“La doppietta Giro-Tour è un’impresa impossibile da replicare nel ciclismo moderno”.
Chi ama lo sport delle due ruote ha sentito questa affermazione venir ripetuta a iosa, quasi fosse un mantra da conficcare nella mente di chi crede che i sogni si possano ancora realizzare. In un’ondata di realismo sfrenato e di forsennata ricerca di un nuovo Pantani, in molti sono stati accostati a questa folle scommessa, da Alberto Contador a Vincenzo Nibali passando per Chris Froome e Tadej Pogacar. Eppure nessuno da quel magico 1998 ha provato realmente a impensierire il Pirata, o per lo meno ci ha provato fino in fondo riuscendo a centrare un traguardo ormai chimerico.
Nessuno tranne “Sua Maestà” Annemiek Van Vleuten, capace alla soglia dei quarant’anni di iscrivere il proprio nome nella storia del ciclismo femminile. Per quanto vadano fatti i dovuti distinguo rispetto al campo maschile, la doppietta realizzata dalla fuoriclasse olandese è di valore ulteriore considerata la vicinanza fra le due competizioni e tenuto presente del dominio incontrastato mostrato dall’atleta della Movistar Women Team, divenuto il faro del movimento rosa nell’ultimo decennio. Uno scherzo del destino o forse degli organizzatori di ASO ha voluto che tutto ciò avvenisse a ridosso del suo ritiro in programma nel 2023 lasciando così gli appassionati con l’amaro in bocca e soprattutto con un dubbio: chi sarà l’erede di Van Vleuten ?
In attesa di vedere se la nativa di Utrecht riuscirà a metter le mani sulla maglia iridata come già compiuto in passato da Fausto Coppi, Eddy Merckx e Stephen Roche, urge analizzare i risultati delle principali corse a tappe e osservare chi potrebbe prenderne il testimone al termine della prossima stagione. Partendo proprio dal Tour il primo nome che spunta è quello della connazionale Demi Vollering, venticinque anni da Pijnacker. Vincitrice lo scorso anno della Liegi-Bastogne-Liegi e de “La Course by Le Tour de France” (la versione in linea della Grand Boucle), la rappresentante della SD Worx è stata l’unica in grado di provare a resistere agli attacchi di Van Vleuten, provando per altro nell’ultima tappa a far saltare il banco in occasione del problema meccanico patito dalla maglia gialla. Un atto che dimostra come a Vollering non manchi il coraggio così come la caparbietà che le ha consentito di resistere nei momenti più complicati cogliendo così la piazza d’onore e la maglia a pois al Tour. Quanto visto sulle strade di Francia è soltanto un assaggio considerato il terzo posto ottenuto lo scorso anno al Giro e il filotto di vittorie messo a segno al Giro dei Paesi Baschi.
Rimanendo sulla Super Planche des Belles Filles, lo sguardo non può che posarsi su Katarzyna Niewiadoma, specialista delle classiche di un giorno e capace di aggiudicarsi il terzo posto alla Gran Boucle. Di due anni più matura di Vollering, la 27enne polacca è diventata negli ultimi anni un punto di riferimento nelle prove in linea più complesse, complice le proprie doti da scalatrice. Il suo feeling con le corse a tappe è tuttavia percepibile nella striscia ininterrotta di top ten conquistate al Giro dal 2015 al 2020, edizione in cui si è classificata alle spalle soltanto della vincitrice Anna Van der Breggen. Una costanza che la portacolori della Canyon//SRAM Racing ha mostrato anche al Tour dove non è mai apparsa eccessivamente appariscente, ma ha saputo gradualmente rimanere sempre sul podio della graduatoria generale senza perdere eccessivo terreno sulle salite più toste.
Chi il Tour avrebbe voluto viverlo da protagonista è senza dubbio Marta Cavalli, fermata da un incidente particolarmente discusso che l’ha messa fuori gioco dopo un Giro d’Italia vissuto a guardare le altre dall’alto al basso. La trasformazione della 24enne di San Bassano è sotto gli occhi di tutti, tanto da condurla dagli ori in pista ai successi sul Mur de Huy e sul Mont Ventoux prima di infliggere una lezione a Van Vleuten nella Corsa Rosa in occasione di San Lorenzo Dorsino. L’ennesima dopo lo “sgarro” della Freccia Vallone che ha consentito a Cavalli di scoprire il segreto per battere la regina del ciclismo femminile e contenderle lo scettro nella competizione tricolore dopo l’esperienza di “praticantato” vissuta lo scorso anno e conclusa con indosso la maglia azzurra di miglior italiana. Il fisico longilineo e la giovane età potrebbero favorire l’atleta FDJ Suez Futuroscope in vista delle prossime partecipazioni ai GC, tuttavia sarà necessario vederla realmente alla prova sulle strade di Francia per comprendere il suo valore.
Guardando ai prossimi anni, la Grand Boucle ha offerto un ottimo assist al ciclismo italiano che potrà contare anche su Silvia Persico, esplosa in tutto il suo talento nel corso della stagione in corso. Dopo aver esser diventata consapevole di poter competere con le migliori al mondo nel ciclocross, la 25enne di Cene ha compiuto una veloce evoluzione anche su strada una serie di risultati nel corso delle classiche primaverili. Nulla avrebbe fatto pensare di poterla vedere così pimpante al Giro dove aveva dichiarato alla vigilia di puntare alla classifica e dove ha ottenuto un’ottima settima posizione finale condita dal podio ottenuto nella sua Bergamo. Sempre pronta a mettersi in gioco, anche nelle volate di gruppo, la stella della Valcar-Travel & Service ha lasciato tuttavia stupefatti gli addetti ai lavori nella lunga settimana trascorsa in Francia dove ha cullato per diversi giorni il sogno di strappare la maglia gialla a Marianne Vos dopo l’arrivo sullo strappo di Provins, una speranza che piano piano si è affievolita e che in molti prevedevano si sarebbe infranta con l’arrivo delle Alpi. Le fatiche accumulate nella Corsa Rosa e i problemi causati da una caduta non hanno però scalfito lo spirito bergamasco di Persico che ha resistito come una leonessa sigillando la propria impresa con il quinto posto finale e il terzo sulla Super Planches des Belles Filles dove ha attentato al podio di Niewadoma. La poliedricità che la caratterizza potrebbe rivelarsi decisiva in un ciclismo che si sta aggiornando continuamente.
Si potrebbero collocare un gradino più in basso rispetto alle precedenti atlete del calibro di Elisa Longo Borghini, Ashleigh Moolman-Pasio e Mavi Garcia. L’età è senza dubbio una discriminante da non dimenticare, in particolare per la sudafricana della SD Worx che viaggia ormai per le trentasette candeline e che, nonostante il secondo posto al Giro dello scorso anno, ha offerto una prestazione incolore nella principale kermesse mondiale dovendo tenere conto in particolare della convivenza con Vollering. Discorso parzialmente simile per la capitana della Trek-Segafredo che, nonostante il sostegno della squadra, ha dovuto far i conti con delle défaillance dovute al caldo e alla gestione non sempre corretta delle forze. Se la generosità e la fantasia che la contraddistinguono le hanno permesso di aggiudicarsi importanti classiche come il Trofeo Binda e la Parigi-Roubaix, le stesse le hanno impedito di spingersi oltre i podi del Giro 2017 e 2020. Menzione finale infine per Garcia che ha dovuto far i conti al Tour con la sfortuna che l’ha colpita ripetutamente nella frazione degli sterrati tanto da esser coinvolta pure in un incidente con la propria ammiraglia. Giunta al ciclismo nel 2015 dopo una prestigiosa carriera da duatleta, la spagnola dell’UAE Team ADQ ha mostrato tutti i propri limiti soprattutto al Giro crollando negli ultimi giorni e dovendosi accontentare dal gradino più basso del podio che non è riuscita a replicare al Tour.
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