Come una rondine non fa primavera, la Tirreno-Adriatico non è l’avvisaglia del tepore primaverile: chi era sulle strade della quinta tappa lo sa bene. Quindici anni fa avremmo potuto dire che per lo meno era il primo assaggio della stagione ciclistica, ma le Strade Bianche le hanno tolto questo primato. Da Camaiore a San Benedetto del Tronto centosessanta corridori hanno percorso più di mille chilometri nell’ultima settimana, andando da una sponda all’altra della penisola italica. Come ogni anno i ciclisti si sono trasformati in novelli Forrest Gump e hanno “corso” da un mare all’altro. Di tutto il peloton, come direbbero alla Parigi Nizza, gli atleti che rimarranno nei ricordi di questa edizione della corsa li conteremo, citando Marina Massironi nella canzone del numero perfetto, sulle dita della mano dell’addetto alla sega circolare. Ci perdonerà Julian Alaphilippe, che occupava il quarto dito dello sfortunato addetto, ma sebbene sia stato co-protagonista nei primi giorni della corsa dei due mari, nella seconda metà è andato ad eclissarsi rispetto ai suoi rivali Wout van Aert e Mathieu van der Poel. Il terzo atleta che ha lasciato il segno è Tadej Pogacar, che dopo essersi già confermato all’UAE Tour, ha ribadito la sua supremazia nelle corse a tappe aggiudicandosi anche la Tirreno Adriatico 2021. L’intramontabile Wout ha impressionato nella Corsa dei Due Mari, andando a cogliere la prima tappa con un lungo sprint in cui nessuno è riuscito a rimontarlo, nonché vincendo la cronometro di San Benedetto del Tronto davanti al Campione del mondo di specialità, Filippo Ganna, relegato al terzo posto.
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Oltre alle vittorie, il belga si è fatto notare anche quando non ha colto il successo: nell’arrivo in salita a Prati di Tivo, van Aert ha inaspettatamente guidato l’inseguimento al fuggitivo Pogacar lasciando per strada scalatori blasonati del calibro di Egan Bernal. La salita aveva poco a che spartire con le rampe alpine ma certamente il belga ha dimostrato una innegabile resistenza in salita. Gli “esperti” hanno subito cominciato a chiacchierare su un futuro da corridore da gare a tappe: discorsi già sentiti in passato a riguardo di Cancellara e Gilbert; non sappiamo cosa vorrà fare del suo futuro van Aert, ma preferiamo goderci quello che sta già dimostrando nelle corse in linea. Il belga oltre alle due vittorie di tappa è anche salito sul podio della generale a San Benedetto del Tronto.
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Lo scorso autunno van Aert aveva pubblicato la ricetta del suo porridge preferito, una zuppa d’avena di dubbio gusto. Un piatto che può andare bene ai cuochi della squadra, attenti al metabolismo degli atleti, ma una frustrazione per qualsiasi cuoco il belga assumesse alle sue dipendenze. Tra i piatti toscani e le delizie marchigiane che avrà potuto assaggiare in questa corsa così proficua per lui, o più probabilmente annusare per non perdere la linea, chissà se Wout avrà cambiato i suoi gusti a tavola. Molto più vicino all’uomo comune, almeno ad ora di pranzo, il suo rivale Mathieu van der Poel che rimane attaccato alle patatine fritte, che peraltro sono il piatto nazionale del paese di van Aert. Chissà se le olive ascolane, per Mathieu, siano riuscite a scalfire il primato delle french fries. Non conosciamo i gusti culinari del giovane Tadej, ma abbiamo il sospetto che dopo la trasferta italiana non disdegni i salumi di Norcia.
Non è un caso che i tre protagonisti della corsa a tappe occupino anche i primi tre piazzamenti nella tappa di Castelfidardo, senza ombra di dubbio la più emozionante. Una giornata dal meteo avverso, fredda e con forte vento che ha reso il percorso, costellato di strappi a ripetizione, ancora più duro. Il clima ostile e il tracciato con continui “muri” ricordano i paesaggi delle gare del Nord, ma come sempre accade, chi ha reso la tappa avvincente come una vera classica “du nord” sono stati i corridori. Già a sessanta chilometri dal traguardo i corridori sono sparsi sul tracciato: il gruppo compatto è già un lontano ricordo. A cinquanta chilometri van der Poel attacca in solitaria: una mossa che può essere un azzardo, visti i trascorsi dello stesso corridore ai Mondiali nello Yorkshire, quando dopo un attacco da lontano andò in crisi. Questa volta la sua azione prende il largo, da solo al comando l’olandese macina chilometri e chilometri guadagnando un vantaggio confortante. Dopo aver passato lo striscione dei meno venti all’arrivo, Pogacar rompe gli indugi e scatta dal gruppo dei migliori; il sempre verde van Aert si lancia all’inseguimento. D’improvviso i fantasmi dello Yorkshire sembrano riaffiorare: lo sloveno sembra in grado di riprendere van der Poel. Il passato però non si ripete: con una manciata di secondi di vantaggio Mathieu si aggiudica la più bella tappa della Tirreno Adriatico 2021.
E’ significativo che due campioni come van der Poel e Peter Sagan abbiano, entrambi, dichiarato in varie sedi che il ciclismo su strada è noioso: anzi, Sagan in una intervista aveva ammesso che in televisione guardava solo gli ultimi venti chilometri delle corse. Peccato, si sarebbe perso lo scatto che gli portò la vittoria alla Parigi-Roubaix, nonché lo scatto di van der Poel nella giornata di tregenda della Tirreno-Adriatico.
Al di là della classifica generale, la gara a tappe italiana è stato il teatro della sfida tra van der Poel e van Aert. L’aspetto migliore è che questo scontro ce lo si aspettava alla partenza della corsa e i pronostici non sono stati disattesi. Finalmente anche nel ciclismo su strada gli appassionati possono godersi il dualismo tra due grandi campioni che si scontrano “a muso duro”, agonisticamente parlando ovviamente, ad ogni occasione in cui si trovano alla partenza della medesima gara.
La Tirreno-Adriatico è stata già teatro di scontri tra grandi campioni, ma in particolare è stata il primo atto del dualismo Moser-Saronni. Nel crono prologo della edizione del 1978 il giovane Giuseppe Saronni batte il già affermato Francesco Moser per un solo secondo. Il campione trentino lamenta che Saronni è stato favorito dalla scia della macchina della televisione, non tarda la replica del giovane campione “Se la televisione inquadrava me è perché sapeva che ero il più forte”.
La Tirreno-Adriatico di quell’anno fu offuscata da un tragico evento della storia italiana: il 16 Marzo le Brigate Rosse rapiscono Aldo Moro con un agguato in via Fani in corrispondenza dell’incrocio con via Stresa. I terroristi uccidono la scorta, rapiscono il deputato della Democrazia Cristiana e fuggono in auto facendo perdere le proprie tracce. All’incrocio rimangono la Fiat 130, su cui viaggiava Moro, e l’Alfa Romeo, su cui viaggiava la scorta, con i corpi esanimi degli agenti e dell’autista.
La gara ciclistica si è intrecciata con la storia d’Italia: quest’anno la gara a tappe dei Due Mari si è conclusa il 16 marzo in corrispondenza dell’anniversario della strage di via Fani. I recenti avvenimenti del nostro paese, con l’uccisione dell’ambasciatore in Congo, nonché dell’agente di scorta e dell’autista hanno risvegliato la memoria della nazione su quei tragici eventi di 43 anni fa.
Immagine in evidenza: ©federciclismo
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