Deltaplano”, affibbiatogli dall’indiscusso Gianni Brera, eppure il numero uno nerazzurro è ricordato da tutti come la versione italiana di Spiderman. A raccontare le origini di questo epiteto è stato lui stesso in un’intervista a Radio2: “Ero stato escluso dalla nazionale di Sacchi, uscendo dallo spogliatoio allacciandomi la tuta canticchiavo ‘Hanno ucciso l’uomo ragno’ di Max Pezzali e sono diventato l’Uomo Ragno”.
Armando Picchi – Penna Bianca: Il compianto capitano dell’Inter di Angelo Moratti era noto per la sua attitudine alla leadership tanto che l’avvocato Peppino Prisco dirà di lui: “non voleva neanche satelliti, voleva essere il solo a comandare”. Per Brera divenne quindi “Penna Bianca” come il noto capo indiano, tanto da meritarsi una lunga descrizione sul Guerrin Sportivo: “Picchi ha una faccia antica e incavata, sta fra Toro Seduto e il Giulio Cesare vecchio degli Uffizi. Gioca come non ho visto nessuno dopo Mauro e Maldini: non arcigno come quello, non lezioso come questo. Perfetto”.
Javier Zanetti – El Tractor: Per chi tifa la “Benamata” “Pupi” (come veniva chiamato da bambino) è un’istituzione, eppure dietro quei modi sempre garbati si nasconde uno spirito da guerriero. Il terzino argentino è infatti noto come “El Tractor” complice la sua resistenza fisica, la corsa travolgente continua durante i match.
Tarcisio Burgnich – Roccia: Per lo stopper friulano vale il più classico dei soprannomi: “Roccia”. Un sostantivo che nasconde l’onestà del difensore azzurro che, con la sua possanza fisica, ha fatto ammattire gli attaccanti di tutto il mondo tranne un certo Pelé che gli fece girare la testa durante la finale dei Mondiali 1970.
Giacinto Facchetti – Il Cipe: Da dove derivi quel nomignolo ufficialmente è un mistero, ma il difensore bergamasco non lo ha mai disdegnato. Secondo i ben informati il termine“Cipe” sarebbe frutto di un errore di pronuncia dell’allenatore Helenio Herrera come spiegato in un’intervista alla Gazzetta dello Sport rilasciata dal compagno Gianfranco Bedin: “Il nostro allenatore Helenio Herrera parlava un italiano-spagnolo pieno di parole inventate anche se comprensibili. Trovandosi di fronte Giacinto, Herrera nella presentazione non capì bene il cognome Facchetti e lo trasformò in Cipelletti che poi abbreviandolo diventò ‘Cipe’”.
Nicola Berti-Cavallo Pazzo: Negli anni ‘90 il centrocampista parmense è diventato un’icona per la Benamata tanto da meritarsi il titolo di “Cavallo Pazzo”. Un termine che rispecchia parecchio l’atteggiamento della squadra nerazzurra e che Berti ha preso sotto la propria ala: “L’ho sempre letto all’anglosassone: dark horse, dicono gli inglesi e intendono qualcuno di indomabile”.
Gabriele Oriali – Piper: Cosa c’entra il Lele nazionale con il noto locale romano ? Apparentemente nulla. C’è di mezzo il successo di Ligabue “Una vita da mediano” ? Assolutamente no. Come spesso accaduto è merito di Gianni Brera che ha preso spunto dal flipper attribuendo l’andamento del centrocampista fiorentino un andamento rapido come quello della pallina nel tavolo da gioco.
Mario Corso – Mandrake: Come nei migliori fumetti dell’eroe giapponese, “Mariolino” ha sempre avuto l’ultima parola. E, nonostante l’estro, la fantasia e le qualità tecniche non siano mancate, ha spesso performato sotto le proprie possibilità. Le sue punizioni “a foglia morta” gli hanno però concesso di esser paragonato a entità divine come sottolineato dal commissario tecnico israeliano Mandi Gyula: “Siamo stati sconfitti dal piede sinistro di Dio”.
Ronaldo – Il Fenomeno: Inserirlo in questo undici è forse eccessivamente banale, ma chi si prenderebbe la responsabilità di lasciar fuori il talento brasiliano da un qualsiasi undici titolare ? Inutile starvi a spiegare il perché di questo soprannome che è nato al suo approdo all’Inter perché prima che giungesse in Italia era conosciuto come Ronaldinho…
Alvaro Recoba – El Chigno: Ogni uruguagio che si rispetti non può non avere un soprannome tutto e cos’aveva in meno Recoba rispetto agli altri? Assolutamente nulla come confermato dal nomignolo “El Chigno” che richiama il taglio degli occhi simile a quello di alcune popolazioni orientali.
Benito Lorenzi – Veleno: A volte si dice che la lingua tagli più del ferro e quella dell’attaccante pistoiese non faceva sicuramente eccezione. Particolarmente vivace sin dall’infanzia, Lorenzi ricevette quell’epiteto dalla madre Ida portandoselo anche in campo dove spesso ai gol accompagnava comportamenti sopra le righe.
Milan
Giovanni Galli– L’aquila volante: Quando si parla di Milan, si approda un terreno fertile per Carlo Pellegatti e i suoi seguaci che hanno seguito l’epopea degli “Immortali”. Fra loro non può mancare il portiere toscano che, complice la sua sobrietà e la sua “apertura alare” venne accostata alla regina dei rapaci.
Franco Baresi – Il Kaiser Franz: La lista sarebbe lunga, ma per “Mahatma-La grande anima” abbiamo scelto una similitudine con un suo predecessore, Franz Beckenbauer. Il tutto per la somiglianza con il percorso seguito dal libero tedesco così come la classe che lo ha reso uno dei capitani più amati dai rossoneri
Alessandro Costacurta – Billy: In molti penseranno che si tratti di un abbreviazione del nome di battesimo, eppure il difensore varesino deve il proprio noto soprannome a una squadra di basket, la Billy Milano. Tutto per via delle doti cestistiche di “Vibrazione dell’anima” che, crescendo, hanno lasciato spazio alle ben più note calcistiche.
Paolo Maldini – Cuore di drago: La potenza e la classe sono sempre stati due marchi di fabbrica per “Il figlio di Cesare Augusto” che ha donato la propria vita alla maglia rossonera non tirandosi indietro nemmeno nei momenti più difficili e confermandosi vincente anche al di là del campo.
Frank Rjikard – Il cigno nero: L’abilità nel gestire la palla e i mezzi balistici posseduti dal difensore olandese gli hanno consentito di esser accostato all’elegante uccello acquatico, tanto raro quanto affascinante. Caratteristiche che gli sono valse anche il titolo di “Figlio di Eolo”.
Gennaro Gattuso – Ringhio: Se conoscete il personaggio, è facile comprendere da dove derivi la nomea del centrocampista calabrese. Una tempra da duro in campo capace talvolta di spaventare gli avversari e rompere provvidenzialmente il gioco, ma che al tempo stesso gli ha consentito di farsi amare dai tifosi.
Clarence Seedorf – Willie Wonka: Il protagonista de “La fabbrica di cioccolato” è noto per esser a capo di azienda che produce dolciumi, nel caso del giocatore orange si aveva a che fare con un centrocampo di lusso da gestire con la medesima precisione.
Kakà – Smoking bianco: Facendo riferimento a Sean Connery nei panni dell’Agente 007, il fantasista brasiliano ha sempre distribuito giocate con semplicità e eleganza, senza commettere alcuna sbavatura come l’abito immacolato.
Ronaldinho – La foca monaca: In questo caso è necessario scomodare un’altra leggenda del mondo rossonero, Tiziano Crudeli, che vedendo giocare l’attaccante verde-oro, ha rivisto i movimenti del mammifero marino.
Andriy Shevchenko – L’usignolo di Kiev: Educato alla corte del “sergente” Valerij Lobanovs’kyj, l’ala ucraina ha illuminato gli occhi degli appassionati italiani grazie alle sue galoppate sulla fascia e ai suoi dribbling ubriacanti. Un “vento di passione” proveniente direttamente dall’Est leggero e leggiadro come il piccolo volatile.
Filippo Inzaghi – Alta tensione: Una volta sir Alex Ferguson disse di lui “Quel ragazzo deve essere nato in fuorigioco” eppure Pippo Inzaghi ha sempre avuto l’accortezza di non farsi beccare in off-side. Tanto difficile da marcare, il giocatore piacentino ha fatto della sua imprevedibilità e della sua “agitazione” un marchio di fabbrica.
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KPSS: Türkiye’de kamu kurumlarında çalışmak isteyen kişilerin girmek zorunda olduğu sınavdır. Bu sınav genellikle Nisan ve Ekim aylarında yapılır ve öğrencilerin Türkçe, matematik, sosyal bilimler, genel kültür, bilgi ve yeterliliklerini ölçer. Başarılı olan adaylar belirlenen pozisyonlara atanabilir.
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